Antonella Palermo – Città del Vaticano
Questa mattina, Francesco ha ricevuto in Vaticano i partecipanti al capitolo generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, comunemente detti Clarettiani, un gruppo di un centinaio di persone da tutto il mondo, in rappresentanza dei quasi tremila appartenenti all’Istituto. Ad accompagnare i membri del Capitolo – che ha rieletto come superiore generale padre Mathew Vattamattam – il cardinale Aquilino Bocos Merino.
Testimoni e adoratori: due dimensioni che si alimentano reciprocamente
Riprendendo il tema del capitolo “Radicato e audace”, il Papa ha chiarito il presupposto fondamentale per aderire a questo stile: una vita di preghiera e di contemplazione. E’ questo connubio che “permette di contemplare lo Specchio, che è Cristo, per diventare voi stessi uno specchio per gli altri”, dice il Pontefice. E sottolinea:
Se volete che la vostra missione sia veramente feconda, non potete separare la missione dalla contemplazione e da una vita di intimità con il Signore. Se volete essere testimoni, non potete smettere di essere adoratori. Testimoni e adoratori sono due parole che si incontrano nel cuore del Vangelo: “Li chiamò per essere con lui e per mandarli a predicare” (Mc 3,14). Due dimensioni che si alimentano reciprocamente, che non possono esistere l’una senza l’altra.
A braccio Francesco ha aggiunto quanto sia triste quando incontriamo uomini e donne consacrati che sanno solo per sentito dire. Racconta della necessità di lasciarsi cercare nella preghiera, “nel perdere tempo davanti al Signore”. La noia o il troppo lavoro – sottolinea ancora il Papa – non possono essere un ostacolo all’incontro con lo sguardo di Dio. Il Papa si lascia andare a una similitudine eloquente: se non siamo mai coscienti della nostra fragilità e ci mostriamo come i “Tarzan” dell’apostolato, invincibili, non sarà mai possibile che Dio manifesti la sua potenza.
Usare il Vangelo come vademecum, non come ideologia
Papa Francesco cita le Costituzioni generali della Congregazione, laddove si descrive il tratto saliente del clarettiano che “arde di carità e ovunque passa brucia” e invita a rinnovare questo slancio, questa solerzia a lasciarsi bruciare dall’amore del Signore lasciando che sia Lui l’unica sicurezza. “Questo vi permetterà di essere uomini di speranza”, dice il Papa, della speranza che non delude e non conosce paura. Ciò di cui aver paura – precisa – è di cadere in quella che definisce “schizofrenia” spirituale, nella mondanità spirituale che porterebbe a contare solo sui propri “carri” e “cavalli”, sulle proprie forze, credendosi i migliori, a cercare ossessivamente il benessere, il potere (cfr. Evangelii Gaudium, 93). Gesù deve restare il criterio guida della vita e delle scelte missionarie, scandisce Francesco, ricordando che non si può convivere con lo spirito del mondo e pretendere di servire il Signore. E poi ancora riporta ad orientare l’esistenza sulla base dei valori del Vangelo:
Non utilizzate mai il Vangelo in modo strumentale, come ideologia, ma piuttosto come un vademecum, lasciandovi orientare in ogni momento dalle opzioni del Vangelo e dall’ardente desiderio di “seguire Gesù e imitarlo nella preghiera, nella fatica,… e nel cercare sempre e solo la gloria di Dio e la salvezza delle anime” (P. Claret).
Il Papa, procedendo ancora a braccio, aggiunge che “la mondanità spirituale è tremenda, perché ti trasforma dall’interno”. E racconta di quanto sia rimasto colpito leggendo le “Meditazioni sulla Chiesa” di Padre Lubac, laddove dice che è il peggiore male che possa capitare alla Chiesa.
La missione sia “di vicinanza”, non stando alla finestra
E’ dunque dal radicamento nel Vangelo che nasce l’audacia missionaria, necessaria alla vita consacrata. Questa, osserva il Papa, “ha bisogno di anziani che resistano all’invecchiamento della vita e di giovani che resistano all’invecchiamento dell’anima”. Da qui l’invito ulteriore di Francesco a uscire, andando dove nessuno vuole andare, dove c’è bisogno della luce del Vangelo, lavorando fianco a fianco con la gente:
La vostra missione non può essere “a distanza”, ma di vicinanza, di prossimità. Nella missione non potete accontentarvi di stare a guardare dalla finestra, di osservare con curiosità da lontano. Possiamo guardare dalla finestra la realtà o impegnarci per cambiarla. Sull’esempio di Padre Claret, non potete essere semplici spettatori della realtà. Partecipate ad essa, per trasformare le realtà del peccato che incontrate lungo il cammino. Non siate passivi dinanzi ai drammi che vivono molti dei nostri contemporanei, piuttosto impegnatevi fino in fondo nella lotta per la dignità umana e il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Il Papa invita inoltre a rileggere la storia del carisma clarettiano, a riempirsi della sua linfa alla luce della Parola e dei segni dei tempi, e usa una metafora: “La vita consacrata è come l’acqua, se non scorre imputridisce”. Ne nascerà allora “una vita profetica che renderà anche possibile risvegliare e illuminare il mondo”.
Concentrarsi sull’essenziale, uno dei frutti della pandemia
La speranza che Papa Francesco esprime ai Clarettiani è una vita svuotata da tanto torpore e da tante paure “che, se non siamo attenti, ci impediscono di essere all’altezza dei tempi e delle circostanze che richiedono una vita consacrata audace e coraggiosa, una vita religiosa libera, liberata e liberatrice a partire dalla nostra precarietà”. Il Pontefice ripete ancora che è Gesù la vera sicurezza:
Credo che questo potrebbe essere uno dei migliori frutti di questa pandemia che ha messo in discussione tante nostre false sicurezze. Spero anche che il Capitolo vi abbia portato a concentrarvi sugli elementi essenziali che definiscono la vita consacrata oggi: la consacrazione, che valorizzi la relazione con Dio; la vita fraterna in comunità, che dia priorità alla relazione autentica con i fratelli; e la missione, che vi porta ad uscire, a deconcentrarvi per andare incontro agli altri, soprattutto ai poveri, per condurli a Gesù.
Francesco ha concluso ribadendo anche in questa circostanza un aspetto che gli sta particolarmente a cuore: non trascurare il senso dell’umorismo. “E’ una grazia della gioia – dice – e la gioia è una dimensione della santità”.