Uganda, verso le elezioni. L’appello dei vescovi: no a violenze e abuso di potere

Vatican News

Isabella Piro – Città del Vaticano

Urne aperte, in Uganda, il 14 gennaio, per le elezioni generali. In vista della tornata elettorale, la Conferenza episcopale nazionale (Uec) ha diffuso una Lettera pastorale suddivisa in 58 punti e intitolata “Beati gli operatori di pace”, in cui richiama l’attenzione su alcune questioni primarie da “affrontare con urgenza”, pena “la credibilità dell’intero processo elettorale e l’esito stesso delle consultazioni”.

La gestione dei risultati del voto

Invocando, in primo luogo, la necessità di un voto “libero, giusto e credibile”, i presuli si dicono preoccupati dell’eventuale “mala gestione dei risultati elettorali”, definendola “una delle più grandi sfide del Paese, nonché tra le principali cause di violenza”. In passato, infatti, si sono verificati veri e propri “bagni di sangue” post-elettorali e “le cicatrici di quelle violenze sono ancora vive”. Ciò nonostante – deplorano i presuli – gli ugandesi “invece di imparare da simili errori, sembrano ricaderci di nuovo”. Di qui, l’appello dell’Uec a tutte le parti in causa affinché “permettano alla volontà del popolo di prevalere”. “Ricordate che il comandamento ‘Non rubare’ vale anche per il furto dei voti”, incalzano i vescovi.

La politica non è un modo per fare soldi 

Una seconda preoccupazione della Chiesa ugandese riguarda “la compravendita delle preferenze”, poiché “alcuni candidati hanno speso somme di denaro colossali con la speranza di recuperare quelle somme vincendo le consultazioni”. Ma “la politica non è un’impresa per fare soldi – ammonisce l’Uec –. Tuttavia, con nostro grande disappunto, la situazione è peggiorata e mette a rischio le buone iniziative avviate in diversi settori per valorizzare la governance democratica nazionale”. Al contempo, i vescovi mettono in guardia dai “finanziamenti illeciti” delle elezioni ed incoraggiano i partiti e i loro leader alla responsabilità, perché “un eccesso di denaro può creare un ingiusto squilibrio tra gli attori politici”.

La scarsa formazione e informazione dei cittadini

Altro punto critico evidenziato dalla Chiesa cattolica di Kampala è “l’inadeguata formazione civica degli elettori”, una mancanza che è “in parte responsabili dei molti voti non validi già alle consultazioni del 1996”. “La Commissione elettorale non ha intrapreso attività formative tempestive e complete – spiegano i vescovi – e ciò potrebbe portare ad una limitata consapevolezza tra gli elettori sia sul sistema di voto, sia sui loro doveri civici”. Non solo: il Paese, attualmente, sta sperimentando “un uso limitato dei mass-media a causa delle restrizioni provocate dalla pandemia da Covid-19” e ciò è preoccupante perché “permette ad alcuni candidati” di agire impunemente, “violando in continuazione le linee-guida” stabilite dalle autorità. La Lettera pastorale esprime la disapprovazione dei vescovi anche per gli attacchi perpetrati contro i giornalisti e i membri delle organizzazioni della società civile, episodi che “alimentano il fuoco in una situazione già critica”.

Atti di abuso di autorità rimasti impuniti

Tra le ulteriori preoccupazioni evidenziate dalla Chiesa cattolica c’è anche “la violazione della pace e dei diritti delle persone”: a novembre 2020, infatti, numerose proteste hanno scosso il Paese, a seguito dell’arresto di Bobi Wine, candidato alla presidenza per conto della Piattaforma dell’Unità Nazionale. Negli scontri tra le forze di sicurezza e la popolazione, sono morte oltre settanta persone, molte altre sono rimaste ferite e i danni materiali sono stati notevoli. “Ciò che ci preoccupa di più – afferma l’Uec – è il fatto che molte delle vittime sono morte o sono rimaste ferite nelle mani delle forze di sicurezza che hanno il compito di proteggere la vita e le proprietà dei cittadini. Lo consideriamo un abuso di autorità”. Ma nonostante tutto ciò, “sia gli innocenti che i colpevoli non hanno ancora ottenuto giustizia”.

L’appello alle autorità al buon governo del Paese

Di qui, il richiamo dei vescovi ugandesi alle autorità, affinché esercitino il loro ruolo “in un modo non solo moralmente irreprensibile, ma anche meglio pensato per garantire o promuovere il benessere dello Stato e dei cittadini”. Di fronte alle avversità, infatti, “lo Stato deve dar prova di moderazione, ben sapendo che un regime che governa solo o principalmente per mezzo di minacce e intimidazioni o promesse di ricompensa, non fornisce agli uomini alcun incentivo efficace per lavorare per il bene comune e la pace”. Forte inoltre il richiamo della Chiesa a salvaguardare “i principî democratici” sanciti dalla Costituzione, la quale “garantisce il diritto di ogni cittadino ad eleggere i propri leader attraverso il voto, e dà mandato alla Commissione elettorale di organizzare elezioni libere ed eque dove tale diritto può essere esercitato”.

Auspicato l’impegno responsabile di tutti in vista del voto

E ancora: i vescovi di Kampala si dicono preoccupati per “l’intolleranza”, “la discordia nei partiti politici”, “la corruzione”, “le intimidazioni”, “l’uso di un linguaggio offensivo e dispregiativo tra i candidati”, “lo scarso impegno nel coinvolgere i giovani” all’interno del processo elettorale e “l’inadeguata applicazione delle procedure standard anti-Covid”. Di qui, l’auspicio di “una gestione efficace del processo elettorale” futuro, ottenibile se “la Commissione elettorale sarà imparziale, stabilirà programmi di collaborazione e di educazione degli elettori e coinvolgerà tutti gli attori politici”. Anche le forze di sicurezza vengono chiamate in causa affinché garantiscano lo svolgimento del processo elettorale comportandosi “in modo diligente e professionale”. Agli elettori, inoltre, i vescovi chiedono “un forte senso di patriottismo” da esprimere recandosi a votare il prossimo 14 gennaio, mentre al governo i presuli domandano di trovare “il giusto equilibrio” tra il diritto di voto e il diritto alla salute, in tempo di pandemia.

Avviare il dialogo per risolvere le questioni aperte

Infine, ai futuri vincitori delle consultazioni, la Conferenza episcopale ugandese consiglia di “avviare un processo di dialogo nazionale e di riconciliazione”, perché “molte questioni ancora in sospeso nel Paese non possono essere risolte con le votazioni o con un semplice cambiamento di leadership”. La Lettera pastorale si conclude con l’esortazione a tutti ad essere “agenti di pace” e “testimoni coraggiosi dell’amore di Dio verso il prossimo”.