Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Importante vittoria per le minoranze religiose in India. Il 9 aprile, la Corte suprema ha respinto un ricorso presentato da un avvocato membro del partito nazionalista Bharatiya Janata Party (Bjp) che chiedeva l’introduzione di una legge nazionale per regolamentare le conversioni ad un’altra religione, confermando che qualsiasi cittadino maggiorenne è libero di scegliere la religione che vuole. Secondo la Corte, infatti, un simile provvedimento sarebbe incostituzionale, in quanto la Legge fondamentale indiana garantisce a ogni cittadino il diritto di professare, praticare e propagare la religione di sua scelta. “C’è un motivo per cui la parola ‘propagare’ è scritta nella Costituzione”, ha sentenziato il giudice.
L’accusa: missionari cristiani convertono “con la forza” i dalit
Grande la soddisfazione della Chiesa indiana per una decisione che crea un importante precedente in un momento in cui diversi Stati indiani, sotto la spinta del partito di governo, stanno introducendo ulteriori giri di vite contro le cosiddette “conversioni forzate”. In questo senso si è espresso padre Babu Joseph, ex portavoce della Conferenza episcopale (Cbci). La sentenza arriva “al momento giusto, poiché i gruppi pro-indù chiedono a gran voce una legge nazionale per vietare le conversioni, accusando i missionari cristiani di usare mezzi fraudolenti per convertire i dalit poveri e i tribali”, ha dichiarato il sacerdote all’agenzia Ucanews.
Otto Stati indiani hanno introdotto leggi anti-conversione
Finora otto Stati indiani hanno introdotto leggi anti-conversione, che spesso prendono di mira le minoranze musulmane e cristiane. Quattro di essi, l’Uttar Pradesh, l’Uttarakhand, il Madhya Pradesh e da ultimo il Gujarat, tutti a guida Bjp, hanno recentemente approvato ulteriori emendamenti che estendono il campo di applicazione della normativa esistente al matrimonio, con il pretesto di frenare il cosiddetto “Love Jihad”, termine coniato alcuni anni fa per demonizzare i matrimoni tra uomini musulmani e donne non musulmane. Se formalmente queste nuove leggi mirano a punire le conversioni fatte con la violenza o con l’inganno, di fatto, come denunciano i suoi detrattori, vengono utilizzate per criminalizzare tutte le conversioni e limitare la libertà religiosa delle minoranze.