Anna Poce – Città del Vaticano
“Esortiamo le autorità pubbliche a rispettare e proteggere il diritto alla vita e alla salute della bambina vittima di stupro e del bambino non ancora nato. Entrambe le vite meritano e devono essere tutelate”. E’ così che la Conferenza episcopale della Bolivia, con un comunicato del 26 ottobre scorso intitolato “In difesa della vita contro ogni forma di violenza”, entra nel merito di una triste e dolorosa vicenda vissuta, nelle ultime settimane, da una famiglia di Yapacani, città della regione orientale boliviana di Santa Cruz.
L’aborto è un crimine in Bolivia
La bambina di 11 anni è rimasta incinta dopo ripetuti atti di violenza sessuale da parte del suo patrigno, di 61 anni , ora in prigione. I presuli hanno voluto ricordare che, secondo una sentenza della Corte Costituzionale, “l’aborto è ancora un crimine in Bolivia e non esiste un’interruzione legale della gravidanza”. Il “prendersi cura e proteggere la vita” è dunque un obbligo per tutti.
Vittime innocenti
I vescovi hanno spiegato che sia “i diritti della giovane, che quelli del bambino che cresce nel suo grembo, devono essere tutelati, poiché entrambi sono innocenti e vittime di un atto criminale”. Allo stesso modo, l’episcopato ha ribadito che “nessuno può essere costretto a praticare l’aborto, nemmeno di fronte alla gravità della violenza sessuale, perché l’aborto in Bolivia è un crimine”, e che “nessuno, nemmeno il personale sanitario, può essere costretto a commettere questo crimine”. Viene dunque rivendicata la necessità “di definire meccanismi che rispettino il diritto umano all’obiezione di coscienza”.
Considerare l’adozione una possibile soluzione
La bambina, ricoverata nel Centro per madri adolescenti Madre María di Santa Cruz, avrebbe deciso, assieme alla madre, di non essere sottoposta ad un aborto per stupro, consentito dalla legge. La Chiesa ha dunque suggerito che se “la bambina e sua madre decidono di continuare la gravidanza, salvaguardando la salute della bambina e del bambino, si dovrebbero cercare possibili soluzioni, come l’adozione, dato che probabilmente la giovane non è ancora abbastanza matura per prendersi cura del bambino”.
Garantire che il crimine non rimanga impunito
Anche la Chiesa di Santa Cruz, il 25 ottobre scorso, in una nota, ha espresso forte condanna verso il brutale stupro, nonché il suo dolore, la sua vicinanza e la sua solidarietà alla bambina, alla madre e alle persone a loro vicine. “Lo stupro, oltre a ledere profondamente il diritto di ogni persona alla propria dignità, libertà e integrità fisica e morale, è un attentato alla giustizia e alla carità; ancor più se, come in questo caso, si tratta di una bambina innocente”, si legge nel comunicato dell’arcivescovado. “Esortiamo le autorità competenti – continua – a garantire che un crimine così grave e detestabile non rimanga impunito”.
Un crimine non si risolve con un altro crimine
Siamo di fronte a due persone innocenti e indifese, “entrambe sono vite umane indipendenti e la persona umana nel grembo materno non è da biasimare per l’abuso subito da sua madre” precisa la nota. “Un crimine non si risolve con un altro crimine, l’aborto non rimedia allo stupro, né alleggerisce le coscienze, al contrario, lascia ferite psicologiche più gravi e durature” si legge ancora. L’unica soluzione, conclude l’arcivescovado di Santa Cruz, è “salvare, curare e sostenere con amore entrambe le vite. In questo senso, la Chiesa offre accoglienza e assistenza alla bambina e alla creatura che porta dentro, ospitandola gratuitamente presso il Centro per Madri Adolescenti Madre María, assicurando il sostegno materiale, medico, psicologico e spirituale durante la maternità e nel periodo post-partum”.