Francesco: costruire un mondo più giusto non è politica, ma “dare corpo alla fede”

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La costruzione di un mondo “più solidale, giusto ed equo” non è una “faccenda politica”, ma “è dare corpo alla fede” in Dio “amante dell’uomo” e della vita. Possiamo essere davvero “fratelli tutti”: se può sembrare “un’utopia irrealizzabile”, preferiamo “credere che sia un sogno possibile”, perché è “lo stesso di Dio”. E’ il cuore del forte messaggio che Papa Francesco lascia ai partecipanti al convegno internazionale su “Solidarietà, cooperazione e responsabilità, gli antidoti per combattere le ingiustizie, le disuguaglianze e le esclusioni”, organizzato in Vaticano dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice il 21 e 22 ottobre, incontrati questa mattina nella Sala Clementina del Palazzo apostolico.

L’ingiustizia di un sistema economico che scarta le vite

I temi del convegno “sono grandi ed essenziali”, sottolinea Francesco dopo aver ringraziato la presidente della Fondazione, Anna Maria Tarantola, per le sue parole di saluto “sempre chiare”. E ai membri della Fondazione, insieme agli scienziati, economisti, ministri, cardinali e vescovi che hanno preso parte alla due giorni di lavori, ribadisce che sono riflessioni importanti…

In un tempo nel quale le incertezze e le precarietà che segnano l’esistenza di tante persone e comunità sono aggravate da un sistema economico che continua a scartare vite in nome del dio denaro, istillando atteggiamenti rapaci nei confronti delle risorse della Terra e alimentando tante forme di iniquità.

Studiare una nuova economia “equa e benefica”

Ingiustizie e sfruttamento davanti ai quali “non possiamo restare indifferenti” chiarisce il Pontefice, ma la risposta non può essere solo la denuncia: è “soprattutto la promozione attiva del bene” quindi “denunciare il male ma promuovere il bene”. Per questo esprime apprezzamento per le attività della Fondazione, specialmente nel campo educativo e formativo, come “l’impegno di finanziare studi e ricerche per i giovani sui nuovi modelli di sviluppo economico-sociale ispirati alla dottrina sociale della Chiesa”. È una cosa importante, commenta.

Nel terreno inquinato dal predominio della finanza abbiamo bisogno di tanti piccoli semi che facciano germogliare un’economia equa e benefica, a misura d’uomo e degna dell’uomo. Abbiamo bisogno di possibilità che diventino realtà, di realtà che diano speranza. Questo significa tradurre in pratica la dottrina sociale della Chiesa.

L'”inagibile”  e “liquido” predominio della finanza

Sul “predominio della finanza”, che appare come “qualcosa di inagibile”, di “liquido, gassoso”, e che finisce “come la catena di Sant’Antonio”, il Papa racconta, lasciando il discorso preparato, un incontro di quattro anni fa, “un’esperienza che forse vi serve”, con una economista “grande”, che lavorava anche per un governo. 

E mi disse che lei aveva cercato di fare un dialogo tra economia, umanesimo e fede, e religione, e che quello è andato bene, che è un dialogo che è andato bene e continua ad andare bene, in un gruppo di riflessione. Ho cercato lo stesso – mi disse – con la finanza, l’umanesimo e la religione, e non siamo potuti neppure partire. Interessante. Questo mi fa pensare. 

Solidarietà, cooperazione e responsabilità: è dottrina sociale

Le tre parole scelte come titolo al convegno, solidarietà, cooperazione e responsabilità, rappresentano, ribadisce Papa Francesco, “tre assi portanti della dottrina sociale della Chiesa”, che vede la persona umana, “naturalmente aperta alla relazione”, come “il vertice della creazione e il centro dell’ordine sociale, economico e politico”. Con questo sguardo, attento all’uomo e alle dinamiche della storia, “contribuisce a una visione del mondo che si oppone a quella individualista”, perché si fonda “sull’interconnessione tra le persone e ha come fine il bene comune”. Ma si oppone anche, chiarisce il Papa “alla visione collettivistica, che oggi riemerge in una nuova versione, nascosta nei progetti di omologazione tecnocratica”.

Ma non si tratta di una “faccenda politica”: la dottrina sociale è ancorata alla Parola di Dio, per orientare processi di promozione umana a partire dalla fede nel Dio fattosi uomo. Per questo essa va seguita, amata e sviluppata: appassioniamoci nuovamente alla dottrina sociale, facciamola conoscere: è un tesoro della tradizione ecclesiale!

È proprio studiando la dottrina sociale, prosegue Francesco rivolgendosi ai presenti, “che anche voi vi siete sentiti chiamati a impegnarvi contro le disuguaglianze, che feriscono in particolare i più fragili, e a lavorare per una fraternità reale ed effettiva”.

Vigilare sul rispetto della persona umana

Le tre parole del convegno, “solidarietà, cooperazione, responsabilità”, richiamano, per il Pontefice, “lo stesso mistero di Dio” trinitario, che da “comunione di Persone”, ci invita “all’apertura generosa agli altri (solidarietà), attraverso la collaborazione con gli altri (cooperazione), attraverso l’impegno per gli altri (responsabilità)”. E a far questo “in ogni espressione della vita sociale, attraverso le relazioni, il lavoro, l’impegno civile, il rapporto con il creato, la politica”.

In ogni ambito siamo oggi più che mai tenuti a testimoniare l’attenzione per gli altri, a uscire da noi stessi, a impegnarci con gratuità per lo sviluppo di una società più giusta ed equa, dove non prevalgano gli egoismi e gli interessi di parte. E nello stesso tempo siamo chiamati a vigilare sul rispetto della persona umana, sulla sua libertà, sulla tutela della sua inviolabile dignità.

Da fratelli di tutti, collaborare con tutti per il bene comune

Questa, per Papa Francesco, è “la missione di attuare la dottrina sociale della Chiesa”. Ma facendolo, ricorda, “si va spesso controcorrente”, anche se “non siamo soli”. Dio si è fatto vicino a noi”. Non a parole, ma incarnandosi in Gesù. Con Lui, nostro fratello, “riconosciamo in ogni uomo un fratello, in ogni donna una sorella”. Per questo, “animati da questa comunione universale”, come credenti, “possiamo collaborare senza paura con ciascuno per il bene di tutti: senza chiusure, senza visioni escludenti, senza pregiudizi”.

Come cristiani siamo chiamati a un amore senza frontiere e senza limiti, segno e testimonianza che si può andare oltre i muri degli egoismi e degli interessi personali e nazionali; oltre il potere del denaro che spesso decide le cause dei popoli; oltre gli steccati delle ideologie, che dividono e amplificano gli odi; oltre ogni barriera storica e culturale e, soprattutto, oltre l’indifferenza: quella cultura dell’indifferenza che, purtroppo, è quotidiana. Possiamo essere fratelli tutti, e dunque possiamo e dobbiamo pensare e operare come fratelli di tutti.

Non utopia irrealizzabile, ma sogno possibile: quello di Dio

Quella della fraternità universale, “può sembrare un’utopia irrealizzabile” ammette il Papa, che invita però a credere invece “che sia un sogno possibile, perché è lo stesso sogno del Dio uno e trino”. Con il suo aiuto, questo sogno “può cominciare a realizzarsi anche in questo mondo”.  Un grande compito, quello “della costruzione di un mondo più solidale, giusto ed equo”.

Per un credente non è qualcosa di pratico staccato dalla dottrina, ma è dare corpo alla fede, a lode di Dio, amante dell’uomo, amante della vita. Sì, cari fratelli e sorelle, il bene che fate ad ogni uomo sulla terra rallegra il cuore di Dio nei cieli.