Vanimo, il Papa abbraccia la gente “esperta di bellezza”: attenti al male che imprigiona

Vatican News

Francesco da Port Moresby si è trasferito per un giorno con un Air Force australiano nella zona nord-ovest della Papua Guinea per visitare questa città portuale, a maggioranza cattolica, dove operano i missionari, tra cui l’amico argentino padre Martin. Tra danze, canti, suoni e migliaia di persone riversate per strada, il Pontefice ha incontrato 20 mila fedeli nella spianata antistante la cattedrale.

Salvatore Cernuzio – Inviato a Vanimo

Il fotogramma più toccante, in un contesto di gioia straripante scandita da canti e danze tribali, da grida di esultanza e rumori di tamburi a mano e altre percussioni, è stato l’abbraccio, quasi timido nella sua semplicità, a padre Martin Prado. Due amici che si ritrovano, dopo anni di lettere e telefonate, finalmente dal vivo: il Papa argentino, quasi 88 enne, pellegrino nel Sud Est asiatico e in Oceania, e il missionario, pure argentino, 35 anni, da dieci in Papua Nuova Guinea, esattamente a Vanimo, dove assiste le comunità dei villaggi anche più sperduti insieme. Proprio l’incoraggiamento alla missione sua e degli altri confratelli è tra i motivi per cui Francesco ha voluto farsi presente a Vanimo, città più grande e popolosa della provincia di Sandaun e del distretto di Vanimo-Green River, sulla costa nord-occidentale del Paese, ai confini con l’Indonesia.

Accoglienza festante

Una porzione di Papua quasi sperduta, circondata da una spiaggia di sabbia bianca di fronte al Pacifico, che il Papa ha raggiunto grazie ad un C130 dell’Air Force messo a disposizione dall’Australia. Partito alle 12.18, ora locale, il velivolo militare con a bordo il Pontefice, il seguito e un ristretto gruppo di giornalisti, è atterrato due ore dopo sotto un sole cocente mentre nell’aria arrivava l’eco di canti femminili intonati da donne – anche molto anziane – indigene, seminude o vestite con gli abiti della festa. Due cordoni iniziati all’aeroporto e proseguiti fino alla spianata verde antistante la povera cattedrale lignea di Vanimo. Lì da un palco rosso, adornato da fiori tropicali e nastri gialli e bianchi, Papa Francesco ha dato il suo abbraccio a 20 mila fedeli, di tutte le età e tribù. La metà dei circa 41.656 cattolici che abitano le 25 parrocchie presenti.

Esperti di bellezza

“Esperti di bellezza” li ha definiti il Papa. Bellezza data dalla natura ma anche dall’anima di questa gente. Una bellezza, tuttavia, ferita da rivalità, divisioni tribali, da paure date da superstizione e magia, da sfruttamento, alcool e droghe: “Mali che imprigionano e rendono infelici tanti fratelli e sorelle, anche qui”, ha messo in guardia Jorge Mario Bergoglio nel suo discorso, preceduto dal saluto del vescovo Francis Meli locale e le testimonianze di un catechista, una bambina della Lujan Home for Girls, una religiosa e una famiglia.

Il dono di un copricapo piumato

Tra loro anche la piccola Maria Joseph che sulla testa del Pontefice ha posto un copricapo di piume, pelle e pelliccia, simbolo di autorità. Francesco ha voluto tenerlo sul capo per diversi minuti, mentre la folla esplodeva in un applauso. A sorvegliare tutto dal palco, una copia di “Mama Lujan”, la Vergine di Lujan, patrona dell’Argentina alla quale il Papa ha voluto rendere un piccolo omaggio. Prima, lungo il breve tragitto fino alla spianata, ha invece distribuito caramelle (anche alcuni lecca-lecca argentini) ai tanti, tantissimi, bambini che con bandierine e palloncini accennavano a passi di danza ai lati del marciapiede e si schermivano dinanzi a smartphone e telecamere.

Terra di missione

Il caldo supera i 30 gradi, l’umidità e all’81%, le mosche e altri insetti si appiccicano al viso e alle braccia, e nella bocca si mangia la polvere. Tutto però grida “bellezza” in questa terra ai confini del mondo a cui il Vescovo di Roma si è fatto presente come pastore, portando pacchi di regali e altri sostegni. “Sono contento di incontrarvi in questa terra meravigliosa, giovane e missionaria!”, ha esordito Papa Francesco, ricordando la storia di missione di questi luoghi iniziata nella metà del XIX secolo e sviluppatasi nel tempo con l’aiuto ai fratelli, nella cura pastorale, nell’istruzione, nell’assistenza sanitaria e in molti altri ambiti, con neanche poche difficoltà. Proprio queste opere materiali, come chiese, scuole e ospedali, strutture dall’architettura semplice e dall’aspetto povero che si vedono lungo le strade, “testimoniano attorno a noi che Cristo è venuto a portare salvezza a tutti, perché ciascuno fiorisca in tutta la sua bellezza per il bene comune”, ha detto il Papa.

Una natura che evoca l’Eden

Ha poi spostato lo sguardo verso il panorama circostante, una natura incontaminata che sembrano condensare in sé le particolarità dell’Amazzonia o dei Caraibi che fa apparire Vanimo quasi come un quadro di diverse gradazioni di verde e di blu. “Voi qui siete ‘esperti’ di bellezza, perché ne siete circondati! Vivete in una terra magnifica, ricca di una grande varietà di piante e di uccelli, in cui si resta a bocca aperta davanti a colori, suoni e profumi, e allo spettacolo grandioso di una natura che esplode di vita, evocando l’immagine dell’Eden!”, ha esclamato il Papa. Questa ricchezza, ha aggiunto, è un dono del Signore “perché viviate anche voi così, uniti in armonia con Lui e con i fratelli, rispettando la casa comune e custodendovi a vicenda”.

La bellezza dentro ognuno di noi

Lo spettacolo non è solo fuori ma anche dentro a ognuno di noi: “Ciò che cresce in noi quando ci amiamo a vicenda”. E “diffondere ovunque, attraverso l’amore di Dio e dei fratelli, la bellezza del Vangelo di Cristo” è la missione che spetta a ciascuno di noi, ha detto il Papa. Alcuni la compiono affrontando lunghi viaggi, per raggiungere le comunità più lontane, a volte lasciando la propria casa. È “una cosa bellissima” e la comunità deve sostenerli, ha esortato il Papa, così anche da riuscire a “conciliare le esigenze della missione con le responsabilità della famiglia”. Un altro modo per aiutare i missionari “è che ciascuno di noi promuova l’annuncio missionario là dove vive: a casa, a scuola, negli ambienti di lavoro, perché dappertutto, nelle foreste, nei villaggi e nelle città, alla bellezza deipanorami corrisponda quella di una comunità in cui ci si vuole bene”.

Grande orchestra

Così si formerà “una grande orchestra” capace di “ricomporre le rivalità, di vincere le divisioni – personali, familiari e tribali –; di scacciare dal cuore delle persone la paura, la superstizione e la magia; di porre fine a comportamenti distruttivi come la violenza, l’infedeltà, lo sfruttamento, l’uso di alcool e droghe: mali che imprigionano e rendono infelici tanti fratelli e sorelle, anche qui”. “Ricordiamolo – ha concluso Jorge Mario Bergoglio – l’amore è più forte di tutto questo e la sua bellezza può guarire il mondo”.

Per chilometri in papamobile

Da qui un pensiero ai bambini, con i loro “sorrisi contagiosi” e la “gioia prorompente, che sprizza in ogni direzione”. “Siete l’immagine più bella che chi parte da qui può portare con sé e conservare nel cuore!”, ha scandito Francesco. E di questa bellezza il Papa ha voluto goderne ancora a lungo, lanciandosi in un lunghissimo percorso in papamobile dalla spianata fino alla scuola dove incontra padre Martin e gli altri missionari privatamente. Chilometri e chilometri di baracche nel fango e palafitte sull’acqua, di distese verdi e cespugli variopinti. Di cartelloni di tutti i generi con il volto del Papa, accostato a quello della Madonna o a messaggi di benvenuto. Chilometri di gente, donne e bambini soprattutto, abbigliati con tuniche sgargianti o t-shirt di due taglie in più, con i loro volti meticci, dai tratti talvolta asiatici talvolta africani, con i loro capelli rasta, con le treccine o le zazzere ricciolute, diversi ma tutti con gli stessi occhi. Neri, rotondi, profondi, oggi ricolmi di gratitudine.