Piazza San Pietro: i bambini di Roma e i piccoli rifugiati con la marionetta Amal

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
 

“La piccola Amal ci dice che ci sono tanti bambini senza famiglia che camminano sulle nostre strade e cercano le loro famiglie, la loro educazione, formazione, il loro futuro. Ma noi non li vediamo, non vogliamo vederli”. E Aggiunge “Per favore, non dimenticatevi di noi, del nostro dolore. Non siamo bambini di varie nazionalità, siamo solo bambini, e abbiamo il diritto di vivere in un mondo diverso, accolti, accuditi. Non possiamo essere vittime delle guerre dei grandi”. Sono le voci del cardinal Michel Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale e di monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare delegato per la Carità, per i migranti e per la pastorale dei Rom e dei Sinti della diocesi di Roma, che parlano a 200 bambini e ragazzi di Roma e minori rifugiati a nome della marionetta Amal, in Piazza san Pietro, prima dell’incontro col Papa nel cortile di San Damaso.

Amal in viaggio dal confine turco-siriano al Regno Unito

Il cardinal Czerny da’ il benvenuto ad Amal, alta 3,5 metri e manovrata all’interno da un burattinaio e all’esterno da altri due, vicino al monumento “Angels Unawares”, la scultura in bronzo che raffigura un gruppo di migranti all’interno del colonnato del Bernini. “Cara Amal, puoi riposarti nella tenda – quella preparata dagli scout del gruppo Roma 51 – ma presto riprenderai il tuo cammino”. Infatti il festival itinerante The Walk, che accompagna Amal, è partito da Gaziantep, vicino al confine turco-siriano, e percorrendo più di 8 mila chilometri, arriverà a Manchester, nel Regno Unito, con la grande marionetta che raffigura una giovane rifugiata di circa 9 anni, e che rappresenta idealmente tutti i bambini sfollati, molti dei quali separati dai loro genitori.

Czerny: aiutare i minori soli a trovare un posto nelle comunità

“L’accoglienza trasforma – spiega ancora il porporato gesuita – come testimoniano tante comunità e famiglie che hanno preso su di loro la cura ‘dello straniero’, soprattutto coloro che si occupano di minori sradicati dalle loro famiglie, dalle loro comunità, dalle loro aspirazioni, che devono contare su sconosciuti di buona volontà che li proteggano” per diventare le persone che Dio ha voluto fossero e per prendere il loro posto nelle comunità che li accolgono. “L’integrazione – aggiunge Czerny – è un processo bidirezionale, con riconoscimento e diritti e doveri reciproci, complesso, a volte accidentato, ma il cui obiettivo deve essere sempre il raggiungimento dello sviluppo umano integrale dei nuovi arrivati come di chi accoglie, specialmente dei più vulnerabili”. Ecco come il cardinale Michel Czerny da’ poi voce alla “piccola Amal”, parlando a Vatican News:

Ascolta l’intervista al cardinale Michael Czerny

Eminenza cosa dice Amal agli europei che vedono arrivare tutti questi bambini anche senza famiglia qui in Europa?

Amal è fortunata perché è alta più 3 metri e così è molto visibile. Lei dice che ci sono tanti bambini senza famiglia che camminano e cercano le loro famiglie, la loro educazione, formazione, il loro futuro. Ma noi non li vediamo, non vogliamo vederli e Amal ci ricorda che bisogna aprire gli occhi e il cuore per accoglierli. Questo è il primo passo indispensabile

Dal vostro osservatorio, vedete che i cristiani d’Europa stanno facendo questo, stanno cominciando ad accogliere, hanno capito?

Ci sono tante istanze di accoglienza, grazie a Dio. Purtroppo questi buoni esempi non arrivano ai mass media e così l’Europa dà a se stessa un’immagine o un impressione più negativa del necessario, perché non è così. Bisogna allora di nuovo aprire il cuore e gli occhi per percepire come la Chiesa e tanti altri vogliono accogliere e siamo disposti ad accogliere. Soprattutto le parrocchie e le associazioni cristiane, le altre ong possono fare non soltanto il buon lavoro di accoglienza, e carità, ma anche di pubblicità, di comunicare la buona e importante notizia che Amal ci porta.

Ambarus: non dimentichiamoci del dolore di questi bambini

In piazza, dopo il cardinal Czerny, monsignor Benoni Ambarus, nato in Romania e arrivato a Roma a 22 anni, che è stato anche direttore della Caritas capitolina, parla ai bambini a nome di Amal, “che non sa l’italiano”. La fontana vicino al monumento ai migranti, “si potrebbe riempire di lacrime”, spiega, perché “nella mia vita ho versato tante lacrime, per questo mi sono messa in viaggio, e dal confine turco-siriano arriverò a Birmingham, perché sto cercando mia mamma”. Abbiamo tutti una famiglia, e quando non ci sono i genitori siamo un po’ tristi, prosegue Amal-Benoni, figuriamoci poi quando perdiamo tutto. “Io ho perso anche la casa, non ho più niente. Vorrei però che non fosse un’accoglienza solo per me, ma per i milioni di bambini e di ragazzi, in giro per il mondo, che sono rimasti senza famiglia e senza niente”. Ma, conclude, non voglio raccontarvi solo il mio dolore, ma anche la mia speranza: “trovare la mamma, come tutti quelli che sono senza famiglia.

A Roma, nelle parrocchie, tanti laboratori di accoglienza

E saluta le parrocchie romane di sant’Eligio, san Vigilio, san Filippo Neri, i ragazzi dei Centri di Ascolto della Caritas, gli scout e la famiglia scalabriniana, che con i bambini più piccoli preparano tanti aquiloni dal far volare. Poi risponde alle domande di Vatican News:

Ascolta l’intervista a monsignor Benoni Ambarus

Eccellenza, cosa dice Amal ai bambini, ma anche alle famiglie di Roma che l’hanno accolta?

Dice una cosa molto semplice: per favore, non dimenticatevi di noi, del nostro dolore. Non ci sono bambini di varie nazionalità o di vari status o di vari ceti sociali ci sono bambini. Noi siamo bambini e abbiamo il diritto di vivere, di vivere in un mondo diverso, accolti, accuditi. Non possiamo essere vittime di guerre, di conflitti dei grandi, abbiamo bisogno di essere accolti. Soltanto questo chiede Amal.

Sono già arrivati piccoli rifugiati dall’Afghanistan nelle strutture di Roma? E come potrà esserci un’integrazione anche grazie proprio alle parrocchie e alle famiglie di Roma?

Le parrocchie hanno un grandissimo potenziale, una grandissima ricchezza, che non sono i soldi, ma le relazioni. Quando si uniscono le persone insieme, nel Vangelo Gesù dice “Se due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, ecco mi piace immaginare che “Io sono in mezzo a loro” significa che sia è il Signore vivo, Cristo Risorto, sia è presente attraverso la persona accolta è presente. Quindi le parrocchie mettono a disposizione questa grandissima ricchezza. In questo modo, poi, parte il processo anche di integrazione.

Già lo stanno facendo per i migranti che sono arrivati in passato? E’ già un’esperienza avviata?

C’è un bellissimo laboratorio di accoglienza nelle parrocchie: molte parrocchie, istituti religiosi, che in questi ultimi anni hanno dato disponibilità, si sono messi in discussione. Certo è da allargare sempre di più questo laboratorio di accoglienza, però è in atto una cosa molto bella, molto generosa.