Addio a Carla Fracci, l’étoile dalle umili origini e dal talento smisurato

Vatican News

Cecilia Seppia – Città del Vaticano 

“Tutte volevamo diventare Carla Fracci, per noi piccole ballerine questo era il vero sogno”. Parla commossa la signora Paola Jorio, già direttrice della Scuola del Teatro dell’Opera e attuale direttrice del Balletto di Roma, amica di Carla Fracci, scomparsa oggi a Milano, dopo anni di battaglia contro il cancro, che l’ha resa fragile nel corpo ma mai ha scalfito il suo incommensurabile talento. Ottantaquattro anni, quasi tutti passati danzando, la Fracci, étoile del Teatro alla Scala, ha calcato i palcoscenici più importanti del mondo, ballando al fianco di Vladimir Vassiliev, Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi, Mikhail Barishnikov, George Iancu e negli anni più recenti di Massimo Murru e Roberto Bolle. Partner fondamentali restano Erik Bruhn, che le schiude le porte degli Stati Uniti, e Rudolf Nureyev con cui forma una coppia leggendaria. Sapienza tecnica, leggerezza e grande capacità interpretativa, le consentono di ballare nei maggiori ruoli, oltre ai popolarissimi Lago dei cigni, Lo schiaccianoci, Cenerentola, diventano suoi i ruoli romantici, come Giulietta, la Swanilda di Coppelia, Francesca da Rimini, soprattutto Giselle, il “suo” personaggio, quasi cucitole addosso come quel leggerissimo tutù col quale più che ballare, volava, e nei panni della giovane e umile contadinella innamorata, coi capelli sciolti entrerà per sempre nella storia del balletto.

Il cordoglio del presidente Mattarella

Dalla Scala, a cui spetta dare notizia della sua morte, parlano della portata storica, leggendaria della sua figura, esile quanto “gloriosa” e del suo contributo fondamentale al prestigio della cultura italiana nel mondo. Lo stesso pensiero lo esprime il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, in un telegramma di cordoglio in cui si dice profondamente commosso dalla morte della danzatrice ricordandone “le straordinarie doti artistiche e umane, che hanno fatto di lei una delle più grandi ballerine classiche dei nostri tempi a livello internazionale”. “Carla Fracci – scrive il capo dello Stato – ha onorato, con la sua eleganza e il suo impegno artistico, frutto di intenso lavoro, il nostro Paese. Esprimo le piu’ sentite condoglianze ai familiari e al mondo della danza, che perde oggi un prezioso e indimenticabile riferimento”.

L’incontro con Papa Francesco

La Fracci, già malata, volle fortemente incontrare Papa Francesco, che definiva “una persona straordinaria, un grande uomo e una grande speranza per quello che dà, che porta a tutti con una generosità incredibile”. Riuscì ad incontrarlo il 26 aprile del 2017, dopo un’udienza generale in Piazza San Pietro in cui Francesco le disse: “Grazie per essere qui, la danza per me è poesia e preghiera”. 

Ascolta l’intervista a Paola Jorio

R. – Abbiamo avuto un rapporto speciale perché Carla è stata direttrice al Teatro dell’Opera, direttrice del ballo per dieci anni. Mentre io ero direttrice della Scuola del Teatro dell’Opera di Roma, quindi c’era un rapporto di lavoro continuo e alla fine siamo diventate amiche. All’inizio non nego che ero intimorita dal personaggio. Era una direttrice molto speciale, un personaggio specialissimo e invece poi si è dimostrata una persona molto sensibile, molto carina con noi, molto gentile e alla fine siamo diventate “intime” Ricevere la notizia della sua morte oggi mi ha sconvolta perché c’eravamo sentite anche di recente, per Pasqua e non me l’aspettavo, mi è dispiaciuto molto.

Étoile della Scala di Milano, la Fracci ha calcato in verità i palcoscenici di tutto il mondo, quale eredità lascia?

R. – Intanto ha lasciato all’Italia un’immagine della danza incredibile, diciamo è stato il primo nome della danza del ‘900 emerso e affermatosi così potentemente. Tutte le bambine della sua generazione, della mia generazione, sognavamo di diventare come lei. Se qualcuno ci avesse chiesto che vuoi fare da grande? Tutte rispondevamo di voler diventare come Carla Fracci, cioè stata è stata proprio l’unica l’unica persona che nella danza, prima in Italia, è uscita così fuori. Ci sono state altre ballerine all’Opera, alla Scala, ma nessuno era come Carla Fracci, nessuno, e quindi ha dato gloria alla nostra danza, da lì a poco è stata conosciuta in tutto il mondo, cosa che non era mai successa prima. Ha lasciato in tutti noi un ricordo di grande lavoratrice, grande persona attaccata al lavoro che faceva, ha portato la danza dappertutto nel vero senso della parola. Carla è stata nei grandi teatri, ma anche nei piccoli, nelle platee, nei teatri all’aperto, quasi sotto i tendoni pur di fare amare e conoscere la danza a chiunque quindi ha fatto moltissimo. Credo che questo sia il regalo più bello che ci ha fatto.

Con il suo comportamento austero con l’eleganza innata dei suoi movimenti, anche il suo modo di vestire se vogliamo, è diventata un’icona e non per nulla è stata ribattezzata la “regina della danza”, eppure proveniva da una famiglia normale, forse anche umile. Era figlia di un tranviere dell’ATM questo cosa dice alle giovani generazioni?

R. – Ci dice che la famiglia, le origini non contano. Lei ne era molto orgogliosa tra l’altro, era molto affezionata al padre, e la sua famiglia le è stata sempre molto vicino ma è il suo talento che l’ha portata avanti. Si può essere figli di re e essere negati per la danza, essere figli di persone normali che fanno altri lavori, umili e semplicissimi ed essere un talento in danza. È il talento che vince, è la passione. Lei certamente era talentuosa, aveva un senso artistico innato, una musicalità innata, una voglia di danza, che non è nata da subito, (aveva 10 anni quando ha iniziato a studiare) ma che poi l’ha rapita completamente e l’ha resa unica. Diciamo che le origini non valgono per nessuno, bisogna invece avere quella forza di volontà, quel convincimento, quella passione che lei ha avuto. Ecco, questo conta, andare avanti senza fermarsi mai. Lei era molto affezionata al suo papà, raccontava divertita che il papà si affacciava dal tram quando la vedeva e la salutava alla fermata ogni giorno.

Sapienza tecnica, leggerezza, una spiccata capacità interpretativa che le ha permesso di interpretare i maggiori ruoli… C’era però qualcosa che la preoccupava quando stava per andare in scena, per debuttare? Le ha mai rivelato certi sentimenti?

R. – Non credo, perché lei quando ballava, pensava a ballare e basta. Questo l’ha sempre detto, non pensava mai al pubblico o al tipo di scena o a chi stava a guardare, ha ballato davanti a re e regine, a personaggi importanti ma lei diceva che danzando si dimenticava di tutto, pensava al ruolo, sentiva il ruolo in tutto il suo essere e basta; le preoccupazioni vere, le crisi da entrata in scena no, però sentiva un’emozione grande quando finiva di ballare, quando sentiva l’applauso, vedeva la gente, questo mi raccontava. Ha ballato in situazioni difficilissime, anche quando aspettava il bambino, ha ballato in condizioni di palchi fatti male che per la danza sono un problema serio, ma era sempre animata da un grande piacere, quasi dal divertimento di fare quello che faceva, sempre molto contenta di tutto ciò che riusciva a fare.