Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Ci sono “alimenti semplici e nutrienti” che superano “barriere geografiche, appartenenze sociali e culture”. Si tratta dei legumi, “un alimento nobile con un enorme potenziale per rafforzare la sicurezza alimentare a livello mondiale”. Nel messaggio in occasione dell’evento virtuale promosso dalla Fao per la Giornata mondiale dei legumi, Papa Francesco sottolinea che “ci sono ancora molte persone, tra le quali non possiamo dimenticare i bambini, che non possono accedere alle risorse più elementari e mancano di alimenti sani e sufficienti”.
“Lenticchie, fagioli, piselli e ceci – aggiunge Francesco nel messaggio – si possono trovare sulle tavole di molte famiglie, perché riescono a soddisfare diverse necessità proteiche nelle nostre diete quotidiane”. Il Pontefice ricorda anche il compito “di coltivare la terra senza danneggiarla”, in modo che si possano “condividere i suoi frutti pensando anche alle generazioni che verranno dopo di noi”. Il “menù” indicato dal Papa nell’enciclica Laudato si’ ha inoltre un preciso orizzonte: l’invito è quello di “cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare”. Nella cura della casa comune, i cuochi in particolare possono svolgere un ruolo essenziale. Il 19 novembre del 2017, all’inizio del pranzo con i poveri nell’aula Paolo VI, Papa Francesco ricorda proprio il prezioso contributo di quanti lavorano nelle cucine.
“Preghiamo il Signore che benedica: benedica questo pasto, benedica coloro che lo hanno preparato, benedica tutti noi, benedica i nostri cuori, le nostre famiglie, i nostri desideri, la nostra vita e ci dia salute e forza”.
Tra i fornelli per i poveri
Sono tanti i cuochi che cucinano per i bisognosi. Una mensa particolare è quella di Palazzo Migliori, davanti al colonnato di Piazza San Pietro. Palazzo Migliori, ricorda Alessandro Guarasci nella sua scheda, è una casa d’accoglienza per senza tetto. Qui si respira un’area di famiglia.
A Palazzo Migliori si intrecciano gusti e sapori che provengono da varie regioni del mondo. Il cuoco della casa di accoglienza, Marco Pavani, sottolinea che vengono cucinati solo “alimenti di prima qualità, perché mangiare bene significa benessere”. “Cucinare qui – aggiunge – è una festa”. “Cucinare per coloro che, per tanti anni non hanno avuto una casa, è un grande piacere”. Come ricorda Papa Francesco nell’esortazione apostolica post sinodale Amoris Laetitia, “le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo”. “Va ricordata la felice scena del film Il pranzo di Babette, dove la generosa cuoca riceve un abbraccio riconoscente e un elogio: «Come delizierai gli angeli!». È dolce e consolante la gioia che deriva dal procurare diletto agli altri, di vederli godere. Tale gioia, effetto dell’amore fraterno, non è quella della vanità di chi guarda sé stesso, ma quella di chi ama e si compiace del bene dell’amato, che si riversa nell’altro e diventa fecondo in lui”.
Cuochi e pandemia
Il settore della ristorazione è stato fortemente penalizzato dalla pandemia, da chiusure e da lockdown. In alcune regioni del mondo la situazione resta drammatica. Molti cuochi hanno perso il loro posto di lavoro. In questo periodo, per effetto anche della campagna di vaccinazione, in vari Paesi tra cui l’Italia, si sta assistendo ad un graduale ritorno verso la normalità. Ed il sistema di ristorazione italiano è pronto a dare il proprio contributo. Ma la normalità può riproporre anche delle “ombre”. Quella dei cuochi, come molti altri mestieri, è una professione che può portare a trascorrere, ad esempio, molto tempo lontano dalle proprie famiglie, a rivedere i propri cari dopo una giornata di lavoro e quando è già notte. Il 16 giugno del 2014, rivolgendosi ai partecipanti ad un convegno diocesano di Roma, Papa Francesco sottolinea che non sempre è possibile dedicare il giusto tempo alla relazione tra genitori e figli. E questo “non è umano”. La sua riflessione si lega ad un incontro con un cuoco.
Prima di venire qui, sono andato in cucina a prendere un caffè, c’era il cuoco e gli ho detto: “Tu per andare a casa tua di quanto tempo hai bisogno?”; “Di un’ora e mezza…”. Un’ora e mezza! E torna a casa, ci sono i figli, la moglie…. E devono attraversare Roma nel traffico. Spesso capita a tutti noi di sentirci soli così. Di sentirci addosso un peso che ci schiaccia, e ci domandiamo: ma questa è vita? Sorge nel nostro cuore la domanda: come facciamo perché i nostri figli, i nostri ragazzi, possano dare un senso alla loro vita? Perché anche loro avvertono che questo nostro modo di vivere a volte è disumano, e non sanno quale direzione prendere affinché la vita sia bella, e la mattina siano contenti di alzarsi. Quando io confesso i giovani sposi e mi parlano dei figli, faccio sempre una domanda: “E tu hai tempo per giocare con i tuoi figli?”. E tante volte sento dal papà: “Ma, Padre, io quando vado a lavorare alla mattina, loro dormono, e quanto torno, alla sera, sono a letto, dormono”. Questa non è vita! È una croce difficile. Non è umano.
Francesco e il mondo della cucina
Nel libro “Gli anni oscuri di Bergoglio” di Javier Cámara e Sebastián Pfaffen (Ancora editrice) si ricorda che Papa Francesco ha imparato a cucinare fin da quando era bambino. Nel volume si sottolinea anche che in più occasioni il 31 di ottobre, il giorno in cui la Chiesa ricorda sant’Alonso Rodríguez, gesuita, il futuro Pontefice ha cucinato delle paellas per i confratelli. Un altro episodio risale all’estate del 1992. La nipote di un suo collaboratore era preoccupata per il pranzo da organizzare nel giorno del suo matrimonio. Il futuro Papa ha proposto quindi un menù con un timballo di riso come antipasto. E ha cucinato personalmente per gli invitati.
Le mense dei francescani
Il contributo del mondo del volontario e dell’assistenza ai più fragili non si è mai fermato in questi mesi così difficili. La pandemia non ha spento questo slancio e neanche i fornelli. Quelli adibiti al servizio verso i più poveri, per le persone in difficoltà. Lo spiega bene al microfono di Andrea De Angelis fra Giampaolo Cavalli, direttore dell’Antoniano di Bologna. “In questo tempo di pandemia abbiamo compreso ancora di più quanto sia centrale la cura, l’attenzione del prossimo. L’amore verso i più fragili”. Quello che si fa dono, nutrendosi della prossimità di cui tante volte parla il Papa. La creatività del bene non è mai mancata. “C’è stata tanta fantasia da parte dei volontari, anche nelle nostre mense. Penso poi a quei ristoratori di Bologna che con le attività chiuse hanno deciso, e raccontarlo mi commuove, di donare le loro conoscenze e il loro tempo ai più fragili. Questo contributo è stato – prosegue fra Cavalli – davvero importante”. Le difficoltà non sono mancate, talvolta si sono moltiplicati. “Le nostre mense sono state come antenne, hanno registrato un numero maggiore di persone bisognose di un pasto, di aiuto”, rivela il direttore dell’Antoniano. “Ci sono anziani, ma anche famiglie con bambini che sono state colpite dalla pandemia in modo importante e a tutti loro abbiamo fornito il supporto necessario”.
Cibo e religioni
Nelle tre grandi religioni monoteiste, come ricorda Silvia Giovanrosa nella sua scheda, il cibo riveste significati non secondari.
Nell’ebraismo il cibo adatto viene denominato khasher che significa buono, lecito. Anche la religione islamica ha dei cibi proibiti e cibi invece considerati buoni, specialmente per quanto riguarda la carne e la procedura della macellazione. Nel Vangelo si ricorda che “non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa contaminarlo, sono le cose che escono dall’uomo a contaminarlo”. San Paolo nella lettera ai Romani sottolinea che “il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”.
I pasti e la preghiera
Il momento dei pasti si lega anche a quello della preghiera. La benedizione del cibo e il ringraziamento per il pane quotidiano sono tratti distintivi per i cristiani. La Chiesa, riunita intorno alla mensa eucaristica, guarda al pane spezzato da Gesù nell’ultima cena. “Il Cristo, che ci nutre sotto le specie consacrate del pane e del vino – ha ricordato Papa Francesco all’Angelus del 7 giugno 2015 – è lo stesso che ci viene incontro negli avvenimenti quotidiani; è nel povero che tende la mano, è nel sofferente che implora aiuto, è nel fratello che domanda la nostra disponibilità e aspetta la nostra accoglienza. È nel bambino che non sa niente di Gesù, della salvezza, che non ha la fede”. Il legame tra pasti e preghiera si rinnova ogni domenica anche con il saluto di Papa Francesco dopo la recita mariana dell’Angelus. Queste sono le parole che il Pontefice ha pronunciato lo scorso 30 maggio.
A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!.
Il Santo patrono dei cuochi d’Italia
La Chiesa il 4 giugno ricorda San Francesco Caracciolo. Nato a Villa Santa Maria in Abruzzo nel 1563, l’anno in cui si chiude il Concilio di Trento, discende da una famiglia di principi. Ma come San Francesco d’Assisi, si spoglia delle ricchezze terrene per mettersi al servizio di Dio e dei poveri. All’età di venti anni contrae una grave malattia contagiosa. Decide di farsi isolare in un sottoscala del palazzo di famiglia. In questo contesto di isolamento matura la sua conversione e dopo la guarigione lascia il piccolo borgo paterno per recarsi a Napoli. Inizia a prestare servizio presso la Compagnia dei Bianchi di Giustizia a favore di poveri, malati e condannati a morte. Qui incontra casualmente il ricco e nobile genovese Agostino Adorno che lo coinvolge, insieme con il consanguineo Fabrizio Caracciolo, a creare un nuovo ordine religioso: i Chierici Regolari Minori. Muore il 4 giugno 1608 ad Agnone, sulla via del ritorno a Napoli da un pellegrinaggio a Loreto. nel 1807 e proclamato nel 1840 compatrono di Napoli. Canonizzato da Papa Pio VII nel 1807, nel 1840 viene proclamato compatrono di Napoli. In seguito alla richiesta della Federazione italiana cuochi, per la grande venerazione da parte dei cuochi di Villa Santa Maria le cui origini sono legate alla famiglia Caracciolo, la Santa Sede nel 1996 dichiara San Francesco Caracciolo Santo patrono dei cuochi.
La festa del cuoco
Il 13 ottobre, giorno natale di San Francesco Caracciolo, i cuochi festeggiano il loro patrono in tutta Italia. E in particolare a Villa Santa Maria, borgo natale del Santo, dove una delegazione regionale della Federazione Italiana Cuochi dona l’olio votivo. Con questo olio viene quindi accesa la lampada davanti alla statua del Santo nella cappella di palazzo Caracciolo. La giornata è anche scandita da eventi enogastronomici, che vedono la partecipazione di grandi chef nazionali e internazionali. Lo scorso anno si è vissuta una giornata molto diversa dal solito a causa delle restrizioni legate alla pandemia.
Preghiera dei cuochi
Pregare è sempre possibile: il tempo del cristiano è il tempo di Cristo risorto, che è con noi “tutti i giorni”. Come si ricorda nel Catechismo della Chiesa cattolica “è possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate”. La preghiera dei cuochi rivolta al loro Santo patrono ripercorre in particolare la vita del sacerdote abruzzese, mosso da mirabile carità verso Dio e il prossimo. Questo è il testo dell’orazione.
La puntata numero 83 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis, Silvia Giovanrosa, Alessandro Guarasci e Amedeo Lomonaco.