Francesco riceve in udienza i partecipanti ai capitoli generali di sei ordini e istituti religiosi e li esorta a proseguire la strada tracciata da fondatrici e fondatori e a continuare le loro opere, lasciandosi interrogare “da ciò che hanno scelto e da ciò a cui hanno rinunciato” ascoltando Dio. Nella vita consacrata l’ambizione è “come la ‘malattia gialla’, dice il Pontefice, bisogna “leggere insieme, con sapienza, il presente”, per “prendere le decisioni migliori per il futuro
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Nel mese in cui, come di consueto, sono sospese tutte le udienze per la pausa estive, Papa Francesco ha voluto incontrare oggi, 15 luglio, sei ordini e istituti religiosi. Nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Pontefice ha ricevuto i partecipanti ai capitoli generali dell’Ordine dei Minimi, dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori, dei Chierici di San Viatore, delle Missionarie di Sant’Antonio Maria Claret, delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore e delle Suore Agostiniane del Divino Amore e, iniziando il suo discorso, a braccio, ha chiesto a ogni famiglia religiosa il numero di novizi e novizie, “perché è domandare per il futuro della vostra congregazione”, ed ha esortato a pregare per le vocazioni. Poi si è soffermato sul tema della semplicità nella vita consacrata che, ha detto, consiste nella scelta dell’essenziale e nella rinuncia al superfluo che fondatrici e fondatori hanno saputo fare, “ciascuno di loro, in circostanze diverse” e “lasciandosi forgiare giorno per giorno” dalla stessa “semplicità dell’amore di Dio che risplende nel Vangelo”.
L’amore di Dio è semplice e la sua bellezza è semplice, non è una bellezza sofisticata, no. È semplice, è alla mano. Preparandovi ai vostri incontri, perciò, chiedete anche voi al Signore di essere semplici, personalmente e anche semplici nelle dinamiche sinodali del cammino comune, spogliandovi di tutto ciò che non serve o che può ostacolare l’ascolto e la concordia nei vostri processi di discernimento; spogliandovi di calcoli, di ambizioni.
L’invidia, “malattia gialla”
Nella vita consacrata l’ambizione “è una peste”, ha ammonito il Papa, e nella vita comunitaria “è brutta l’invidia”, è “come la ‘malattia gialla’, una cosa brutta”, così come “pretese, rigidità” e qualunque “tentazione di autoreferenzialità”. Senza di queste è possibile “leggere insieme, con sapienza, il presente”, per cogliervi “‘i segni dei tempi’ e prendere le decisioni migliori per il futuro”.
Il cammino spirituale di chi si consacra a Dio
Riflettendo poi sulle loro diverse origini, tra il sedicesimo e il ventesimo secolo, Francesco ha sottolineato che questa varietà è “immagine viva del mistero della Chiesa, in cui: ‘a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito Santo per il bene comune di tutti’”.
Quella dei consacrati e delle consacrate è un “cammino spirituale” che i Padri della Chiesa definivano “amore per la bellezza divina”, ha ricordato Francesco, che “è irradiazione della divina bontà”, come scriveva Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Vita consecrata. È una strada lontana “dalle lotte interne” e “da interessi che non siano quelli dell’amore”, ha osservato il Papa, soffermandosi sulla “bellezza” e sulla “semplicità” della vita consacrata.
La bellezza della vita consacrata
“In circostanze, tempi e luoghi diversi”, quelle di chi si consacra a Dio “sono storie di bellezza, perché in esse traspare la grazia del volto di Dio”, che i Vangeli ci vedere in Gesù, “nelle sue mani raccolte in preghiera nei momenti di intimità col Padre, nel suo cuore pieno di compassione – ha spiegato Francesco – nei suoi occhi accesi di zelo quando denuncia ingiustizie e soprusi, nei suoi piedi callosi, segnati dalle lunghe marce con cui ha raggiunto anche le periferie più disagiate ed emarginate della sua terra”. “Sotto l’impulso dello Spirito Santo”, sono stati capaci di cogliere “i tratti di questa bellezza” fondatrici e fondatori di congregazioni, ordini e istituti religiosi, che hanno saputo “corrispondervi in modi diversi, secondo i bisogni delle loro epoche”, dando vita a “pagine meravigliose di carità concreta, di coraggio, di creatività e di profezia, spendendosi nella cura dei deboli, dei malati, dei vecchi e dei bambini, nella formazione dei giovani, nell’annuncio missionario e nell’impegno sociale”. Si tratta di opere che vanno continuate e portate avanti, ha esortato Francesco che ha invitato religiosi e religiose a continuare “a ricercare e seminare la bellezza di Cristo nella concretezza delle pieghe della storia”, ascoltando l’Amore che ha animato i loro fondatori, lasciandosi interrogare “dalle modalità con cui loro hanno corrisposto” a questo Amore, e quindi “da ciò che hanno scelto e da ciò a cui hanno rinunciato, magari con sofferenza”.
Non trascurare la preghiera
Religiose e religiosi abbracciano la povertà per svuotarsi “di tutto ciò che non è amore di Cristo” e per lasciarsi “riempire dalla sua bellezza, fino a farla traboccare nel mondo” lì dove Dio manda, “specialmente attraverso l’obbedienza. E questa è una missione grande”, ha rimarcato Francesco, specificando che attraverso il “sì” dei consacrati Dio lascia apparire “la potenza della sua tenerezza, che va oltre ogni possibilità”. Ad ognuno, infine, il Papa, ha raccomandato di pregare e di curare il dialogo con Dio.
Non lasciare la preghiera, una preghiera dal cuore; non lasciare i momenti davanti al tabernacolo parlando con il Signore, parlando al Signore e lasciando che il Signore parli a noi. Ma la preghiera dal cuore, non quella dei pappagalli, no, no. Quella che viene dal cuore e che ci fa andare avanti nella strada del Signore.
Curare la formazione
Prima di congedarsi, Francesco, ha esortato ancora a pregare per le vocazioni, perché nuovi religiosi portino avanti i carismi di fondatrici e fondatori, e a curare la formazione di quanti si preparano a donare la loro vita totalmente a Dio.