Escalation in Medio Oriente, gli scenari possibili

Vatican News

Si inasprisce la tensione tra l’Iran ed Israele. La diplomazia internazionale è al lavoro per evitare un’escalation, ma per gli Stati Uniti la possibilità di un coinvolgimento della Repubblica Islamica nel conflitto sta diventando molto più che un’ipotesi. Farian Sabahi, ricercatrice senior presso l’Università degli Studi dell’Insubria: “L’Iran agisce anche attraverso i suoi alleati regionali”

Silvia Giovanrosa – Città del Vaticano

L’Iran sarebbe pronto ad attaccare Israele con l’aiuto di Hezbollah, questo il prossimo scenario mediorientale così come riportato dai media statunitensi. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha espresso preoccupazione per le crescenti tensioni ed ha esortato il premier Israeliano, Benjamin Netanyahu, a raggiungere rapidamente un accordo di cessate il fuoco a Gaza. Israele ha posto l’esercito in stato di massima allerta, mentre Hamas ha indetto per oggi una “giornata della rabbia” in occasione della sepoltura di Haniyeh a Doha, in Qatar.

L’ipotesi di un coinvolgimento dell’Iran nel conflitto

La comunità internazionale teme che l’Iran possa aprire un nuovo fronte di guerra nella regione. Secondo diverse fonti, Teheran avrebbe informato Qatar e Arabia Saudita della sua intenzione di attaccare Israele, chiedendo a Doha e Riyad di non consentire l’utilizzo del proprio spazio aereo a Israele o agli Stati Uniti. Biden, in una telefonata con Netanyahu, ha ribadito il suo impegno per la sicurezza di Israele contro tutte le minacce provenienti dall’Iran e dai movimenti sostenuti da Teheran, quali Hamas, Hezbollah e Houthi. “Il conflitto è già allargato e l’Iran è pienamente coinvolto”, spiega Farian Sabahi, icercatrice senior presso l’Università degli Studi dell’Insubria, ricordando quando, già il 13 aprile scorso, la Repubblica Islamica tentò di colpire Israele lanciando missili e droni nella zona del Neghev come ritorsione per l’attacco israeliano alla sede consolare iraniana a Damasco. “L’Iran –  nota la professoressa Sabahi – agisce anche attraverso i così detti proxy, ovvero gli alleati regionali, come Hezbollah in Libano e gli Houti nello Yemen”. Secondo la docente, quindi, è possibile che l’Iran non intervenga direttamente nel conflitto, ma decida di servirsi dell’aiuto di tali gruppi. “L’Iran, in questo momento, sta cercando la deterrenza atomica – prosegue l’esperta – poiché un coinvolgimento diretto significherebbe creare un pretesto per Israele di attaccare i siti nucleari iraniani”.

Ascolta l’intervista alla professoressa Farian Sabahi

La liberazione degli ostaggi

Ismail Haniyeh era il capo politico di Hamas, a differenza di Yahya Sinwar, uno dei fondatori dell’ala militare del movimento, che attualmente si nasconderebbe nei tunnel di Gaza, aveva la possibilità – prosegue Sabahi – di fungere da mediatore nei negoziati per la liberazione degli ostaggi. La sua eliminazione potrebbe quindi rivelari, ritiene la docente, un ostacolo alle trattative.

Il presidente iraniano Pezeshkian

Masoud Pezeshkian, neo presidente iraniano, ha basato tutta la sua campagna elettorale sull’apertura all’Occidente, ed in particolare con gli Stati Uniti, per tentare di alleggerire le sanzioni che interessano l’Iran. Farian Sabahi sottolinea come attualmente sia complicato riprendere tale politica di riavvicinamento: “La parola d’ordine a Teheran è vendetta, ad essere vittima dell’attentato ad Haniyeh è anche questo nuovo governo moderato, che cercava una soluzione alla gravissima crisi economica che ha colpito l’Iran”, dove, conclude Sabahi,  un terzo degli 85 milioni di abitanti “viva al di sotto della soglia di povertà, nonostante la grande ricchezza che, a causa delle sanzioni internazionali, non è condivisa dalla popolazione”.