di Alessandro Gisotti
«Ho sempre invitato i miei collaboratori ad assumere con decisione il motto: Comunicare per unire, comunicazione per costruire comunione». Quanti hanno avuto la fortuna di essere tra quei collaboratori, come chi scrive, ricorda bene questo principio enunciato tante volte da padre Federico Lombardi, affermato ancor più con la sua testimonianza che con le parole. Da tempo e da più parti, al gesuita che ha guidato la Radio Vaticana, la Sala stampa della Santa Sede e il Centro Televisivo Vaticano, si chiedeva di poter raccogliere i suoi interventi principali sulla comunicazione, come quello citato, in un volume. Un dono che ora padre Lombardi offre agli “addetti ai lavori”, e non solo, con la pubblicazione di Papi, Vaticano, Comunicazione (Edizioni Ancora-La Civiltà Cattolica, euro 20).
Pagina dopo pagina, Lombardi ripercorre il suo impegno trentennale nella comunicazione vaticana (preceduto da un’esperienza giornalistica di alcuni anni a «La Civiltà Cattolica») al servizio di tre Papi: Giovanni Paolo II , Benedetto XVI , Francesco. Tre straordinari comunicatori — pur nelle differenze di stile e personalità — a cui Lombardi dedica la prima parte del libro. Riflessioni approfondite sul mondo dell’informazione e sui cambiamenti nel modo di comunicare della Chiesa si alternano a racconti personali e aneddoti gustosi sul “dietro le quinte” che permettono al lettore di entrare nell’esperienza quotidiana, tra gioie e fatiche, di un comunicatore d’eccezione. Il prologo del libro ci aiuta a comprendere innanzitutto cosa rappresenti il comunicare per il gesuita oggi presidente della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI . Non un fatto tecnico, né tanto meno uno strumento di potere, ma una dimensione dell’umano che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. «La missione di Gesù — scrive Lombardi — è comunicazione. La missione della Chiesa è comunicazione. La crescita dell’umanità e della pace avviene attraverso la comunicazione, da Babele a Pentecoste». Da questa convinzione derivano una serie di postulati molto concreti che hanno sostenuto (e continuano a sostenere) il lavoro di Lombardi nel campo della comunicazione ecclesiale.
Assieme all’esortazione a comunicare per unire, ricordata all’inizio (e oggi quanto mai urgente), si aggiunge l’impegno in favore di una comunicazione per la bontà, la bellezza e soprattutto per la verità. Anche se ciò può comportare un costo gravoso, come ci insegna la dolorosa vicenda degli abusi sessuali nella Chiesa. Bisogna crescere nella “cultura della trasparenza”, ribadisce Lombardi. «Essere sempre veritieri e schietti», avverte il gesuita piemontese, «riconoscendo i limiti delle nostre conoscenze». Particolarmente significativo, in tale contesto, è il capitolo che Lombardi scrive sugli «atteggiamenti e qualità del Portavoce» (assieme ad un omaggio personale de-dicato a Joaquín Navarro-Valls). Consigli pratici che possono essere utili a tutti coloro che sono chiamati, a diversi livelli, ad assumere ruoli di responsabilità nella comunicazione istituzionale. «Anzitutto — annota l’ex direttore della Sala stampa — non bisogna mai cessare di insistere sull’uso di un linguaggio chiaro, semplice e comprensibile, non troppo astratto e complicato o specialistico». Per Lombardi, si deve vedere che «il comunicatore è una persona sincera, che si mette in gioco in ciò che dice, capace di trasmettere convinzioni ed emozioni al di là di un linguaggio freddo e burocratico». Una parte consistente del volume è dedicata al servizio svolto alla Radio Vaticana (ben 26 anni a Palazzo Pio, prima come direttore dei programmi e poi come direttore generale). Nell’emittente pontificia, Federico Lombardi ha vissuto momenti entusiasmanti e momenti difficili, ma si è sempre e instancabilmente impegnato perché questa mantenesse fede alla missione per cui è nata 90 anni fa: portare la voce del Papa fino ai confini della Terra. Una finalità che, nel corso di quasi un secolo, ha richiesto uno sforzo tecnologico portato avanti dalla Compagnia di Gesù e dai suoi collaboratori dando vita ad un amalgama che ha cementato una forte identità dell’istituzione. Anche rispetto al lungo periodo trascorso alla Radio del Papa, l’ex direttore sottolinea il tema dell’unità. Quella di Radio Vaticana era e dovrà essere «una comunicazione per la comunione, come auspicava il Concilio». Dalle parole di Lombardi, rileva con acume Ferruccio De Bortoli nella prefazione, si coglie che «Radio Vaticana è rimasta un po’ la sua casa. Lì si sente avvolto da una familiarità protettiva. Descrive l’evoluzione della tecnologia con un entusiasmo non trattenuto. Lui che pure resta un nostalgico di Gutenberg».
Nostalgico di Gutenberg eppure capace di cogliere e assumere il cambiamento radicale dei linguaggi e lo sviluppo turbolento dei mezzi tecnologici. Sempre e comunque, appassionato della comunicazione, che è poi la condizione necessaria per comunicare bene. In un capitolo intitolato «Buone notizie per il mondo», Lombardi confida al lettore: «Ho sempre pensato che il mio servizio era un servizio eccezionalmente bello e privilegiato, perché ero al servizio di una comunicazione positiva, costituita in massima parte di messaggi di amore, di speranza, di solidarietà, di dignità delle persone, di crescita umana, di perdono, di pace… che cosa di più grande e bello potevo desiderare di fare?». Ecco, in questa gratitudine e in questo spirito di servizio che è la cifra distintiva di Federico Lombardi sta forse il “segreto” della sua testimonianza di comunicatore autentico e credibile, libero e disinteressato.