Mozambico, fuga dal Nord per i nuovi attacchi dei ribelli jihadisti

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Non si ferma nel nord del Mozambico la violenza del gruppo islamista Ansar al Sunna, che in poco più di tre anni ha innescato una gravissima crisi umanitaria, con più di duemila vittime civili dirette degli scontri e 700 mila profughi, secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite. Da giovedì un centinaio di ribelli islamisti del gruppo legato al sedicente Stato islamico (Is), hanno attaccato più volte la città di Manguna e i quartieri di Quibuite e Quilaua della citta’ di Palma, poche ore dopo l’annuncio del gruppo petrolifero francese Total della ripresa dei lavori per il suo progetto di estrazione di gas naturale liquido a pochi chilometri da Palma, vicino alla frontiera con la Tanzania, lavori già interrotti a gennaio con l’evacuazione di centinaia di dipendenti.

Maputo cerca una tregua, manca una stima delle vittime

Il ministero della Difesa del Mozambico assicura che le forze di sicurezza stanno “lavorando per una tregua” e per ristabilire l’ordine prima possibile, ma che ancora non si possono quantificare le vittime e i danni provocati dall’ultima offensiva ribelle. Mentre dagli Stati Uniti sono arrivati istruttori militari per addestrare le truppe di Maputo, è purtroppo ripreso il flusso dei profughi a causa delle atrocità commesse contro la popolazione inerme.

Un missionario: i primi attacchi 15 giorni fa

Padre Edegard Silva, missionario brasiliano attualmente a Pemba, capitale della provincia di Cabo Delgado, la cui parrocchia, nel distretto di Muidumbe è stata teatro di uno dei più violenti attacchi terroristici nel 2020, ha riferito alla fondazione pontificia, Aiuto Alla Chiesa che Soffre (Acs), che l’attacco era previsto, ”perché negli ultimi quindici giorni tutte le comunità confinanti con Palma erano già state attaccate. I nostri catechisti con i loro parenti stanno fuggendo nelle montagne, ma è difficile comunicare con loro a causa del segnale debole e delle batterie dei cellulari scariche”.

Popolazione in fuga in montagna e sulle spiaggie

Nella Diocesi di Pemba, riferisce Acs, molti sacerdoti e suore hanno dovuto lasciare le loro parrocchie e missioni a causa degli attacchi armati e la fondazione ha già assicurato agli sfollati un primo soccorso d’urgenza di 160 mila euro. ”Stiamo correndo, scappando, per nasconderci sulla spiaggia. Ci sono sparatorie ovunque”. Questa la drammatica testimonianza di un abitante di Palma, ricevuta da Acs, nella quale si sente chiaramente l’uomo che corre mentre dice anche che ”le case sono abbandonate”, segno che l’intera popolazione è fuggita dalle proprie abitazioni.

Il 50 per cento dei profughi sono minori soli

Si calcola che i profughi siano quasi la metà della popolazione dell’area e le organizzazioni umanitarie, attive nel Paese, riferiscono che si tratta per il 50% di bambini rimasti soli. Alcune provincie, come quella di Mocimboa da Praia, sono completamente sotto il controllo degli al-Shabaab (i giovani, in arabo), come sono chiamati i terroristi di Ansar al Sunna.

La “maledizione” delle ricchezze del suolo, sfruttate da altri

Le violenze sono causate dal desiderio di controllare le immense ricchezze scoperte nel sottosuolo del Nord del Mozambico tra il 2010 e il 2013. Si parla di giacimenti di gas per oltre 5mila miliardi di metri cubi, la nona riserva del pianeta per importanza; e poi le miniere di rubini e di bauxite, oltre a carbone, oro, rame, fluorite, uranio. La maggior parte di queste ricchezze vengono sfruttate da multinazionali occidentali e le ricadute in termini economici sulla popolazione sono nulle. La provincia settentrionale di Cabo Delgado era e resta tra le più misere del Paese.