Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Io non sono una persona tanto istruita, non mi faccia domande tanto difficili”. Trifone Bello, 83 anni, si schermisce al telefono. È impegnato a dare indicazioni ai passanti e vuole recarsi, come ogni giorno, al cimitero di Alessano dove è sepolto il fratello Tonino. Il vescovo del piccolo comune di Molfetta, il pastore dei poveri e della “Chiesa del grembiule”, da ieri venerabile per la Chiesa cattolica universale che ne ha riconosciuto le virtù eroiche. “Nessuna domanda difficile, solo… il cuore”, lo rassicuriamo. Il cuore, cioè, di un familiare che vedrà il proprio fratello presto salire agli onori degli altari. Desiderio che tanti – fedeli e non solo – in Italia e nel mondo esprimono da tempo.
La felicità della famiglia
“Lo dico davvero: ieri è stata una giornata meravigliosa e io mi auguro davvero che tutti possano vivere quello che ho vissuto io ieri”, dice Trifone, 83 anni. Non vuole che lo si chiami “signore” e impone di dargli del “tu”. È gentile, come tutti i molfettesi, gli abitanti della cittadina pugliese che, nel 2018, hanno accolto, con canti e lenzuola sui balconi, il Papa in una giornata breve e intensa sulle orme del vescovo Bello. Ogni tanto Trifone si interrompe per l’emozione, che descrive con parole semplici: “Sono felicissimo”. Soprattutto si entusiasma quando ricorda qualche momento vissuto insieme ai fratelli Marcello e Tonino, quel familiare che a 11 anni andò via di casa per seguire la vocazione, che però accompagnò nel resto della sua vita di pastore. Incluso l’ultimo indimenticabile viaggio nell’inferno di Sarajevo nel 1992, quando, benché operato allo stomaco per un tumore, guidò una marcia della pace a piedi nel centro della città assediata. “Fu una cosa indimenticabile…”.
Amante della gente e dei poveri
“Sai che quando andavamo a trovarlo non era molto contento? Ma non perché non volesse vedere me e le mie figlie. Assolutamente… È perché diceva che in quel modo sottraeva tempo a gente che aveva bisogno di lui. Tonino era così: prima faceva poi predicava, non predicava e poi si dimenticava di quello che diceva. Era un amante della gente e dei poveri”. Lo era da sempre, sin da quando ragazzino entrò in seminario. “L’altro giorno sono riuscito a trovare una registrazione di Tonino che diceva: ‘tutti noi da giovani abbiamo un desiderio, io sognavo quando ero piccolo di fare una bella carriera, cioè di diventare santo’. Io e mio fratello Marcello, che ora non c’è più, avevamo la sensazione che fosse un uomo di Dio, un uomo e un vescovo di Dio. Ora lo stiamo vedendo, si sta avverando tutto… E non si può descrivere una cosa così. Sono felicissimo!”.
A parlare con Tonino sulla tomba
Non solo lui è contento, l’Italia intera ieri ha festeggiato la notizia del decreto delle virtù eroiche riconosciute dal Papa. Don Tonino, con il suo anelito pastorale, le sue denunce delle guerre sporche e le richieste di disarmo, continua ad essere un punto di riferimento costante per la Chiesa italiana. Questo, Trifone, lo vede concretamente ogni giorno quando va ad “accudire” la tomba del fratello nel cimitero di Alessano. Una lastra di marmo bianco su una rotonda di verde, con la scritta “Don Tonino Bello, terziario francescano”. “Vedo parecchie persone e parecchi personaggi, anche famosi, venire qua: si inginocchiano, parlano con Tonino. Mi commuove vedere tutte queste persone che hanno bisogno di parlare. La cosa bella è che vengono giovani, vecchi, credenti, non credenti”.
La folla ai funerali
Molti sono gli stessi che parteciparono ai funerali del 1993, celebrati sulla piazza antistante l’antico Duomo. Quel giorno c’erano 70 mila persone che arrivavano fino alla banchina del porto. “Oh, non mi faccia ricordare quel giorno. Sono uscito dalla cattedrale e ho visto tutta quella gente che piangeva. Mi sono detto: perché tanta gente? Perché piangono? Cosa ha fatto mio fratello? Pian piano ho iniziato a capire cosa era stato Tonino, cosa è e cosa sarà per la Chiesa non solo dell’Italia ma del mondo”.