Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Proseguono a Glasgow i lavori della COP26. La giornata di ieri è stata caratterizzata dalle dimostrazioni dei giovani ambientalisti, che guidati dalla leader, Greta Thumberg, hanno parlato di fallimento di questo nuovo appuntamento per la salvaguardia dell’ambiente. Il Pianeta soffre, ma ancor di più soffrono i Paesi più poveri, ai quali manca il sufficiente supporto di quelli ricchi. Su questo tema l’intervento dell’inviato americano per il clima, John Kerry, il quale ha sollecitato lo sblocco di aiuti per cento miliardi di dollari entro il 2022. Proprio i giovani chiedono che le promesse ai Paesi in via di sviluppo non rimangano lettera morta e, inoltre, che si agisca subito per limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1.5 gradi centigradi.
Clima: una questione intergenerazionale
La tutela della casa comune deve necessariamente passare attraverso il contributo di tutte le generazioni, soprattutto quelle più giovani, che devono essere maggiormente coinvolte. La spinta in questa direzione arriva da Save the Children. “Non c’è da meravigliarsi che oggi a Glasgow i bambini e i giovani stiano scioperando e manifestando per far sentire la loro voce dal momento che in molti pensano che le loro voci non siano state ascoltate”, ha dichiarato Yolande Wright, Responsabile Povertà Minorile e Clima per Save the Children. “Nonostante le promesse che questa COP26 sarebbe stata la più inclusiva di sempre, secondo i giovani attivisti è avvenuto l’esatto opposto”.
Anche sull’ambiente disuguaglianze globali
La crisi climatica, il mancato ascolto della voce dei ragazzi, come anche l’iniqua distribuzione dei vaccini contro il Covid-19 parlano di un mondo che va avanti a diverse velocità, in cui il dialogo tra realtà diverse avviene con difficoltà. Molti giovani attivisti presenti a Glasgow hanno detto a Save the Children – riferisce Yolande Wright – di essere stati esclusi dai negoziati, mentre a pagare il prezzo più alto sono proprio i bambini dei Paesi a basso e medio reddito e chi è già vittima di disuguaglianze e discriminazioni. E’ ormai improcrastinabile che i Paesi responsabili delle emissioni dei gas ad effetto serra operino in maniera radicale “per limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1.5 gradi rispetto ai livelli preindustriali” ha concluso la Wright.