Il fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata sarà tra i nuovi santi proclamati da Papa Francesco nella mattinata di domenica 20 ottobre. L’arcivescovo di Manaus: il suo desiderio di condividere il Vangelo è un’ispirazione. Madre Bortolomasi: il suo stile missionario era di vicinanza alla gente. Padre Lengarin: nella “società dei TikTok”, riscopriamo la meditazione
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
“Ci aiuta tantissimo nel volere essere sempre in cammino. Sempre imparando, ma imparando ascoltando”. Così il cardinale Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus in Amazzonia, traccia un ritratto dell’eredità lasciata dal beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, e tra coloro che Papa Francesco canonizzerà domenica 20 ottobre sul sagrato della basilica di San Pietro, insieme a Manuel Ruiz López e sette Compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra.
Gli ospiti del “Meeting point”
L’occasione per inquadrare la figura di Allamano è stata il “Meeting point” organizzato presso la Sala Stampa della Santa Sede in vista delle canonizzazioni. Presenti, oltre al cardinale Steiner, anche Júlio Ye’kwana presidente dell’Associazione Wanasseduume Ye’kwana (Seduunme) e leader indigeno del territorio Yanomami nello Stato di Roraima; monsignor Evaristo Pascoal Spengler, vescovo di Roraima e presidente della Rete Ecclesiale Pan-amazzonica (Repam Brasile); madre Lucia Bortolomasi, superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata dal 2023; padre James Bhola Lengarin superiore generale dei Missionari della Consolata.
La fondazione delle missioni
In una serie di brevi interventi iniziali, gli ospiti hanno ricordato la storia della missione di Allamano, concretizzatasi nella fondazione dell’Istituto Missioni Consolata, risalente al 1901, e quello successivo delle Missionarie della Consolata nel 1910. Successivamente, i relatori si sono messi a disposizione dei giornalisti per rispondere alle loro domande e presentare la figura del missionario originario di Castelnuovo d’Asti.
Troppe sofisticazioni nella predicazione del Vangelo
Intervistato dai media vaticani, il cardinale Steiner ha individuato l’eredità lasciataci dal beato Allamano in relazione all’area geografica nella quale è chiamato ad operare oggi. “Il nostro contesto non è complicato, è semplice”, ha affermato l’arcivescovo di Manaus. “E per questo tante volte è difficile, perché noi siamo troppo sofisticati, anche nel modo di voler trasmettere il Vangelo”. Per fare fronte alle presenti complicazioni, il cardinale Steiner ha richiamato proprio la figura di “padre Giuseppe”, dal quale “possiamo imparare tantissimo”. Specialmente, dal suo “desiderio di portare il Vangelo” a tutti coloro che “non hanno ancora ascoltato Gesù.”
Il Regno di Dio è “semplice”
Una figura, quella del beato Allamano, dalla quale secondo l’arcivescovo di Manaus si può trarre ispirazione per “uscire da noi stessi”. “Il bene fa poco rumore”, era una delle frasi che amava ripetere, eppure il cardinale Steiner ha notato una necessità di fare rumore “quando si tratta delle ingiustizie” subite, ad esempio, dalle popolazioni indigene residenti in Amazzonia. “Vogliamo fare rumore perché la giustizia venga alla luce. Vogliamo fare rumore quando non c’è fraternità, perché la fraternità sia la nostra luce. Vogliamo fare rumore dove Dio è dimenticato, perché Lui è la nostra luce. Vogliamo fare rumore quando le nostre relazioni sono diventate troppe sofisticate”. Un invito ribadito con fervore, per condividere il “modo di vivere del Vangelo” e fare esperienza di quel Regno di Dio che in fondo è “semplice”. “Semplice come gli uccelli, semplice come I fiori del campo”.
Il futuro della Chiesa amazzone
La futura canonizzazione del beato fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata è un’occasione per riflettere anche sull’avvenire della Chiesa amazzone. L’auspicio del cardinale Steiner è quello di potere fare esperienza di comunità “sinodali” ed “in missione”. Quest’ultima caratteristica, così bene compresa ed attuata dal beato Allamano “è molto importante” nella regione sudamericana. “Quando ci riuniamo nelle diverse diocesi, anche con i laici”, ha raccontato l’arcivescovo di Manaus, “la questione riguarda sempre il come evangelizzare”.
Vicinanza alle comunità
“Ci voleva sante, sante prima che missionarie”, è invece l’affermazione e la vocazione percepita da madre Bortolomasi nel descrivere il beato Allamano. Il suo stile missionario viene riassunto in un’intensa “comunione con Dio” e una vicinanza alla gente caratterizzata da tanta “umiltà” quanta “semplicità”. “Esserci. Essere veramente vicino al popolo e alla gente”. Un concetto che può suonare contradditorio, per una persona che “non amava le grandi assemblee”, ma che tuttavia amava “il rapporto persona a persona”. In relazione ai carismi del beato Allamano, madre Bortolomasi evidenzia la costanza nell’annuncio del Vangelo “ai popoli che ancora non conoscono Gesù”. Sulla scia delle affermazioni del cardinale Steiner, viene ribadito come attraverso l’evangelizzazione si può “uscire da noi stessi” per incontrare il prossimo e portare ad egli l’annuncio della Parola.
Il miracolo attribuito al beato Allamano
La conversazione con la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata è stata anche l’occasione per ricordare il miracolo ricevuto dall’indigeno Sorino Yanomami, nato nella comunità di Maimasik (Roraima-Brasile), presumibilmente nel 1955. Assalito alla testa da un giaguaro, Yanomami viene soccorso da “una nostra sorella”, chiamata dai locali e accortasi immediatamente della “gravità della situazione”. L’assistenza arriva dalla vicina città di Boa Vista, dove l’idigeno viene soccorso dai medici. Nel frattempo Suor Felicita, questo il nome della soccorritrice, inizia a pregare insieme a tutta la comunità il beato Allamano per ottenere un miracolo. Un segno prodigioso, il risveglio di Yanomami, che si registra il 16 febbraio, data non casuale in quanto proprio in quel giorno ricorre “la festa del nostro fondatore”, come ricordato da madre Bortolomasi. Inizialmente “non l’abbiamo preso in mano”, ha ammesso la superiora generale delle Suore Missionarie della Consolata in relazione al miracolo, “e adesso il Papa l’ha riconosciuto santo”.
Ascolto e costruzione di scuole e centri medici
Il dialogo con padre Lengarin ha invece rappresentato l’opportunità per riflettere sulla “spiritualità” del beato Allamano, così celebre da attrarre cardinali da tutte le parti del mondo, fino dal sud dell’Etiopia. La sua testimonianza di sofferenza e di mancata conoscenza della Parola di Dio da parte del suo popolo fu l’input che fece scattare nel beato Allamano “l’idea di diventare missionario”. Nonostante le sue fragili condizioni di salute non glielo permettessero in prima persona, egli elaborò comunque una sorta di vademecum sul tema, predicando l’ascolto delle persone ma anche la concreta costruzione di scuole e centri medici.
“Innamorato” della Parola
Padre Lengarin ha ricordato i contatti decennali con il popolo Yoruba, originario dell’Africa occidentale. Inizialmente “non volevamo nemmeno celebrare i battesimi”, ha spiegato, poiché il metodo di lavoro prevedeva che fossero le persone stesse a notare “qualcosa di diverso” nei missionari e farsi avanti in prima persona, domandando “cosa c’è di diverso in voi? Perché siete qui con noi?” Una domanda che ha rappresentato l’inizio di tante conversazioni che non tralasciavano, tuttavia, i bisogni materiali e spirituali dei locali. Questo poiché “siamo noi a volere dare la nostra vita” per loro. Tra i valori ancora oggi attuali che caratterizzavano il beato Allamano, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha individuato innanzitutto quello della “fedeltà”. Il missionario era prima di tutto “un brav’uomo” che “seguiva ciò che gli era richiesto di fare”. Tale pregio si rifletteva soprattutto nell’ascolto della Parola, di cui era “innamorato”, “alla lettera”, mettendosi in cammino sulla “strada” da essa indicata.
Meditare, nella “società dei TikTok”
Lasciarsi conquistare dal Vangelo significa ritrovare quei valori fondamentali, spesso ricercati “dentro di noi”, quando in realtà essi “si ritrovano dentro di noi”. Padre Lengarin ha ricordato l’importanza che il beato Allamano attribuiva all’istruzione e alla formazione. Un tratto rilevante più che mai al giorno d’oggi, immersi in una società che “non legge” e che “non si informa”. La società “dei TikTok”, dove le cose si muovono “veloci”, spesso anche troppo, mentre invece sarebbe importante riscoprire la “meditazione sulle cose” per trovare “ciò che è davvero importante”. In ultimo, il superiore generale dei Missionari della Consolata ha riconosciuto la saggezza e il rispetto, provato dal beato Allamano verso il prossimo, “nel modo in cui egli o ella è”. “A volte scherzo e dico che Dio è cieco perché non conosce i colori”, ha concluso con un sorriso padre Lengarin, “e ci crea così come siamo, così che il nostro cuore possa aprirsi e ognuno di noi possa pensare al prossimo”.