Federico Piana – Città del Vaticano
Tre grandi teologi europei, Cristoph Theobald, Elmar Salmann e Pierangelo Sequeri, e un obiettivo: quello di rifondare la teologia, tenendo conto del progresso delle scienze e dei limiti della conoscenza scientifica, includendo anche le scoperte che l’uomo fa nella propria esperienza quotidiana di vita. Un vero e profondo cambiamento di prospettiva, del quale i tre esponenti della teologia contemporanea hanno discusso in un incontro organizzato, qualche giorno fa, dalla cattedra Gaudium et Spes del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II e intitolato ‘Oggi e domani, immaginare la teologia: per una rifondazione epistemologica’. “Nella teologia – avverte monsignor Vincenzo Paglia, Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II e presidente della Pontificia Accademia per la Vita – avverto un rarefarsi delle riflessioni. C’è il rischio che la teologia sia rimasta, in modo autoreferenziale, a discutere di problemi interni, tanto che la cultura moderna ha perso, quasi del tutto, l’interesse per essa”. Monsignor Paglia, spiega, poi, che “la teologia non tiene i piedi per terra, come più volte ha ricordato Papa Francesco, ma rimane chiusa in un’inespugnabile torre d’avorio”.
Ci troviamo di fronte ad un cambiamento d’epoca?
R. – Certamente. Basti pensare che, per la prima volta nella storia umana, l’uomo può distruggere l’intero creato e persino l’umanità stessa. Il nucleare, la crisi ecologica e le nuove tecnologie pongono un enorme interrogativo: cosa vuol dire ‘umano’? In tutto questo, c’è l’intuizione di Papa Francesco che, nel vuoto del pensiero laico e religioso, ha proposto due grandi encicliche: la ‘Laudato Sì’, che parla della nostra casa comune, e la ‘Fratelli tutti’, che si occupa della famiglia umana.
Questo incontro è servito come prima tappa di un lungo percorso?
R. – Sì, sono stati interventi davvero preziosi. Theobald, Salmann e Sequeri hanno convenuto che siamo davanti ad un’urgenza: riprendere una teologia che sia in dialogo con le scienze umane, con l’intero panorama delle culture contemporanee. E’ davvero un’emergenza grave, a tal punto che, entro l’inizio del prossimo mese di giugno, verrà pubblicato un appello ai teologi e agli intellettuali preparato dal Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II insieme alla Pontificia Accademia per la Vita. Servirà per rispondere a questa domanda: quali sono le responsabilità del pensiero davanti al futuro? Il cristianesimo ha come riferimento le fonti della Sacra Scrittura, la Tradizione. Ma come declinarla? In che modo i teologi possono far crescere le indicazioni del magistero e comunicarle? In che modo possono entrare in dialogo con le scienze?
L’appello va in questa direzione?
R. – Lo consegneremo, idealmente, a cento teologi e a cento intellettuali per intraprendere un percorso. Ci interrogheremo su come, partendo dalla ‘Fratelli tutti’ e dalla ‘Laudato Sì’, il pensiero religioso possa essere interpellato, sollecitato e responsabilizzato. Insomma, per dirla in linguaggio ecclesiastico, vorremmo una sorta di sinodalità tra teologia e intellettuali.
L’alleanza tra teologia e scienze è davvero necessaria?
R. – Dobbiamo riprendere la strada delle ‘Universitas scientiarium’: le scienze si uniscono alla teologia per offrire all’umanità una visione che unisca e non divida. Questa è un’ambizione: riprendere il dialogo tra tutte le componenti del sapere affinché si possa delineare, sempre più chiaramente, il nostro futuro.