Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Il presidente Yoweri Museveni corre oggi i Uganda per il suo sesto mandato ed ha come principale sfidante un ex cantante, oggi parlamentare dell’opposizione e conosciuto con il suo nome d’arte, Bobi Wine. Quest’ultimo, 38enne, si contrappone dunque al 76enne leader del Movimento di resistenza nazionale ed al potere dal 1986. I vescovi ugandesi hanno sottolineato come la buona gestione delle operazioni di voto e dello spoglio sia una delle più grandi sfide per il Paese africano.
Un clima teso
Sono circa 18 milioni gli ugandesi chiamate alle urne in questo giovedì di metà gennaio. Il clima è difficile, le violenze si sono registrate già lo scorso autunno, in particolare la morte di 54 persone in due giorni di proteste nel mese di novembre è stata condannata dalla comunità internazionale ed ha rafforzato la pressione su Museveni perché garantisca elezioni libere ed eque. Il presidente in carica, che non ha sempre vinto negli ultimi 35 anni, è favorito anche questa volta. L’Uganda, nazione con oltre 35 milioni di abitanti, è uno dei Paesi al mondo con il più basso tasso di popolazione urbana. L’unica grande città è la capitale, Kampala, con poco più di un milione e mezzo di abitanti. Resta bassa, pur registrando un aumento negli ultimi anni, l’aspettativa di vita (intorno ai 54 anni), così come il Pil pro capite, inferiore ai 1.500 dollari. Oltre tre quarti della popolazione è composta da persone con meno di trent’anni.
Il blocco dei social
In Uganda sono stati bloccati nelle ultime ore i social network e numerose applicazioni di messaggistica. Nei giorni scorsi, Facebook aveva annunciato di avere chiuso una rete di account riconducibili al ministero dell’Informazione ugandese, utilizzati per fare propaganda per conto di Museveni. Da qui, stando alle agenzie internazionali, la richiesta da parte dell’autorità delle comunicazioni alle compagnie telefoniche nel Paese di bloccare l’accesso a buona parte dei più comuni social network ed app per messaggi: da Facebook a Twitter, ma anche WhatsApp, Instagram, Skype, Snapchat, Viber ed alcuni store di applicazioni. L’opposizione critica con forza tale operazione, in un Paese dove i giovani sono la maggior parte della popolazione. Il principale sfidante di Museveni, Bobi Wine, ha denunciato negli ultimi giorni diverse intimidazioni.
L’appello dei vescovi
In vista della tornata elettorale, la Conferenza episcopale nazionale (Uec) ha diffuso la scorsa settimana una Lettera pastorale suddivisa in 58 punti e intitolata “Beati gli operatori di pace”, in cui richiama l’attenzione su alcune questioni primarie da “affrontare con urgenza”, pena “la credibilità dell’intero processo elettorale e l’esito stesso delle consultazioni”. In particolare i presuli hanno invocato la necessità di un voto “libero, giusto e credibile”, i presuli si dicono preoccupati dell’eventuale “mala gestione dei risultati elettorali”, definendola “una delle più grandi sfide del Paese, nonché tra le principali cause di violenza”. In passato, infatti, si sono verificati veri e propri “bagni di sangue” post-elettorali e “le cicatrici di quelle violenze sono ancora vive”. Ciò nonostante – scrivono i vescovi – gli ugandesi “invece di imparare da simili errori, sembrano ricaderci di nuovo”. Di qui, l’appello a tutte le parti in causa affinché “permettano alla volontà del popolo di prevalere”. “Ricordate che il comandamento ‘Non rubare’ vale anche per il furto dei voti”, affermano i presuli.