Cop29, urgente una riforma delle Conferenze Onu sul clima

Vatican News

Al summit di Baku le proposte del Club di Roma, sottoscritte da molte personalità, come l’ex segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e l’ex segretario esecutivo della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Unfcc) Christiana Figueres

di Pierluigi Sassi

 Come ogni anno le Conferenze delle Nazioni Unite sul clima mostrano importanti limiti organizzativi e sollevano polemiche sull’effettiva possibilità di raggiungere i risultati sperati. Il problema non sono certo le sempre più prestigiose sedi nelle quali i negoziati hanno luogo, quanto piuttosto il pensiero organizzativo che c’è dietro allo svolgimento dei negoziati. A denunciare con forza l’urgenza di una riforma, alla COP29 è stata una lettera del prestigioso Club di Roma, sottoscritta da numerosi personaggi di altissimo profilo. Tra questi spiccano l’ex segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e l’ex segretario esecutivo della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Unfcc) Christiana Figueres, fino a poco tempo fa “padroni di casa” delle COP.

La co-presidente del Club di Roma – Sandrine Dixson-Declèv – ha dichiarato: «È urgente che le Cop diventino piattaforme per l’ambizione dei governi e delle parti interessate, non per i contratti sull’energia fossile e l’aumento delle emissioni. Il tempo è scaduto per negoziati che non permettono di passare all’azione». Va detto che i tanti firmatari hanno dalla loro la ragione dei fatti. È un fatto che la conferenza chiamata a porre fine alle emissioni di co2, è stata affidata ad un presidente che proviene dall’oil company nazionale, il quale definisce il petrolio “dono di Dio”. È un fatto che i negoziati chiamati a soccorrere miliardi di poveri vittime dei cambiamenti climatici, sono stati oltraggiati da un amministratore delegato che ha usato la conferenza per promuovere affari sull’estrazione del gas. È un fatto che la COP29 – decisiva per gli investimenti sulle rinnovabili del prossimo decennio – viene quotidianamente condizionata da un numero di lobbisti del fossile molto superiore «al numero di scienziati, nazioni vulnerabili e comunità indigene presenti».

Che senso ha mobilitare decine di migliaia di delegati quando poi mancano i presupposti per il raggiungimento degli obiettivi? Sette allora le riforme proposte da questa lettera aperta: occorre selezionare presidenti e paesi ospitanti tra quelli climaticamente più ambiziosi; è importante imporre riunioni brevi, frequenti e orientate unicamente al risultato; è decisivo rendere i paesi responsabili rispetto agli obiettivi da raggiungere; è urgente che i finanziamenti per il clima siano trasparenti e tracciabili, evitando soprattutto che diventino prestiti ad interesse; bisogna dare un valore ai dati scientifici istituendo un organo permanente integrato alla COP; è fondamentale riconoscere i legami tra povertà, disuguaglianza e instabilità geopolitica attraverso un “inviato per le politiche su clima e povertà”; e infine, è necessario che le rappresentanze presenti alle COP siano adeguate ed eque, esigendo dalle imprese, presenti con i loro lobbisti, prova certa di impegni climatici coerenti con la missione della Conferenza.