Fausta Speranza – Città del Vaticano
Sono tanti gli argomenti al centro della riunione del Consiglio europeo ieri e oggi a Bruxelles. E’ l’ultimo vertice cui partecipa Angela Merkel come cancelliera della Germania, il 107esimo della sua carriera. All’ordine del giorno compaiono tutti temi per i quali si cercano strategie comuni o maggiore coordinamento: pandemia, crisi dei prezzi energetici, dossier migranti, commercio e transizione digitale. E c’è poi il dibattito aperto in tema di diritto comunitario.
Sullo sfondo del vertice il caso Polonia
I media presentano un’Unione europea spaccata sulla vicenda che riguarda la Polonia, cioè i vari ricorsi presentati dal 2018 dalla Commissione europea alla Corte Ue a proposito della riforma della magistratura decisa da Varsavia. L’ultimo, presentato nella scorsa primavera, è nei confronti della Corte costituzionale di Varsavia, che, dopo aver confermato in questi anni la legittimità delle misure del governo nell’ambito della giustizia e della magistratura, a inizio ottobre ha decretato che alcuni articoli dei Trattati europei sono “incompatibili” con la Costituzione dello Stato polacco, aggiungendo che le istituzioni comunitarie “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”. Ieri, mentre si riuniva il Consiglio dei capi di Stato e di governo, l’Europarlamento in seduta plenaria ha approvato con 502 voti favorevoli, 153 contrari e 16 astensioni, una risoluzione in cui si “deplora profondamente” il pronunciamento della Corte costituzionale polacca del 7 ottobre 2021, “in quanto attacco alla comunità europea di valori e leggi nel suo complesso”, e si afferma che il Tribunale è stato trasformato “in uno strumento per legalizzare le attività illegali delle autorità”. Mercoledì scorso, di fronte agli eurodeputati sono intervenuti la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro di Varsavia, Mateusz Morawiecki. La presidente della Commissione europea ha sottolineato che in discussione c’è il primato del diritto comunitario, ma che in ballo c’è lo stato di diritto. Secondo la von der Leyen, si intravede una sfida diretta all’unità dell’ordinamento giuridico e ad un “pilastro essenziale” dell’Ue, che “mette a rischio la democrazia europea”. Di ricatto e di sovranità rivendicata ha parlato Morawiecki.
L’appello all’unità
“Una valanga di cause legali alla Corte di giustizia europea non è la soluzione al problema dello stato di diritto” nell’Unione europea. E’ quanto ha dichiarato la cancelliera tedesca, Angela Merkel, riferendosi al confronto in atto tra Bruxelles e la Polonia prima dell’inizio del vertice dei leader Ue a Bruxelles. La questione – ha osservato Merkel – è “come i singoli Stati membri immaginano che sia l’Unione europea, un’Unione sempre più integrata” oppure fatta da “più Stati nazionali”, e “questo non è certamente solo un problema tra la Polonia e la Ue”. Secondo la cancelliera, la Conferenza sul futuro dell’Europa è “un buon luogo” per discuterne. Si tratta della piattaforma di confronto anche con i cittadini che sarebbe dovuta iniziare il 9 maggio 2020, ma che, a causa della pandemia di COVID-19, ha preso il via il 9 maggio 2021, 71 anni dopo la dichiarazione di Schuman.
Le questioni giuridiche
Di punti nevralgici delicati di una costruzione europea sempre in fieri, che toccano la questione della Polonia e non solo, abbiamo parlato con Francesco Tufarelli, docente di Scienza dell’Amministrazione all’Università Guglielmo Marconi e presidente del network di studi Europolitica:
La prima “debolezza” – spiega Tufarelli – è che il diritto europeo non copre tutto lo scibile dei Paesi e questo accade perché in Europa al momento di unirsi i Paesi avevano già una significativa storia moderna alle spalle e forti Costituzioni nazionali. Non si può parlare di federazione, come nel caso degli Stati Uniti, per vari motivi e essenzialmente anche proprio perché gli Stati Uniti nascono in sostanza nel momento in cui si fondono realtà recenti e non organizzate come invece gli Stati europei. E’ una caratteristica che presenta debolezze, ma è anche la ricchezza dell’Ue che ha al suo interno Paesi che non hanno scelto la federazione, ma un’unione nella diversità. Si tratta di accordi tra Paesi che hanno ognuno una legislazione con una storia importante che nessuno ha voluto o vuole cancellare. Non può che trattarsi, dunque, di un lento processo di confronto e armonizzazione del diritto in una situazione in cui pesa il fatto che da una parte ci sono Costituzioni nazionali e dall’altra Trattati. E Tufarelli ricorda altri casi di confronto, per esempio quello con la Corte costituzionale tedesca anni fa. Il rischio – mette in luce lo studioso – è che il dibattito, che deve essere portato avanti sul piano giuridico più proprio, balzi alle cronache come caso politicizzato, e dunque esasperato nei toni e nelle possibili conseguenze. In ogni caso, la problematica esiste – ammette Tufarelli – e va affrontata cercando di costruire piani di incontro oltre che di confronto e ricordando che la costruzione europea non può essere un percorso continuo solo sul piano economico, ma appunto deve esserlo anche sul piano giuridico, affrontando – afferma – materia per materia, come alcune questioni legate allo stato di diritto. Anche se – ribadisce Tufarelli – i valori fondanti sono chiari, come quelli democratici, rimangono spazi di interpretazione da affrontare.
Una questione che affonda le radici nella mancata adozione di una Costituzione europea sostituita piuttosto da Trattati, come sottolinea il costituzionalista Fulco Lanchester:
Il costituzionalista spiega che agli inizi del 2000 ci si è fermati a un trattato rinunciando alla Costituzione, che avrebbe significato superare l’elemento del diritto internazionale pubblico, cioè avrebbe comportato quel salto di qualità in grado di regolare davvero i rapporti tra sovranità nazionali e struttura comunitaria, tra centro e periferia. Secondo Lanchester sarebbe il momento di porsi l’obiettivo di questo salto di qualità, importante per evitare altre discussioni e altre eventuali ipotesi di uscita di altri Stati membri, come quella avvenuta con la Brexit.