Concluso a Torino il XIII raduno internazionale del movimento laicale di spiritualità coniugale. L’invito di Gabriella Gambino agli sposi cristiani: “Suscitate il desiderio di stare cuore a cuore con Dio”. Suor Nathalie Becquart: “La famiglia, prima scuola di sinodalità”. Il prossimo appuntamento sarà nel 2030
L’Osservatore Romano
«Avete camminato lungo la strada per Emmaus non da soli, ma come sposi, mano nella mano, avete accolto Gesù, che ha camminato tra voi, in mezzo alla vostra coppia. Vi siete lasciati condurre e avete sentito ardere il vostro cuore. Andate, dunque, da oggi con il cuore ardente a donare i doni che avete ricevuto, mossi dall’ardore, da un calore e dalla forza profonda che nasce dal vostro incontro personale e di coppia con Cristo». Così Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, si è rivolta stamane, 20 luglio, alle quasi cinquemila coppie provenienti da tutto il mondo che, insieme ai loro consiglieri spirituali, da lunedì 15 luglio sono riunite a Torino, in Italia, in occasione del XIII raduno delle Équipes Notre-Dame. Alternati a momenti di spiritualità e riflessione, i lavori, incentrati sul tema Andiamo con cuore ardente sulle tracce dei discepoli di Emmaus, si sono chiusi oggi. Il prossimo appuntamento internazionale sarà nel 2030.
L’ardore, ha spiegato Gambino nel suo intervento dal titolo Andiamo con il cuore ardente, è «una sete da appagare ogni giorno, ritornando all’Eucaristia, fonte e apice della vita cristiana», e per mantenerlo vivo non bastano la forza della volontà, né lo sforzo di un ragionamento, né il ricordo: «Il cuore arde mentre Cristo conversa con noi nell’intimità. Il luogo di questo dialogo è l’Eucaristia: lì lo riconosciamo e lo rincontriamo, come singoli fedeli battezzati e come sposi».
Poi si è soffermata sul significato di Chiesa domestica: «Come per la magna ecclesia, il Corpo di Cristo è fonte e apice della sua pienezza. Attraverso l’Eucaristia la coppia riprende coscienza della propria vocazione ecclesiale e riceve la grazia, alimentandola ogni volta, per essere Chiesa domestica». I coniugi, ha detto rievocando la Lettera di Papa Francesco agli sposi in occasione dell’Anno Amoris Laetitia, «diventano così domus Domini, casa del Cristo che abita con loro, bussa e attende che essi aprano i loro cuori, per sostenerli con l’ardore del suo amore».
«Suscitare il desiderio di stare cuore a cuore con Dio — ha proseguito Gambino — è un cammino che si può proporre a ogni coppia cristiana», ma la missione evangelizzatrice di «rendere il mondo permeabile a Dio e alla sua Grazia» avviene «se noi, per primi, rimaniamo permeabili all’amore del Padre». Qui ha richiamato le immagini di due sostanze chimicamente identiche ma dalla struttura molecolare opposta, una assorbente e una riflettente la luce: «Siamo come il carbone quando portiamo agli altri noi stessi, le nostre idee, i nostri piani, i nostri ragionamenti; quando generiamo divisioni, alimentiamo conflitti o li lasciamo ristagnare. Ma possiamo essere come diamanti, se ci svuotiamo di noi stessi per riflettere il desiderio di Gesù di trasformare le nostre vite familiari per dar loro pienezza».
«Il vostro carisma — ha detto agli equipiers — esalta il matrimonio come sacramento in missione! Esercitatelo, dunque, con gioia e condividetelo. Non sia per voi un privilegio, ma un compito per testimoniare la bellezza del matrimonio in un tempo in cui i giovani non si sposano più».
In un mondo in cui le famiglie hanno «fame spirituale di Cristo», «bisogno di fiducia, conforto, di sentirsi amati e accolti con le proprie manchevolezze e fragilità», l’invito del sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita è ad «accompagnare e accogliere le persone, senza che resti quella pericolosa contrapposizione tra i loro bisogni concreti e il trascendente, cioè Gesù». È un compito delle famiglie cristiane — ha chiarito Gambino — aiutare altre famiglie a farsi ministeri, Chiese domestiche». Specie le nuove generazioni di sposi «vanno rese consapevoli di essere ministeri viventi, necessari per edificare la Chiesa», perché «solo le Chiese domestiche che vivono al loro interno la comunione potranno essere soggetto di una efficace evangelizzazione» ha concluso, facendo riferimento al ruolo delle famiglie, alla trasformazione in atto con il Sinodo e al bisogno, forte più che mai, di «respirare la comunione e di vederla in azione».
Proprio la famiglia come «prima scuola di sinodalità» è stata il punto di partenza dell’intervento di suor Nathalie Becquart, sottosegretario della Segreteria generale del Sinodo, che ieri, venerdì 19, nel capoluogo piemontese ha parlato di sinodalità come cammino di comunione.
«Come coppie impegnate nel matrimonio cristiano, voi portate questa testimonianza fondamentale di un possibile cammino di sinodalità per tessere la comunione nella differenza aprendosi alla fecondità dell’amore» ha esordito, evidenziando come «l’esperienza della coppia», forte del «desiderio di vivere pienamente la grazia del matrimonio cristiano», dia origine a «un cammino insieme a Cristo nella differenza, un’esperienza concreta di messa in pratica di tre parole chiave del Sinodo: comunione, partecipazione, missione».
Quel che accade in famiglia, ossia il «sedersi regolarmente insieme per fare il punto della situazione, discutere le questioni importanti della vita, condividere le decisioni importanti e trovare il modo di superare possibili conflitti» è, secondo Becquart, come un “mini-sinodo”, che consente alla coppia di «rileggere il cammino insieme e discernere come andare avanti».
D’altra parte, il matrimonio «è l’avventura di una comunione che si approfondisce quando ciascuno si lascia trasformare e convertire da ciò che lo Spirito plasma in lui attraverso l’altro», secondo una dinamica di «conversazione e conversione» che è all’opera anche nel metodo sinodale.
Per Becquart «c’è un legame profondo tra ciò che è la Chiesa e ciò che è una famiglia, comunità di vita e di amore il cui modello per i cristiani è la relazione trinitaria: ecco perché il Sinodo sta evidenziando sempre di più la visione di una Chiesa sinodale come quella di una Chiesa famiglia». Allo stesso modo, se la sinodalità «mette al centro le relazioni», coppie e famiglie, in quanto «prima cellula della Chiesa», rappresentano «un nucleo relazionale che intesse rapporti d’amore non in modo teorico e astratto, ma incarnando giorno per giorno questo amore ricevuto e donato nei gesti e negli atti della vita quotidiana». Dall’esperienza del Sinodo è possibile comprendere, ha sottolineato, che «nella coppia, nella famiglia, come nella Chiesa, vivere la comunione è sia un dono di Dio Trinità che un cammino» secondo una dinamica, quella del sacramento del matrimonio cristiano, che è in qualche modo «dello stesso ordine della dinamica sinodale con cui ci riconosciamo reciprocamente come battezzati rivestiti di pari dignità, incorporati dal battesimo nello stesso corpo che ci rende fratelli e sorelle in Cristo, chiamati a servire insieme la missione della Chiesa».
Esplorando il legame tra Eucaristia e sinodalità alla ricerca di elementi che permettono di vivere una «spiritualità della sinodalità che intesse la comunione» per Becquart la preghiera dell’Adsumus, nella quale si invoca lo Spirito, «senza dubbio potrebbe aiutare a vivere la sinodalità in coppia e in famiglia».
Da qui, l’invito conclusivo ai coniugi presenti a rileggere l’esperienza del raduno torinese, raccogliendo semi di sinodalità «per farli fruttificare a casa, per continuare a tessere la comunione nella coppia, nella famiglia, nelle équipes, nelle comunità cristiane, ma anche più ampiamente nella società, nei luoghi di lavoro e di impegno».