Salvatore Cernuzio e Benedetta Capelli – Città del Vaticano
La fatica della vita in strada è disegnata sui loro volti, coperti a metà dalle mascherine. Insieme alle buste plastificate usate come borse, ai trolley e gli zaini, portano sulle spalle un carico di disagi e difficoltà. Ci sono gli errori commessi e gli incidenti della vita, ma c’è anche il riscatto, la ripartenza e la determinazione a guardare al futuro. Un futuro libero soprattutto dalla pandemia. Sono in 300 le persone fragili che dalle 7.30 del mattino si sono sistemate in fila fino al cancello del Petriano per accedere all’Aula Paolo VI, la grande aula delle udienze in Vaticano divenuta da gennaio un piccolo ambulatorio per la distribuzione dei vaccini anti-Covid. L’Elemosineria Apostolica, su iniziativa di Papa Francesco, ha preso dai propilei di via della Conciliazione o dai marciapiedi di Roma poveri, senza fissa dimora, rifugiati o altre persone accolte in dormitori come il “Dono di Misericordia” al Palazzo Migliori, a pochi passi da Piazza San Pietro, fino al polo sanitario sotto il Colonnato del Bernini in cui operano i professionisti di Medicina Solidale. Oppure gli ospiti della Comunità di Sant’Egidio, della Caritas, della Comunità Ripa di Trastevere.
Emozione e attenzione
“Sei emozionata?”, domanda una dottoressa, in camice verde usa e getta, ad una donna di colore con la sua bambina sulla sedia a rotelle. “Sì”, risponde lei, sorridendo con gli occhi. Dietro ci sono anziani con le stampelle, gruppi di ragazzi con indosso felpe e giacche a vento oppure a maniche corte. Stanno in attesa, sotto un timido sole primaverile. Ad accoglierli molti volontari che chiedono di igienizzare le mani e che li guidano nel percorso diviso da transenne di legno e costellato da dispenser per il gel. I gendarmi si occupano della sorveglianza. Nell’atrio dell’Aula Paolo VI, dietro pannelli bordeaux, gli infermieri registrano i presenti: annotano documenti e codice fiscale, necessari per il rintracciamento per il secondo richiamo.
Un ticket prezioso
Una lunga fila di sedie è stata predisposta per far accomodare la gente che ha finito l’accettazione: c’è chi legge un libro, chi ha le cuffie alle orecchie per la musica, chi tiene stretto tra le dita il ticket verde con il doppio logo “Sant’Egidio” – “Elemosineria Apostolica” e la scritta “Vaccino anti-Covid 08/05/2021 Sala Nervi”. Per tutti, è pronto all’interno dell’Aula un punto di ristoro: un grande banco con succhi di frutta, cornetti, biscotti, casse di bottigliette d’acqua naturale. Alcuni medici portano i vassoi in mano e lo stesso cardinale Konrad Krajewski arriva col suo tipico furgoncino bianco targato “SCV” e scarica scatoloni con merendine e posate di plastica. I poveri passano e si fermano a salutarlo: “Ciao, don Corrado. E grazie, eh!”. È grande la gratitudine per questo “regalo” del Papa. Una volta arrivato il proprio turno, scalano verso la seconda metà dell’atrio dove due stanze sono state allestite come infermierie con lettini, poltrone, carrelli con sopra guanti, garze, alcol e tutto il materiale sanitario necessario.
Krajewski: un vaccino dal sapore del Vangelo
Va di corsa, come sempre, il cardinale Krajewski. “Questa è una cosa totalmente evangelica – afferma – è difficile parlare di regalo perché è un dovere della Chiesa verso gli invisibili che sono parte integrante della Chiesa. Non parliamo di regalo, ma dei nostri doveri cristiani ai quali siamo spinti dall’insegnamento di Gesù”. Il cardinale si sofferma sul “vaccino sospeso”, sulla scia dell’usanza napoletana di lasciare al bar un caffè pagato a chi non può permetterselo. “Abbiamo attivato un pulsante per fare una donazione sulla pagina web dell’Elemosineria Apostolica. E quando arrivo in ufficio e mi dicono che ci sono donazioni di 10 euro, 20 euro, vuol dire che c’è gente, magari anche con scarse possibilità, che vuole dividere quello che ha con gli altri. Ma abbiamo donazioni anche di 5mila euro! Finora è stata raccolta una cifra che non ci saremmo mai aspettati e subito vogliamo già inviarla ai Paesi dimenticati. Il mio dovere è svuotare questo conto a nome del Santo Padre e mandare queste offerte generose, ad esempio, in Siria, in India e soprattutto nei Paesi africani, dove ancora i vaccini non arrivano”. Il porporato esprime poi soddisfazione per l’iniziativa del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, riguardo la liberalizzazione dei brevetti perché “il commercio libero dei vaccini renderà più facile per noi la strada, così che noi possiamo mandare i soldi ai nunzi e i nunzi possono offrire questo dono da parte della Chiesa alla gente più bisognosa”.
“Una grazia che ci tutela nella salute e nello spirito”
In Aula Paolo VI c’è anche Daniele. È di Roma e quando si presenta si definisce “un disagiato come tanti”. Parole nette, forse crude, ma il ragazzo non sa come descrivere altrimenti la sua realtà. Non scende in particolari, dice di aver perso il lavoro e vissuto quindi le difficoltà che ne conseguono. Daniele però non vuole soffermarsi troppo su “queste cose brutte”, oggi è un giorno importante. Preferisce dire grazie a Papa Francesco perché il vaccino è “una grazia che ci tutela nella salute e nello spirito”. “Con il vaccino – aggiunge – il Papa dà un esempio di speranza viva, il vaccino è un salvavita ma è anche un gesto a chi non ci vede che ci siamo e che possiamo anche noi vivere meglio”.
Akim ha 22 anni, a 15 è scappato con i documenti falsi dalla Tunisia. Il suo viaggio sui barconi della speranza gli provoca ancora dolore, ricorda la solitudine appena arrivato in Italia e l’abbraccio dei frati di Trastevere. Oggi fa l’operaio, descrive il vaccino “un dono inatteso” e parla con commozione della sua nuova famiglia, quei frati che sono per lui “padri” e che “saranno nel suo cuore per sempre”. Fra Emanuele ascolta, è lui che accompagna il gruppo con cui vive, ha 35 anni e la ferma convinzione che la Chiesa abbraccia i più piccoli anche solo facendo la fila accanto a loro.
Di poche parole, invece, Daniela. Racconta di avere una stanza in una casa in cui fa le pulizie, i proprietari le forniscono vitto e alloggio in cambio dei suoi servizi. Ci tiene al vaccino perché vuole avere “il passaporto vaccinale” e coronare un suo sogno. Forse partire, forse raggiungere qualche suo caro. Lei non lo spiega, ma si capisce che è il motore del suo futuro, la ragione del suo sorriso anche se, guardandosi intorno e vedendo tante persone graffiate dalla vita, trattiene il respiro e si dice “commossa” da questa fragile umanità.