Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
In Argentina il presidente Alberto Fernandez ha firmato a Buenos Aires il decreto per la promulgazione della legge sull’aborto, approvata lo scorso 30 dicembre dal Senato. La cerimonia si è svolta il 14 gennaio nella sede del Museo del Bicentenario della Casa Rosada. Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, l’interruzione volontaria della gravidanza sarà consentita negli ospedali pubblici fino alla 14.ma settimana di gestazione. Dopo questo periodo, l’aborto sarà permesso anche in caso di pericolo di vita per la madre o se la gravidanza ha fatto seguito ad una violenza sessuale. La legge riconosce la possibilità dell’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari. La depenalizzazione dell’aborto in America Latina non riguarda solo l’Argentina. L’aborto è legale anche a Cuba, in Uruguay, a Porto Rico e nella Guyana, a Città del Messico e nello Stato messicano di Oaxaca. In Cile, proprio in questi giorni e sulla scia di quanto accaduto in Argentina, si è aperto il dibattitto su un progetto di legge presentato dall’opposizione per la legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza entro la 14.ma settimana.
In difesa della vita
La Chiesa ha sempre ribadito l’importanza di tutelare la vita sin dal concepimento. Dopo l’approvazione della legge sull’aborto da parte del Senato, la Conferenza episcopale argentina ha sottolineato in una nota, lo scorso 30 dicembre, che difendere la vita significa “costruire una nazione giusta e solidale, dove nessuno viene scartato”. “Deploriamo profondamente – si legge nel documento – la lontananza di una parte della leadership dai sentimenti del popolo, che si è espressa in vari modi a favore della vita in tutto il nostro Paese”. I presuli argentini hanno anche ricordato “le priorità autentiche che richiedono un’attenzione urgente nel nostro Paese: i bambini che vivono in povertà in numero sempre più allarmante, l’abbandono della scuola da parte di molti di loro, la pandemia pressante della fame e della disoccupazione che colpisce molte famiglie, così come la drammatica situazione dei pensionati”.
Gran parte del popolo argentino contrario all’aborto
Dopo la firma del decreto per la promulgazione della legge sull’aborto, il presidente argentino, Alberto Fernandez, ha dichiarato che questa norma permetterà di costruire una società più equa. Ma si può parlare effettivamente di giustizia e equità? Ne abbiamo parlato con padre Fabián Alesso, Rettore della Chiesa nazionale argentina e del Collegio sacerdotale di Roma:
R. – Non sono d’accordo: quando si riconosce che c’è una vita, che c’è una persona umana, cioè il bambino che si trova nel grembo di sua madre, non è giusto che “le persone più forti” prendano la decisione di interrompere la vita di quelle più deboli. E in questo caso il più debole è il bambino. Io penso che una legge che legalizza l’aborto faccia parte di una società più ingiusta.
Tra l’altro questa decisione, come hanno anche recentemente ricordato i vescovi della Conferenza episcopale argentina, riflette una lontananza di parte della classe politica del Paese da una parte rilevante della popolazione…
R. – La maggior parte della popolazione ha manifestato la propria contrarietà alla legalizzazione dell’aborto. E, innanzitutto, nei quartieri più poveri: le persone e le donne più povere che abitano nelle periferie si sono espresse a favore della vita, non sono d’accordo con la legalizzazione dell’aborto. Quindi è una decisione che non rispecchia il sentire della maggior parte della popolazione.
Gran parte del popolo continuerà a schierarsi in favore della vita. Questo potrebbe cambiare qualcosa o si tratta di una legge difficilmente modificabile nel prossimo futuro?
R. – Non so se sarà modificabile. Adesso il nostro lavoro come Chiesa è quello di continuare in questo lavoro in difesa del rispetto della vita. Poi non so se questa legge potrà essere modificata o disdetta. Ci sarà qualche ricorso ma non so fin dove arriverà.
In questo periodo il dibattito in Argentina si è focalizzato in particolare sull’aborto ma sono molti i temi, come hanno anche ricordato i presuli argentini, che dovrebbero essere al centro dell’attenzione pubblica in questo tempo scosso dalla pandemia. Tra questi, la povertà sempre più diffusa che colpisce anche molti bambini, e i tassi sempre più preoccupanti sull’abbandono scolastico e sulla disoccupazione. Purtroppo tante le ferite che colpiscono il popolo argentino…
R. – Possiamo aggiungere la droga che arriva sempre di più, non soltanto a giovani ed adolescenti. E poi la violenza e tanti temi importanti. Che il governo abbia messo questo scopo di arrivare nel suo primo anno a riuscire a promulgare questa legge con tante altre priorità che ha il Paese, è una cosa che non si comprende bene.
Volgendo lo sguardo all’America Latina, anche in Cile è in discussione un progetto di legge per la legalizzazione dell’aborto, un po’ sulla scia di quanto accaduto in Argentina. Come spiegare l’avanzata in America Latina di questa onda contro la vita?
R. – Avanza in America Latina come è avanzata già in Europa in tanti Paesi. Come spiega Papa Francesco, risponde ad una visione che sostiene l’idolatria dell’individualismo e dello scarto delle persone più deboli. C’è l’idolatria delle persone più forti che non vogliono essere disturbate nei loro progetti consumistici di vita. Questo riesce a penetrare anche nei poteri politici e in Paesi che hanno la gran maggior parte della popolazione battezzata, che si professa cristiana. È un segno di quel secolarismo, di quel divorzio tra la fede e la vita di cui ci parlava già il Concilio Vaticano II.