Cinque anni fa gli attentati di Nizza. Monsignor Marceau: continuare a pacificare i cuori

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Adelaide Patrignani – Città del Vaticano

Da cinque anni a questa parte, ogni 14 luglio, festa nazionale francese, si rivivono i drammatici eventi di quel giorno. La sera del 14 luglio 2016, un camion guidato da un terrorista islamico è passato sulla famosa Promenade des Anglais, uccidendo 86 persone e ferendone 458. La giornata di oggi è dedicata al ricordo e a rendere omaggio alle vittime. Celebrazioni avranno luogo in città. Una cerimonia interreligiosa si è svolta stamani. Un altro attacco colpì la basilica di Nostra Signora dell’Assunzione il 29 ottobre 2020, sempre a Nizza, provocando la morte di tre fedeli uccisi con un’arma bianca. Episodi drammatici che hanno lasciato un segno ancora doloroso tra la popolazione di Nizza, come spiega monsignor André Marceau, vescovo del capoluogo dal 2014.

Per la popolazione, questi eventi sono stati dei veri e propri shock profondi. Le testimonianze delle persone sono crude. Anche noi raccogliamo sempre le dolorose difficoltà espresse dalle associazioni delle vittime nel trovare la pace. È veramente un’esperienza che ha scosso profondamente le persone. E in modo particolare, l’evento alla Basilica di Nostra Signora dell’Assunzione ha toccato profondamente la comunità cristiana. La Chiesa è ancora oggetto da un atteggiamento di paura dei fedeli che vorrebbero tornarvi, nonostante le belle celebrazioni che hanno avuto luogo da allora. Questi eventi sono come una spada di Damocle che potrebbe continuare a minacciare la serenità della popolazione nizzarda. Non possiamo dire il contrario e accanto alla paura nasce anche l’insicurezza e la sfiducia. Questo dà luogo anche all’esclusione, e dobbiamo lottare – ma è difficile – affrontare gli atteggiamenti di chiusura, di durezza di cuore e di egoismo della nostra società.

Quale contributo ha dato la Chiesa dopo eventi così traumatizzanti?

Abbiamo sempre quello che è il cuore della nostra fede, del Vangelo: il volto di Dio, che è un Dio d’amore, un Dio di pace, un Dio che chiama tutti a contribuire a questo, ma in modo concreto. E per noi, è stato per accompagnare le persone, cercando sempre di calmare e non esacerbare le passioni che possono essere anche mortali e molto cattive. Un altro grande momento è stato il nostro viaggio a Roma con alcune vittime o famiglie che avevano perso uno dei loro cari. Papa Francesco come un meraviglioso pastore sa fare, un uomo luminoso. Un musulmano mi ha detto: “Quando ho visto arrivare il Papa, una luce è entrata per me”. Questo evento ha fatto cambiare le cose nei cuori e nelle vite di tutti. Al ritorno dal viaggio ci siamo trovati diversi da quando siamo andati, dove i rapporti erano un po’ distanti e freddi, ognuno un po’ sulle sue. Sulla via del ritorno, invece, c’è stata molta condivisione. Io stesso ne sono stato testimone, perché la gente è venuta a parlarmi per raccontarmi il bel momento di pace che il Santo Padre ha voluto donare a questi uomini e donne. Toccava le foto, benediceva, parlava… per me, era veramente una meravigliosa figura di Cristo che passava tra le folle per dire loro della Misericordia del Padre, dell’amore di Dio. Questo era importante, sapete, ed è in questa linea che cerchiamo di essere presenti e sempre attenti agli altri

Come risuona in questo contesto l’appello di Papa Francesco alla fratellanza umana?

Credo che questo appello, che è molto forte, non sia un messaggio che si assume in modo naturale e che va da sé. Per noi è una sfida pastorale riuscire a trasmettere queste parole come una questione primaria, affinché la casa comune sia abitata da tutti e la casa comune sia anche opera di tutti. Ma è molto difficile. Come possiamo noi cristiani occuparci della nostra società, cioè degli uomini e delle donne, per aprirli ad un’altra dimensione? È la dimensione della fraternità, che ha sempre la sua fonte nella croce di Cristo, nelle Beatitudini, e nel cammino del Vangelo, della Buona Novella per tutti. È un lavoro a lungo termine.

Monsignore, qual è la sua preghiera per questo 14 luglio?

C’è un momento di preghiera interreligiosa e ogni rappresentante delle varie fedi propone un salmo, una preghiera, una riflessione, nel contesto dell’omaggio alle vittime. Noi cristiani cattolici abbiamo sempre avuto la nostra celebrazione del 14 luglio. Il mio desiderio, come vescovo di Nizza, dopo questi momenti terribili, è di lavorare con le comunità cristiane per poter cambiare questo stato d’animo che spesso isola le persone per paura della violenza, che è in definitiva contrario ad una fioritura. Ho incontrato persone che sono riuscite a poco a poco a ritrovare il respiro della vita, il gusto della vita. Che il Signore ci accompagni in questo lavoro nel calmare le menti e soprattutto i cuori.