Frammenti di vite si raccontano al pranzo del Papa offerto dalla Croce Rossa Italiana in Aula Paolo VI nella Giornata mondiale dei Poveri
17/11/2024
A pranzo con Francesco in Aula Paolo VI, oggi ci sarà anche Giuseppe, un clochard di Roma, che pochi giorni fa ha ricevuto in regalo, dal Dicastero per il Servizio alla Carità, un …
Intanto il vice presidente e rappresentante dei giovani della CRI, oltre 30.mila attualmente nel Paese, è in procinto di servire il pasto insieme ad oltre trecento colleghi: i giovani sono molto partecipi, spiega, e non è sempre vero che amano poltrire sul divano, indifferenti al richiamo delle necessità dei più fragili. Ne è convinta anche una ragazza volontaria da Viterbo: molto emozionati per riuscire a regalare a questi utenti almeno un giorno diverso rispetto alla loro routine. “Il Covid è stato brutto, una emergenza continua, ma non dobbiamo ricordare solo questi eventi brutti. Dobbiamo valorizzare il positivo. Sono tanti i vulnerabili in questo periodo storico, non è semplice rendersi prossimi ma noi ci saremo sempre”. La povertà sembra mangiarsi il futuro anche di chi potrebbe considerarsi ancora ‘protetto’: “È così, purtroppo, ma noi dobbiamo essere bravi a mangiare lei. Anche dalle storie più brutte si possono aprire storie meravigliose. È la speranza che dovremmo trasmettere a queste persone”.
La guerra fa solo danni, impoverisce ancora di più
Una donna abruzzese ha perso il papà nel ’44 per via della guerra. Sette figli rimasti orfani. Arrivata a Roma ha provato a fare tanti lavori, dalla portiera alla colf. Adesso ha una casetta, dopo tanti sacrifici. “È favoloso stare qui. La guerra fa solo danni. Ci distrusse la casa, invasa dai tedeschi. Viva la pace!”. A un altro tavolo, sono tutti numerati, un signore di origine marocchina racconta di essere in Italia da una trentina d’anni. Mille peripezie – “come faccio a raccontarti tutto?” -, lavorava in Calabria poi la ditta è fallita e la sua vita è precipitata. Poi un’esperienza da ambulante, ora una stabilità e un rinnovato coraggio. “Qui è bellissimo, il Signore è grande”. Accanto a lui un signore italiano, smagrito. “Non riuscivo a trovarmi bene da nessuna parte”, confessa. Pare alludere a un passato come di chi aveva perso il baricentro, un orientamento. Un malessere che confonde. “Ricordo che una volta qualcuno mi ha preso davanti a un ospedale e mi ha portato dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta, al Celio. Sono rimasto da loro, intanto cerco di curarmi e poi si vedrà”. Alle Missionarie della Carità è legata anche una donna consacrata laica nella Congregazione. Accompagna un gruppo di residenti di Casa Serena, sulla via Prenestina, a Roma. Con lei c’è anche un ex collaboratore per quarant’anni della fondatrice. “Mi sono votata agli ultimi, io che da giovane non sapevo più stare da nessuna parte, una girovaga, vivo a Liverpool”. Ora è anche volontaria in Palestina, a Taybeh, il villaggio interamente cristiano ai confini con il Libano dove tornerà la prossima estate poiché si sta cercando di creare un eremo per accogliere i pellegrini. “Quali?”. “Torneranno”.
Alla fine del pranzo il Papa ha salutato tutti e ringraziato quanti si sono adoperati per questa giornata. Ai partecipanti è stato donato uno zainetto della Famiglia Vincenziana, contenente alimenti e materiale per l’igiene personale. 1300 vite che ci guardano.