Fausta Speranza – Città del Vaticano
L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Jan Kubis, ha esortato le autorità del Paese a “non perdere tempo” e a compiere gli ultimi passi utili per permettere lo svolgimento delle elezioni presidenziali e legislative previste il 24 dicembre prossimo. Lo ha fatto da Algeri, dove si svolge un vertice al quale partecipano i Paesi confinanti con la Libia. “Il governo di unità nazionale ha trovato le risorse necessarie per l’organizzazione delle elezioni, ma serve anche un quadro giuridico il prima possibile”, ha spiegato Kubis.
Il vertice regionale sotto l’egida dell’Onu
La riunione dei ministri degli Esteri di Tunisia, Egitto, Sudan, Niger, Ciad è in programma il 31 agosto e il 1 settembre ad Algeri. Tra gli altri partecipanti ci sono il ministro congolese degli Esteri, Jean-Claude Gakosso, in rappresentanza del presidente Denis Sassou-Nguesso che guida il Comitato di alto livello dell’Unione africana sulla Libia; il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit; oltre al rappresentante del Segretario generale dell’Onu in Libia, Jan Kubiš. Si discute, tra le altre questioni, delle prossime elezioni e delle sfide della sicurezza nella regione.
Le intenzioni del governo libico e la posta in gioco
“Questo incontro – si legge in una nota del ministero degli Esteri di Tripoli – è un’opportunità per tenere maggiori consultazioni e coordinamento sugli ultimi sviluppi in Libia, i mezzi per sostenere l’iniziativa di stabilità libica, lanciata dal ministro degli Esteri libico Najila al-Mangoush, durante la 2a Conferenza di Berlino, per porre fine a qualsiasi ingerenza negli affari interni della Libia, nell’ambito di un processo per lo svolgimento di una conferenza internazionale, presieduta e organizzata dalla Libia, alla quale parteciperanno tutti gli attori regionali e internazionali del dossier libico”. “Questa conferenza – si aggiunge nel comunicato – mira a raggiungere sicurezza e stabilità su tutto il suolo libico, a unificare le istituzioni sovrane dello Stato, in particolare quelle militari e di sicurezza, per arrivare alle elezioni nel calendario preciso”. Il voto previsto tra meno di quattro mesi è stato definito il primo risultato concreto del dialogo inter-libico. Si tratta di evitare l’internazionalizzazione del conflitto e di risparmiare ai libici un’eventuale divisione in due parti: a est la Cirenaica, che concentra quasi tutte le ricchezze del Paese, e a ovest la Tripolitania. Sul piano economico, si prevede per la ricostruzione della Libia un costo stimato dalla Banca mondiale di 200 miliardi di dollari con una durata dei lavori di 10 anni.
Le tappe del processo di pacificazione
La sottoscrizione dell’accordo di cessate il fuoco a Ginevra il 23 ottobre 2020, l’inizio della riunificazione delle istituzioni statali e la creazione di un governo di unità nazionale nel marzo 2021 sono state le tappe centrali di un processo di pacificazione dopo anni di scontri. Tre anni dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, la Libia è diventata teatro di un conflitto tra il governo basato nell’Ovest del Paese e riconosciuto dall’Onu e le forze fedeli all’autoproclamato “maresciallo” Khalifa Haftar, uomo forte dell’Est. Nel giugno del 2020, la sconfitta alla “battaglia di Tripoli” delle truppe di Haftar, sostenute da Emirati Arabi Uniti (Eau), Egitto, Russia e Francia da parte delle milizie armate dalla Turchia e dal Qatar è stato il primo punto di svolta. Ha portato le due parti, sotto le pressioni internazionali, a un cessate il fuoco, a formare il Governo di transizione d’unità nazionale e a raggiungere l’accordo sull’organizzazione di elezioni libere.
Sul piano diplomatico, il 23 giugno 2021 si è tenuta la seconda Conferenza di Berlino sulla Libia dopo la prima a fine gennaio 2020. Un processo lanciato dalla Germania per sostenere gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite a favore di una conclusione del conflitto libico. Tre temi principali sono stati toccati: la messa in atto della tabella di marcia adottata dal Forum di dialogo politico libico in vista delle elezioni, l’adozione rapida di un quadro giuridico per queste ultime e l’entrata in vigore integrale dell’accordo di cessate il fuoco, compreso il ritiro dei combattenti stranieri.
Sullo sfondo l’emergenza migranti
Le condizioni di vita dei migranti, già catastrofiche, sembra sia sino purtroppo aggravate in seguito al cessate il fuoco. Nel rapporto pubblicato il 15 luglio 2021 da Amnesty International, emerge che le persone migranti originarie dell’Africa subsahariana sono confrontate con “una recrudescenza delle violenze e dei rapimenti da parte dei trafficanti”. Questi ultimi, perdendo i loro introiti legati alla guerra, si sono rifatti sui e sulle migranti, fa notare il documento.