Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Ci sono dolori che ti sconvolgono, le cui ferite possono essere lenite, ma senza guarire mai del tutto. Quando il lutto deriva da un evento drammatico ed improvviso, la sua maturazione richiede più tempo. Anche allora, però, dalle tenebre può nascere una luce in grado di illuminare un percorso da condividere con altre persone. Un progetto, che si declina in vari ambiti quali la scrittura e la lirica, fatto di ricordi, esperienze vissute, memoria e nostalgia di un tempo lontano, ma così vicino e ancora desiderato.
Un progetto a 5 anni dal terremoto
Il giornalista e compositore Marcello Filotei è stato duramente colpito nei propri affetti familiari dal sisma del 2016, che alle 3.36 del 24 agosto 2016 ha totalmente distrutto il suo luogo di origine, Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, radendo al suolo in particolare la frazione di Pescara. Un’esperienza che lo ha privato dei suoi genitori e che lo ha spinto a scrivere del dolore per le decine di vite spezzate e per la fine di un mondo alimentato dall’illusione che si potesse vivere per sempre fuori dal tempo. È nato quindi il libro L’ultima estate. Memorie di un mondo che non c’è più, impreziosito dalla prefazione di Papa Francesco. Da quel libro lo stesso Filotei, con la collaborazione per la parte drammaturgica di Vincenzo De Vivo, ha tratto un testo da lui musicato e intitolato anch’esso L’ultima estate.
Una Via Crucis laica
A cinque anni dal terremoto, di cui è vivissima memoria nel territorio reatino, la Fondazione Flavio Vespasiano ha dunque annunciato un progetto speciale – scelto e finanziato dal Ministero della Cultura italiano -, incentrato su quest’opera contemporanea ispirata al dramma di quei giorni. Dopo la prima dello scorso 7 novembre a Rieti, L’ultima estate andrà in scena martedì 23 novembre a Foligno, due giorni dopo a Fermo e martedì 30 novembre a L’Aquila. Gli autori hanno immaginato una Via Crucis laica, organizzata come un lungo piano sequenza cinematografico nel quale in ogni “stazione” luoghi e personaggi riprendono vita per qualche momento. L’evento è realizzato con il sostegno della diocesi di Rieti e di Ascoli Piceno, sotto la guida del vescovo, monsignor Domenico Pompili, a cui si aggiunge il patrocinio del Pontificio Consiglio per la Cultura e del suo presidente, il cardinale Gianfranco Ravasi. L’iniziativa si avvale anche del sostegno economico della società Errebian.
La squadra
L’esecuzione dell’opera (che prevede voce narrante, quartetto vocale, ensemble strumentale con la proiezione di immagini e mise-en-espace) sarà affidata al Bruno Maderna Ensemble del Conservatorio di Musica “Giovanni Battista Pergolesi” di Fermo con i solisti di canto e l’ensemble vocale dell’Accademia Lirica di Osimo, la direzione è di Gabriele Bonolis. Voce narrante il noto attore e conduttore radio-televisivo Greg, l’impianto scenico e le luci sono di Andrea Tocchio, video e motion graphics di Flaviano Pizzardi, la mise-en-espace di Cesare Scarton.
Una autentica normalità
Intervenendo al programma Radio Vaticana con Voi, Marcello Filotei ha parlato del progetto alla vigilia della data all’Auditorium San Domenico di Foligno. Lo ha fatto partendo dalla personale, dolorissima esperienza legata al sisma di cinque anni fa. “Ho perso quella notte moltissimi amici e parenti, tra cui i miei genitori”, ricorda. “Quindi mi sono chiesto cosa potessi fare. Prima ho tirato fuori ciò che avevo dentro, scrivendo il libro. Così ho visto in modo oggettivo il mio dolore, mentre l’opera – prosegue – è arrivata in un secondo momento”. Qui ha prevalso il compositore, l’anima della musica. “Sì, la musica permette di andare direttamente al sentimento, alle emozioni, senza passare – spiega – dalle parole”.
Un’opera, questa, che è stata definita una Via Crucis laica. “Un modo – prosegue Filotei – per rivivere dei momenti precedenti anche al sisma del 2016. Ricordando non solo quello che è accaduto e che è sempre presente in sottofondo, ma soprattutto quello che è stato perso. Quest’opera è sulla malinconia, più che sul dolore. Sul ricordo, compreso quello di cose belle. Questi sono paesi unici, ma al tempo stesso emblematici. Universali. Luoghi dove c’è il rivoluzionario che in realtà non fa la rivoluzione, il barista che sa le cose di tutti”. “Noi – conclude – ne avevamo di particolari. Il fotografo con un occhio di vetro, il più bravo di tutti a fare le fotografie. A noi sembrava normale, ma è evidente il suo fascino. Avevamo un vigile urbano che giocava al biliardo. Quando era impegnato al tavolo, la quantità di multe subiva un drastico calo. Racconto questo mondo che secondo me non va perduto, quel modo di vivere in cui le persone rimangono se stesse, autentiche per sempre. Ho voluto raccontare non solo la tragedia, ma anche ciò che è andato perduto”.