Isabella Piro – Città del Vaticano
È una vera e propria “marea” quella creata dalle violazioni dei diritti umani in mare; una marea contro la quale bisogna “remare insieme”, perché solo così sarà possibile arginarla: questo il cuore dell’intervento di monsignor Chica Arellano, che stamani ha concluso la conferenza internazionale promossa da Stella Maris presso il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, la Fao e la Missione permanente di Osservazione della Santa Sede presso Fao, Ifad e Pam. La riunione si è tenuta in modalità virtuale, in occasione della Giornata mondiale della pesca, celebrata il 21 novembre. Nelle parole di monsignor Chica Arellano risuona forte l’appello alla comunità internazionale a “non chiudere gli occhi di fronte alle speranze, alle sfide e alle difficoltà”, anche “ardue e complicate”, che riguardano “il settore della pesca”, perché ciò che è in gioco è “la sicurezza, il lavoro dignitoso e il benessere” di chi vi dedica la sua vita.
Fermare la pesca illegale
Sentita, dunque, l’esortazione della Santa Sede a “lottare contro la violazione dei diritti umani dei pescatori e il traffico di esseri umani”, così come “a prevenire la diffusione della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata”, guardando anche alla prospettiva degli Obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile. Fortunatamente, sottolinea monsignor Chica Arellano, i progressi non mancano e fanno registrare una riduzione dell’inquinamento marino, una maggior promozione dell’economia circolare, il riutilizzo delle attrezzature in plastica e la decabornizzazione delle flotte, grazie alla transizione energetica. Il tutto con l’obiettivo di tutelare la biodiversità, aumentare la sostenibilità a lungo termine delle risorse marine e migliorare le condizioni di vita degli equipaggi.
Le drammatiche conseguenze della pandemia
Ma questo non basta, mette in guardia l’osservatore permanente: solo seguendo il criterio della “protezione della dignità umana, fondamento e obiettivo dei diritti fondamentali”, si potranno affrontare le sfide di chi che “dedica la sua vita al mare”, sfide tra l’altro “seriamente peggiorate dall’inizio della pandemia” da Covid-19. Il rappresentante vaticano ricorda infatti i “pescherecci bloccati nei porti”, le “intere catene di approvvigionamento interrotte”, la riduzione del commercio e della domanda di consumo di pesce nel 2020 “per la prima volta in diversi anni”. Tutto questo mentre si registra “un paradosso”, aggiunge: da un lato si moltiplicano le legislazioni e le attenzioni dei media alle condizioni di vita dei pescatori, ma dall’altro i casi di violazioni dei diritti umani dei marittimi non diminuiscono affatto.
No alla logica dell’avidità e del profitto economico ad ogni costo
Cosa fare dunque? Monsignor Chica Arellano parla chiaro: rinunciare “alla logica dell’avidità e alla ricerca compulsiva e senza scrupoli del profitto economico”, perché questo “dinamismo dannoso” porta a difendere i propri interessi senza preoccuparsi “del bene comune, della giustizia e della legalità”. Gli esempi negativi purtroppo non mancano: i lavoratori del mare subiscono tagli dei salari, contratti-spazzatura, straordinari non pagati, come fossero “accessori inutili gettati in mare senza alcun riguardo”. Sfruttati e disorganizzati, privi di istituzioni sindacali di tutela, essi vedono lesi i loro diritti essenziali. Di fronte a tutto questo, ribadisce l’Osservatore permanente, “la comunità internazionale non può restare a guadare”: servono “strategie, proposte e misure efficaci” per “arginare una volta per tutte la marea di violazioni dei diritti umani in quest’area”, il che significa facilitare programmi di formazione permanente, trasferire le conoscenze professionali e scientifiche per un più preciso controllo del territorio, ma soprattutto “combattere e perseguire ogni forma di illegalità”.
Il prezioso impegno di cappellani e volontari cattolici
Anche le Ong vengono chiamate in causa dal rappresentante vaticano: a loro, che “giocano un ruolo chiave” nell’identificare le vittime dello sfruttamento nel mondo della pesca, monsignor Chica Arellano ricorda l’importanza di raccogliere “testimonianze, anche quelle di inaudita crudeltà”, sugli oltraggi subiti dai pescatori. Il pensiero del presule va anche al “prezioso e quotidiano impegno dei cappellani” e agli “encomiabili servizi dei volontari delle organizzazioni cattoliche” che, come “il Buon Samaritano”, non restano indifferenti di fronte “alla miseria, al pianto o alle difficoltà” di chi subisce affronti nel settore della pesca. “A braccia e cuore aperto”, infatti, essi “non si stancano mai di accogliere le vittime”, alleviandone la tristezza e dando loro fiducia, così che possano tornare ad essere “persone con dignità”.
Mettere la persona al centro e diffondere la legalità
L’Osservatore permanente si rivolge poi a “istituzioni, governi e persone di buona volontà”, chiedendo loro di “alzare una sola voce” affinché i responsabili del settore della pesca e dell’industria ittica “mettano sempre al centro le persone e la loro dignità, in contrasto con le dinamiche che tendono a standardizzare tutto e a mettere il denaro al primo posto”. La logica selvaggia del profitto, infatti, porta al declino “della solidarietà e del rispetto della persona umana”. Collaborazione, dialogo costante e rafforzamento della solidarietà sono, in pratica, gli strumenti suggeriti da monsignor Chica Arellano alla comunità internazionale per “diffondere la legalità, la cura degli oceani e la ricerca di soluzioni benefiche e innovative per una transizione verso un futuro più sostenibile” nel comparto ittico.
“Remare insieme” verso una nuova industria ittica
In sintesi, ribadisce il presule, occorre “remare insieme” per creare un’industria della pesca “rinnovata”, che “rispetti la dignità delle persone e la casa comune in cui tutti dobbiamo vivere come fratelli e sorelle” e nella quale i benefici socio-economici saranno condivisi. I progressi di una società infatti, incalza monsignor Chica Arellano, non vanno calcolati solo in termini di raggiungimento di obiettivi scientifici e tecnologici, bensì secondo il reale sviluppo morale e sociale, il rispetto dei diritti umani e la formazione adeguata della popolazione. Altrimenti, si regredisce “verso periodo bui della storia”. Infine, ricordando la vicinanza della Santa Sede e delle istituzioni cattoliche a coloro che si adoperano per la protezione dei lavoratori del mare e dalla salvaguardia degli oceani e delle risorse marine, l’auspicio conclusivo del presule è che si possa crescere in responsabilità, così da “aumentare il bene comune e a felicità dei più vulnerabili”.
L’appello del Papa
Da ricordare che sulle difficili condizioni dei lavoratori del mare si è soffermato anche Papa Francesco all’Angelus di ieri, in coincidenza della Giornata mondiale della pesca. “Saluto tutti i pescatori e prego per quanti vivono condizioni difficili o e a volte, purtroppo, di lavoro forzato – ha detto – Incoraggio i cappellani e i volontari della Stella Maris a proseguire nel servizio pastorale a queste persone e alle loro famiglie”.