Missionario saveriano, dal 1987 al 2012, nominato da Giovanni Paolo II, è stato a capo della diocesi di Makeni. Si è prodigato, in particolare, per la pace e per la riabilitazione dei bambini soldato e ha denunciato il commercio illegale dei diamanti per la compravendita di armi e la corruzione
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
È scomparso ieri, 1 luglio, a Parma, all’età di 88 anni, padre Giorgio Biguzzi, missionario saveriano, vescovo emerito di Makeni, nella Sierra Leone. Il religioso era stato ricoverato dopo due mesi trascorsi nella Casa madre della congregazione, che si trova nella città emiliana. Nato a Calisese, in provincia di Cesena, il 4 febbraio 1936, era entrato nel Seminario Minore nel 1947 e aveva proseguito gli studi nel Seminario Regionale di Bologna, lasciato dieci anni dopo per entrare nel noviziato dei saveriani. Ordinato sacerdote nel 1960, dopo alcuni mesi trascorsi nella comunità Saveriana di Udine e due mesi in famiglia, era stato inviato nella Circoscrizione degli Stati Uniti, dove era rimasto fino al 1973 ricoprendo diversi incarichi. Era stato mandato nella Sierra Leone nel 1974 e dopo dieci anni era stato richiamato in Italia. Nel 1987 era stato eletto vescovo di Makeni. Consacrato il 6 gennaio da Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro, a Roma, aveva svolto il suo ministero episcopale fino al 2012. Tornato in Italia si era impegnato in vari servizi e più recentemente, a motivo della sempre più precaria salute, era stato trasferito nella casa di cura “Fraternità San Lorenzo” di San Pietro in Vincoli. Il 29 aprile di quest’anno, come da sua richiesta, era stato destinato alla Casa Madre.
L’amore per la Sierra Leone
Monsignor Biguzzi amava Makeni e il suo popolo e quando tornava in Italia coinvolgeva persone e gruppi per trovare aiuti di ogni genere. “Il Signore, che sceglie le cose piccole e inutili per i suoi disegni, mi ha chiamato ad essere Testimone del Cristo Risorto nella Chiesa di Makeni – scriveva in una lettera al suo padre generale non appena nominato vescovo -. È un compito davanti al quale mi sento smarrito e che, tuttavia, vedo come una chiamata ad un servizio più generoso e ad un amore più intenso per Cristo e per i fratelli”. Nella missione della Sierra Leone, dove i saveriani hanno creato cappelle e scuole, adoperandosi anche nell’assistenza sanitaria, monsignor Biguzzi, mente acuta e attento osservatore dei processi culturali in atto nel mondo, ha promosso la nascita dell’Università cattolica e si è prodigato, in particolare, nella mediazione nei conflitti e nella riabilitazione dei bambini soldato che nel 2000 ha portato in piazza San Pietro. Ha parlato e scritto dell’orrore della “guerra dei diamanti” e della corruzione ed è stato un uomo di relazioni anche con cristiani di altre Chiese e fedi.
L’impegno per la pace
Come membro del Consiglio interreligioso sierraleonese, ha seguito le trattative per l’accordo di pace tra il presidente Ahmed Tejan Kabbah e il leader RUF (Fronte unito rivoluzionario) Fodai Sankoh, e per questo nel 1999 è stato insignito del Premio Cuore amico. Per la sua autorevolezza ha giocato un ruolo determinante anche nella liberazione delle Missionarie di Maria rapite dai ribelli nel 1995; lui stesso è stato assalito e detenuto per alcuni giorni. Lo scorso anno, già costretto alla carrozzina, è voluto tornare a Makeni per prendere parte alla consacrazione di Bob John Hassan Koroma, primo vescovo sierraleonese dopo un sessantennio di presuli ordinari della congregazione dei saveriani.