Antonella Palermo – Città del Vaticano
Secondo il Rapporto Istat 2021, la povertà assoluta in Italia tocca oltre 2 milioni di famiglie e, misurata sui consumi, è in forte crescita, soprattutto nel Nord. Il Rapporto di Caritas Italiana dell’ottobre 2021 ha evidenziato che la quota dei poveri cronici – quelli a carico della Caritas da 5 anni e più – è cresciuta del 25,6% – 27,5%. La fotografia è preoccupante considerato anche che il 2020 è stato chiamato l’anno dei nuovi poveri, complice la pandemia.
Antonella Sciarrone, pro rettrice vicaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ordinaria di Diritto dell’Economia e membro del board dell’ASIF, l’Authority di Supervisione e Informazione Finanziaria del Vaticano, ha da poco costituito nell’ateneo un Osservatorio sul debito privato per studiare, in una logica di sistema, il tema del crescente sovraindebitamento e delle nuove povertà al fine di individuare soluzioni di sistema che favoriscano l’inclusione sociale. Nell’intervista a Vatican News, precisa che la nozione di “povero” è molto sfaccettata e che “sono purtroppo in crescita un po’ tutti i tipi di poveri”.
Nel quadro della povertà in Italia, quali i soggetti più fragili?
A parte i poveri cronici, sempre classificati così per assenza di lavoro prolungato, queste nuove fasce si ricollegano però alla improvvisa e inaspettata perdita di lavoro: piccoli lavoratori autonomi, piccoli artigiani, soprattutto in settori economici duramente colpiti, che possono sì sperare in un miglioramente della ripresa ma in questo momento, se pensiamo a quelli dalla mezza età in su, sono davvero a rischio esclusione sociale e disuguaglianza ancora più marcata rispetto al passato. Spesso si sono sovraindebitati, avviandosi già nella china prima della pandemia, poi la pandemia è calata come una scure terribile.
In che misura il fenomeno della povertà in Italia incrocia quello della immigrazione?
Considerevolmente, soprattutto per la povertà assoluta. Dobbiamo in tutti i modi includerli con misure di sostegno.
Lei alcuni mesi fa paventava una “notte permanente del debito” con enormi costi per lo Stato e per tutto il Paese. Nel frattempo ci sono stati correttivi adeguati, secondo lei?
Sicuramente c’è stata in quest’ultimo periodo una maggiore sensibilità su questo tema. La notte permanente del debito significa, nella mia prospettiva, non riuscire a dare adeguati strumenti e opportunità a chi è fortemente indebitato tanto da non riuscire ad uscire da questa situazione, come fosse un fardello che rimane per tutta la vita e che spinge fuori dal circuito legale, incrementa il nero, la criminalità organizzata… Per fare in modo che ciò si attenui e che si veda l’aurora bisogna offrire strumenti giuridici che consentano di fare delle composizioni negoziate, cioè di accordarsi con i creditori per avere più tempo e per riuscire – in modo alternativo al perdere la casa, a esecuzioni immobiliari e pignoramenti – a venire incontro in modo accettabile a tutti. Su questo qualche passaggio positivo è avvenuto. Sono state introdotte nuove norme sul sovraindebitamento, ci sono nuove soluzioni di composizioni negoziate, insomma qualche segnale c’è. Perché in effetti la pandemia non ha fatto altro che metterci in faccia tendenze già esistenti. Certo, c’è molto da lavorare tutti assieme.
Quando dice ‘tutti insieme’ a chi si riferisce?
Dal punto di vista istituzionale, da parte dei nostri governanti – e in parte c’è, devo dire – bisogna produrre nuove soluzioni nella composizione di questi interessi; sul piano dei soggetti privati, bisogna passare da un tipo di approccio filantropico, assistenziale a un approccio molto più costruttivo. Dove ci sono poveri, ci sono debiti e dove ci sono debiti ci sono anche creditori. Io penso che, se si riuscirà ad avere consapevolezza che creditori e debitori insieme possano lavorare per ottenere soluzioni adeguate per tutti, sarà veramente la strada giusta. Ed è un approccio solidale quello che porta alle soluzioni più efficaci.
Un approccio sistemico perché di crisi sistemica stiamo parlando…
Assolutamente. Anche perché il risultato ultimo è che si aggrediscono i beni dei soggetti fortemente indebitati i quali finiscono per strada con un costo sociale altissimo. Un costo che non è stato finora compreso fino in fondo rispetto alle dinamiche di gestione ‘tradizionale’ dei debiti deterioriati. Contrastare la povertà consentendo l’accesso al credito è fondamentale per la società.
Altrimenti, come accennava, la deriva può essere quella del cosiddetto ‘welfare criminale’…
Mi spaventa parecchio il fenomeno. Dobbiamo riuscire ad accostare i soggetti in difficoltà anche con azioni molto capillari di prossimità suggerendo i passi da percorrere ai primi segnali di allarme – penso al ruolo della Chiesa, delle parrocchie, di tutto il terzo settore – perché se ci si fa prossimi subito si evita che si facciano prossimi altri soggetti che sono molto pronti. Tanti mettono in luce il forte rischio di un avanzamento della criminalità organizzatata che si accosta a famiglie e imprese offrendo finanziamenti usurai che portano sempre più sul baratro. Questa è una scommessa importantissima che dobbiamo vincere facendo tanta prevenzione. In Università stiamo lavorando a una modifica della legge sull’usura, che c’è già da 25 anni nel nostro Paese, per andare a potenziare i fondi di prevenzione dell’usura sostenendo soggetti ormai così vulnerabili da essere facilmente esposti al rischio degli usurai.
L’ascensore sociale in Italia è del tutto bloccato?
Non del tutto ma è parecchio rallentato. Non ci sono ricette facili ma è molto importante la formazione. In una fase in cui ci sono tanti cambiamenti dal punto di vista della transizione ecologica, digitale bisogna aiutare le persone a salirci su questo ascensore. Noi abbiamo nell’universo giovani, tanti neet, che sostanzialmente non fanno niente, in condizioni preoccupanti, e poi tutti quelli che non sono più giovani, espulsi dal circuito lavorativo e che si devono reinventare e sui quali si deve fare un grosso investimento. La strada maestra per l’ascensore sociale è valorizzare il capitale umano a qualunque età e aiutarlo a cogliere le occasioni, avendone perse di vecchie.