Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Per 12 mesi le dimostrazioni dei contadini hanno infiammato tutta l’India, ma le manifestazioni per ora non sembrano destinate a concludersi, finché, affermano i portavoce della protesta, il governo non metterà nero su bianco le promesse fatte ieri dal premier Modi. Sarà questione di giorni. Alla fine di questo mese infatti il Parlamento di New Delhi comincerà la sessione invernale dei lavori. Per interrompere le loro azioni, i manifestanti chiedono ulteriori passi da parte del governo sui prezzi minimi garantiti per i loro raccolti. Secondo le leggi al centro della contesa, gli agricoltori sarebbero stati liberi di vendere i propri prodotti a un acquirente qualsiasi e al prezzo da loro stabiliti, invece di negoziare solo sui mercati regolamentati dallo Stato con prezzi fissi. I contadini invece hanno sempre espresso il timore che la riforma ponesse il settore agrario nelle mani di pochi grossi acquirenti che avrebbero condizionato il mercato a svantaggio dei produttori.
I contadini in piazza nell’anno del Covid
Le proteste contro le tre leggi di riforma del settore agrario sono cominciate durante l’inverno 2020 e sono continuate nel pieno della pandemia di coronavirus. In questo periodo, diversi i contadini che hanno perso la vita a causa del freddo e dei contagi. Sono stati mesi caratterizzati anche dalle difficoltà causate dalla crisi energetica con frequenti rischi black-out e il crescente inquinamento atmosferico. Permane il timore nei dimostranti che le promesse del primo ministro Narendra Modi siano state fatte per motivi elettorali. Tra qualche mese infatti si voterà per le elezioni legislative negli Stati del Punjab e dello Uttar Pradesh, dove la comunità agricola è fortemente radicata.