La solennità dell’Assunzione, gloria di Maria

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Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

La solennità dell’Assunzione è una delle quattro festività, insieme alla Natività, all’Annunciazione e alla Purificazione, di origine orientale e giunta in occidente intorno al V-VI secolo.  Tutto ha inizio intorno alla basilica di Eudosia, nei pressi dei Getsemani, dove la tradizione identifica il luogo di sepoltura di Maria. In seguito, l’imperatore Maurizio, a cavallo del VI e VII secolo,  estende a tutto il regno d’Oriente la ricorrenza con il titolo di Koimesis o Dormizione, mentre in occidente la prima menzione delle  festività appare nel VII secolo, durante il papato di Sergio I,  con il nome mutato in Assunzione.
Anche l’iconografia ha esordito in ambito orientale per giungere in Italia attraverso le aree di tradizione greca, prima di tutto il Salento, diffondendosi con ampia fortuna in tutta l’Italia.

Il Transito di Maria 

All’inizio non è l’immagine di Maria che sale al cielo a costituire il centro dell’attenzione, ma il momento della morte, o come viene chiamato, di dormizione, il momento del transitus, del passaggio dalla vita terrena all’eternità di quella celeste.

Nel tempo, l’idea che Maria, tempio dell’incarnazione del Signore, non possa essere corruttibile spinge a concentrare la rappresentazione  nella sua ascesa al cielo tra uno stuolo di angeli, in un crescendo di gloria, ed ecco che dopo il 400 l’immagine di Maria stesa sul suo letto di morte viene via via a diradarsi per lasciare spazio alla rappresentazione della sola sua Assunzione.  

Con la Controriforma, la rappresentazione della Vergine appare al centro di scene luminose dove ogni sforzo pittorico è volto a dare un’immagine quanto più grandiosa e solenne e tali scene riempiono gli ampi spazi delle tele negli altari e nelle volte delle chiese. In questo stesso periodo si moltiplicano anche gli edifici di culto  dedicati a Maria Vergine Assunta.

Precedentemente, le iconografie della Dormizione e dell’Assunzione convivono, divise in due parti a rappresentare due momenti distinti: nel basso la staticità della fine della vita terrena, in alto il dinamismo della salita verso l’immensità dell’eterno.

Appaiono anche numerosi particolari, tratti dalle narrazioni dei testi apocrifi chiamate con il titolo di Transitus Mariae, Transito di Maria, come ad esempio la presenza di un giudeo, Ruben, che, avendo cercato di rovesciare la bara trasportata dagli apostoli dal monte Sion al cimitero nella valle di Giosafat, viene prima punito con il disseccamento improvviso  delle mani e poi, dopo la sua preghiera di pentimento rivolta al Signore, essere miracolosamente risanato. 

Una particolare figurazione è quella che vede al centro Cristo a rompere l’orizzontalità della composizione apparendo in piedi, fermo con l’animula, l’anima della Madre, tenuta teneramente in braccio. In questa variante di ascendenza più antica non è Maria a salire ma il Figlio a scendere a prenderla. A questo proposito, il Transitus Mariae dello Pseudo-Giuseppe di Arimatea, si rivelerebbe importante perché spiegherebbe il motivo per il quale l’episodio della dormizione di  Maria non appare nei Vangeli canonici. Giuseppe racconta infatti come all’apparizione del Cristo tutti caddero a terra dimenticando successivamente quello che era accaduto. L’unico a raccontare l’episodio è lui: un intenso profumo sparso nell’aria, angeli che cantano il Cantico dei cantici e lo splendore insostenibile di Cristo.

Le  numerose narrazioni apocrife testimoniano le diverse varianti iconografiche, dove talvolta gli apostoli sono riuniti  intorno a Maria in preghiera, in altre, come nell’opera del Mantegna a Madrid, è Pietro a officiare le esequie. In alcune i Dodici sono testimoni oculari dell’Assunzione, in altre ancora gli apostoli giungono troppo tardi, a constatare che la tomba è ormai vuota ma ricolma di fiori.

La rappresentazione isolata  di Maria che sale verso il cielo soppianta nel tempo quella della dormizione. Le prime figurazioni mostrano la Vergine in piedi, ferma in bilico sulle nuvole trasportata dagli angeli verso l’alto dove l’aspetta il Figlio, che sovrasta e chiude la composizione. Spesso Maria è protetta dalla mandorla, sulla scia dell’antica vesica piscis, la sottile membrana della vescica del pesce di ascendenza paleocristiana a rappresentare il culmine della sacralità.

In alcune  opere vi è una derivazione del modello iconografico dai racconti apocrifi, mediati dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze: Maria lievita verso l’alto ma lascia penzolare nel vuoto la sua cintura perché Tommaso incredulo possa afferrarla e di nuovo, ancora una volta, credere: un parallelismo chiaro con la sua incredulità mostrata con Cristo (Gv 20, 24-29). Tale rappresentazione darà forma al sogetto della Madonna della Cintola, che troviamo per la prima volta nell’opera di Bernardo Daddi nel duomo di Prato e quindi destinato a riscuotere fortuna specialmente in ambito toscano con le opere ad esempio di Filippino Lippi e Botticelli. 

Il sacro cintolo, reliquia dell’Assunzione

La cintura, il sacro “cingolo” è una reliquia custodita nella cappella omonima del duomo di Prato, affrescata da Agnolo Gaddi.  Viene esposta ai fedeli nel giorno della Natività di Maria, l’8 settembre. 

Il dinamismo dell’opera di Tiziano a Venezia 

Mentre nelle opere viste fino a ora, come quella del Perugino e del Pinturicchio, Maria appare composta e ferma, talvolta seduta in trono, con  Tiziano, nella grandiosa pala d’altare della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari di Venezia, la Vergine fiammeggia nel suo abito rosso e sembra accennare quasi a un passo di danza. Le sue gambe infatti sono incrociate e un piede appena poggiato sulle nuvole, non tanto a voler conferire grazia alla figura quanto  movimento, potenza, energia. Il suo mantello è gonfio di vento, i capelli sono sciolti lunghi sulle spalle, e il volto è acceso di amore e stupore insieme, mentre tende le braccia verso l’alto. Una figurazione che anche a suo tempo destò stupore e attirò qualche critica, ma che nessuno osò togliere dal luogo dove era stato destinato. Questa figurazione ha influenzato l’iconogradia dell’Assunzione successiva, soprattutto nell’arte barocca. 

Dopo Tiziano la rappresentazione della Vergine Assunta si popola di figure quasi concitate: angeli intorno e Apostoli in basso. Il movimento diventa turbinio e sorpresa. Ad esempio nell’opera del Carracci, Maria è letteralmente in volo e obliqua nell’aria come a imprimerle maggiore velocità e leggerezza. E ancora la stupefacente opera del Correggio, nel duomo di Parma è un vortice, una centrifuga di figure dove quasi si stenta a distinguere la figura della Madonna. Prospettive ardite che  destano stupore e sperimentano nuovi modi di rappresentare la vertigine del mistero. 

Maria tramite tra Dio e l’uomo

Cristo era risorto e anche maria era andata a raggiungere il Figlio lasciando la sua tomba vuota. Entrambi compiono un movimento, tuttavia l’Assunzione della Vergine ha un significato profondamente diverso dall’Ascensione. L’Ascensione è intrinsecamente attiva, è un movimento verso l’alto compiuto per propria volontà. L’Assunzione è invece un movimento passivo, dovuto ad altra volontà. Attraverso l’Assunzione Maria diventa regina per volontà del Padre, diventa mediatrice e avvocata e rappresenta quindi un tramite tra Dio e gli uomini. In piena comunione con il Figlio e con tutti i figli sulla terra.