Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Sarebbero addirittura 510 le vittime della repressione, secondo l’Associazione di assistenza per i prigionieri politici che ha avvertito però che il vero bilancio probabilmente potrebbe essere molto più alto. Vi sono poi centinaia di persone arrestate durante le dimostrazioni di cui non si sa più nulla. Di fronte a questo bagno di sangue, gli Stati Uniti hanno annunciato l’immediata sospensione dell’accordo quadro su commercio e investimenti concluso nel 2013 con l’ex Birmania, fino al ristabilimento di un governo democraticamente eletto. La Francia ha denunciato la violenza indiscriminata e omicida del regime e ha chiesto il rilascio di tutti i prigionieri politici, compresa Aung San Suu Kyi, la leader della Lega per la Democrazia, ancora in isolamento. Da parte dei militari ancora nessuna risposta alle sanzioni internazionali.
Crisi birmana in discussione all’Onu
“Domani il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe votare per tagliare i fondi economici alla giunta militare golpista. Bloccate anche le forniture di armi e deferimento per le atrocità commesse alla Corte penale internazionale”. Lo scrive su Twitter l’esperto indipendente di diritti civili e relatore dell’Onu, Tom Andrews, in ex Birmania. “La gente del Myanmar – afferma – non è scoraggiata dalla violenza della giunta.