Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Avevano dato un mese di tempo all’Esecutivo perché desse finalmente una risposta “credibile” sugli attentati di Pasqua del 2019. Il mese è passato ma i chiarimenti richiesti dai vescovi srilankesi sulle indagini non sono ancora arrivati. A denunciarlo il cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, che a una conferenza stampa nei giorni scorsi ha espresso tutta “l’insoddisfazione” dell’episcopato per la risposta data dal Presidente Gotabaya Rajapaksa alla missiva inviata a metà luglio per chiedere, appunto, che sia fatta piena luce sugli autori materiali e i mandanti degli attentati del 21 aprile 2019. Gli attacchi – lo ricordiamo – avevano colpito tre chiese e tre hotel del Paese, provocando circa 280 morti e 500 feriti.
La lettera denunciava come a 27 mesi di distanza e a quasi 5 mesi dalla presentazione del Rapporto conclusivo della Commissione presidenziale di inchiesta nominata per indagare sull’accaduto, tutto proceda a rilento e ancora non sono stati processati né i responsabili materiali degli attacchi, né i loro mandanti, né chi avrebbe potuto prevenire le stragi ma non l’ha fatto, “mancando, volontariamente, all’adempimento delle proprie responsabilità”. Di qui l’ultimatum lanciato dai vescovi srilankesi che hanno minacciato di ricorrere ad altre vie per ottenere giustizia e, nello specifico, di rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia.
La risposta del Governo: nasce una nuova Commissione
Per tutta risposta il Governo Rajapaksa ha annunciato la decisione di creare una nuova commissione composta dai membri dell’attuale partito di maggioranza per implementare le raccomandazioni della Commissione presidenziale. Una misura che, secondo i vescovi, non aiuta a portare alla verità. In questo senso si è espresso il Cardinale Ranjith che ha quindi invitato tutti i cittadini srilankesi a issare, il 21 agosto, una bandiera nera davanti alle loro case, negli edifici pubblici e nei mercati come forte gesto di protesta silenziosa. “Non possiamo credere che la verità verrà fuori da una commissione composta da membri di un solo partito politico”, ha affermato l’arcivescovo di Colombo, rimarcando che la lettera del Primo Ministro “non fa alcun cenno” alle azioni intraprese dal Governo e a un’indagine seria sulle “gravi questioni” che sollevate dai vescovi sugli agli attacchi.
Dello stesso tenore un comunicato dell’arcidiocesi di Colombo, secondo il quale “risulta chiaro che dopo tanto tempo l’Esecutivo non è interessato a scoprire la verità. Il Governo ha approfittato politicamente degli attentati di Pasqua e aveva promesso di rivelare entro un mese chi lo ha compiuto, ma i veri assassini devono essere ancora identificati”, aggiunge la nota, avvertendo che attacchi come quello avvenuti nel 2019 “sono ancora possibili in qualsiasi momento” in Sri Lanka.
Dal suo canto, il Governo di Colombo ha sempre respinto ogni accusa di negligenza, ribadendo di avere già arrestato centinaia di persone sospettate di essere coinvolte negli attentati. Il Procuratore generale dello Sri Lanka ha chiesto alla Corte suprema di costituire un tribunale speciale per giudicare 25 sospetti. I capi di imputazione comprendono complotto, favoreggiamento, detenzione di esplosivi e armi, omicidio e tentato omicidio.
Gli attacchi del 21 aprile 2019 furono perpetrati da almeno nove kamikaze, affiliati al gruppo islamista locale National Thowheed Jamath, che si fecero esplodere in tre chiese – quella di Sant’Antonio a Colombo, quella di San Sebastiano a Negombo, e quella evangelica di Sion a Batticaloa – oltre che in diversi alberghi e in un complesso residenziale. Un dramma che vide l’immediata vicinanza di Papa Francesco: nel Messaggio Urbi et Orbi di quella domenica di Pasqua, infatti, il Pontefice deplorò quella violenza “così crudele”, esprimendo “dolore e tristezza per l’accaduto” ed invitando i fedeli alla preghiera per le vittime ed i feriti.