Marta Titaniec e don Piotr Studnicki
In Polonia, la Chiesa è entrata nel XXI secolo con il sentimento del successo raggiunto e dell’orgoglio. Questo sentimento aveva i suoi motivi nella storia remota e più recente della Polonia. Fino al 1918, per ben 123 anni in cui lo Stato polacco, spartito tra le potenze confinanti, fu cancellato, la Chiesa cattolica aveva costituito per i polacchi il baluardo della libertà ed aveva contribuito alla sopravvivenza della lingua e la cultura della nazione, ed anche alla speranza dell’indipendenza. Nel periodo della Seconda Guerra mondiale, non mancarono atteggiamenti eroici di molti sacerdoti e laici cattolici.
Dopo il 1945, quando la Polonia si trovò nella zona d’influenza dell’Unione Sovietica, la Chiesa fu vicina alla gente, cercando di preservare autonomia e rivendicare la dignità e i diritti dell’uomo. In questo contesto crebbe Karol Wojtyła – san Giovanni Paolo II. I pellegrinaggi del Papa in Polonia contribuirono al risveglio spirituale dei polacchi, stimolarono la crescita del senso di unità nazionale e rafforzarono il ruolo della Chiesa nella vita sociale polacca. Nell’Europa, dove da molti decenni era in atto un processo di secolarizzazione, la Polonia rimaneva un Paese in cui i battezzati costituivano oltre il 90% della popolazione, di cui quasi metà praticava regolarmente, e i seminari si riempivano di candidati al sacerdozio. L’autorità morale di un sacerdote era indiscussa nella società polacca.
Questa legittima sensazione di successo e di orgoglio ha reso difficile misurarsi con la verità degli abusi sui minorenni commessi da membri del clero. Infatti, è stato difficile ammettere, prendere coscienza che nella medesima Chiesa, avvenissero anche dei crimini così terribili contro i minorenni. Perciò le prime notizie dei media sugli abusi sessuali contro minori compiuti dai membri del clero suscitarono tra i sacerdoti e i laici in Polonia un’istintiva reazione difensiva. Furono trattate come un attacco dei media nemici ed un’ennesima espressione della lotta contro la Chiesa, ben nota dai tempi del comunismo.
Catalizzatori di necessari cambiamenti
Un colpo tremendo per l’opinione pubblica furono le storie, rivelate dai media, dei due sacerdoti polacchi che lavoravano nella Repubblica Dominicana: il nunzio apostolico e un missionario, accusati di molestare sessualmente i minorenni (2013). Sono stati un autentico terremoto i film dei fratelli Sekielski pubblicati su YouTube: “Però non dirlo a nessuno” (2019) e “Giocare a nascondino” (2020). Oggi bisogna onestamente riconoscere che la voce dei giornalisti ha costituito un fattore fondamentale che ha mobilitato la Chiesa in Polonia nel misurarsi con il male dell’abuso sessuale.
Fattori non meno importanti che hanno influito sul cambiamento dell’approccio della Chiesa al dramma degli abusi sessuali sui minori sono state le decisioni della Santa Sede e le trasformazioni in atto nella Chiesa. Lo dimostrano due esempi. Il primo è la storia della redazione di un documento che definisse le regole dei procedimenti diocesani in Polonia nei casi di accuse contro un sacerdote di abuso sessuale. La prima versione del documento fu approvata dall’Episcopato polacco già nel 2009, ma le regole erano di natura riservata, non erano rese pubblico. Soltanto in risposta alla raccomandazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2011, la Conferenza episcopale polacca ha adottato nell’ottobre 2014, e pubblicato due documenti che tuttora tracciano la linea d’azione della Chiesa in Polonia.
Un altro esempio riguarda i delegati per la protezione dei bambini e adolescenti, responsabili della ricezione delle denunce. Sebbene i delegati siano stati nominati dai vescovi e superiori generali degli ordini religiosi già verso la fine del 2014, negli anni seguenti i dati per contattarli non risultavano ancora pubblicati sui siti web ufficiali di molte diocesi e diversi ordini religiosi. La pubblicazione di questi dati è diventata uno standard generale soltanto nel 2019, quando motu proprio “Vos Estis Lux Mundi” di Papa Francesco è entrato in vigore.
Le statistiche della vergogna
Verso la fine del 2018 la Conferenza episcopale polacca (KEP) ha deciso di portare a termine le prime indagini statistiche iniziate nel 2014. Il rapporto elaborato e pubblicato in marzo 2019 ha mostrato che nel periodo dal 1° gennaio 1990 al 30 giugno 2018, 382 sacerdoti e religiosi sono stati accusati di abusi sessuali sui minori sotto i 18 anni. L’indagine ha rivelato che, dal 1950 fino alla metà del 2018, la Chiesa sapeva di almeno 661 persone minorenni abusate sessualmente. Il rapporto ha dimostrato pure che il numero di segnalazioni è cresciuto con il passare degli anni. Ma la vera ondata delle rivelazioni è stata evidenziata nel successivo rapporto pubblicato nel giugno 2021. Nel periodo di 2,5 anni preso in esame (1° luglio 2018 al 31 dicembre 2020), erano giunte 368 denunce riguardanti abusi sessuali sui minorenni che accusavano 292 sacerdoti e religiosi e riguardavano fatti accaduti negli anni 1958-2020.
Presentando il rapporto, l’arcivescovo Wojciech Polak, primate di Polonia e delegato della KEP per la protezione dell’infanzia e della gioventù, si è rivolto direttamente a tutte le vittime e a tutte le persone scandalizzate dal male perpetrato nella Chiesa, ancora una volta chiedendo loro perdono. Ha detto, tra l’altro: “Ascoltando le storie delle persone traumatizzate dagli abusi sessuali perpetrati dai sacerdoti, secolari e regolari, da un lato sentiamo una grande vergogna, un immenso dolore e compassione. Dall’altro siamo grati ed esprimiamo il nostro rispetto per coloro che hanno deciso di raccontare il male subito rivelando le proprie traumatiche storie, spesso solo dopo anni”.