Il Papa: la fede non sia a metà, ma dia e si faccia dono

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Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

I cristiani non restino indifferenti, non vivano una fede a metà. Nella II Domenica di Pasqua della Divina Misericordia, Francesco, celebrando la messa nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, invita i fedeli a capire se Dio ha toccato le loro vite:

Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri. Oggi è il giorno in cui chiederci: “Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, il suo perdono, la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del suo Corpo, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?”. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono

I tre doni per divenire misericordiosi

Nell’omelia il Papa parla di quando i discepoli da “misericordiati, diventano misericordiosi”, grazie agli esempi di Gesù che da risorto “consola i loro cuori sfiduciati”, “li rialza con la misericordia”, operando così la loro “risurrezione”.  Sono tre i doni attraverso i quali vengono misericordiati: pace, Spirito e piaghe. Il primo, la pace, li fa passare dalla paura e angoscia di essere arrestati e fare la stessa fine del Signore, da loro abbandonato e rinnegato, alla riappacificazione con loro stessi:

Gesù arriva e ripete due volte: «Pace a voi!». Non porta una pace che toglie i problemi di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore.

La pace di Gesù – spiega il Papa – li fa passare dal rimorso alla missione:

Non è tranquillità, non è comodità, è uscire da sé. La pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. E i discepoli si sentono misericordiati: sentono che Dio non li condanna, non li umilia, ma crede in loro. Sì, crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi.

Nessuno è sbagliato agli occhi di Dio, ripete Francesco, “nessuno è inutile, nessuno escluso”, perché ognuno è prezioso, importante e insostituibile ai suoi occhi.

La misericordia per uscire dal peccato 

Dopo quello della pace, Gesù offre ai discepoli il dono dello Spirito Santo, per la remissione dei peccati di quei discepoli colpevoli di aver abbandonato il Maestro fuggendo via e poi tormentati dal peccato:

Il nostro peccato, dice il Salmo (cfr 51,5), ci sta sempre dinanzi. Da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde. Come quei discepoli, abbiamo bisogno di lasciarci perdonare. Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono. E di capire che al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia.

La Confessione non è per abbattere ma per risollevare. Tutti ne hanno bisogno, continua Francesco, come i bambini piccoli che vengono rialzati dal papà quando cadono, così “la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti”:

Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. È il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura. E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia.

Dalle piaghe di Gesù inizia il cammino cristiano

Infine il terzo dono, “dopo la pace che riabilita e il perdono che risolleva”, Gesù offre “le piaghe” che guariscono con “la misericordia”. Così come è stato per Tommaso, in quelle ferite  si tocca “con mano che Dio ci ama fino in fondo”, sono “canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie”, attraverso le quali si entra “nella sua tenerezza”, senza dubitare più della sua misericordia e scoprendo che “ogni nostra debolezza è accolta nella sua tenerezza”. Questo è ciò che accade in ogni Messa, “dove Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto: Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite”:

Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo.

I discepoli misericordiati sono diventati misericordiosi, nessuno di loro “considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”:

Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro

Condividere i beni terreni – conclude il Papa – diventa una conseguenza naturale dell’aver visto “nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita” e di aver scoperto di avere in comune “la missione, il perdono e il Corpo di Gesù”. Toccando le piaghe del Signore, “non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù”:

Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore (cfr Gc 2,17). Lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia.