Il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali partecipa alla festa di indipendenza di Israele, e sottolinea gli appelli del Papa per il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas, con l’invito a cooperare contro l’antisemitismo. Ma sono esecrabili, aggiunge, gli atti anticristiani degli estremisti ebrei. Di fronte alla “pesante risposta” militare a Gaza, chiarisce, la Santa Sede non può restare “moralmente indifferente”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
In occasione del 76mo anniversario dell’indipendenza dello Stato di Israele, monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, pronuncia un discorso nella sede dell’Ambasciata presso la Santa Sede ripercorrendo brevemente trent’anni di relazioni diplomatiche tra i due Stati ribadendo l’auspicio che la pace, “di cui c’è tanto bisogno”, si possa raggiungere in Israele “al più presto, prima che poi!”.
Il terrorismo non è la soluzione ai conflitti
Il presule ricorda “l’orribile attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas e di altre milizie contro il popolo israeliano”, in cui “centinaia di persone, tra cui numerosi ebrei, sono state brutalmente uccise, violentate e barbaramente prese in ostaggio”. Esprime empatia e dolore per quanto accaduto e, citando le parole di Papa Francesco al Corpo Diplomatico nel gennaio scorso, ripete: “Il terrorismo non è la soluzione di alcun conflitto; è un atto di totale disprezzo per la vita umana e nessuna motivazione, tanto meno politica o religiosa, può giustificarlo”. Rammenta, inoltre, tutti gli sforzi fatti dal Pontefice per chiedere il rilascio immediato delle persone sequestrate, per incontrare i familiari delle vittime, nonché la lettera alle comunità ebraiche in Israele che, afferma Gallagher, “è unica e senza precedenti”.
Non abbandonare il principio di umanità
Alla luce di quella che Gallagher definisce una “pesante risposta militare israeliana a Gaza” – che ha innescato altri attacchi militari contro Israele da parte di diversi attori non statali provenienti da Libano, Yemen e altrove – il diplomatico vaticano fa notare che la Santa Sede, pur dovendosi attenersi ai principi di neutralità, nei conflitti non può restare “moralmente indifferente”. Il Vaticano “non chiude le porte a nessuno e si sforza di comprendere le motivazioni e le prospettive di ognuno”, prosegue monsignor Gallagher, ma scandisce che “il principio fondamentale dell’umanità non deve mai essere abbandonato o eclissato dalle strategie militari, altrimenti – precisa – i principi di necessità e proporzionalità vengono inevitabilmente compromessi”.
Denunciare gli atti di estremismo ebraico e di antisemitismo
Nel suo discorso, Gallagher evidenzia anche gli sforzi in corso per affrontare le recenti preoccupazioni della Chiesa cattolica in Israele che vanno “dall’atteggiamento sempre più aggressivo di alcune autorità amministrative, soprattutto municipali, alla necessità di una maggiore cooperazione per denunciare e prevenire gli esecrabili atti anticristiani degli estremisti ebrei”. La speranza è che le comunità cattoliche in Israele possano continuare a contribuire – come parte della società israeliana – nei campi dell’educazione e del welfare, così come nella promozione del dialogo interreligioso ed ecumenico. “Allo stesso tempo – aggiunge il presule – è mia speranza che quanto prima i Luoghi Santi tornino ad accogliere i pellegrini di tutto il mondo”. E di fronte al flagello dell’antisemitismo, come lo definì Papa Francesco, in aumento negli ultimi mesi, Gallagher insiste sulla necessità di debellarlo insieme in tutte le sue forme.
Che la pace in Israele sia raggiunta al più presto
In conclusione, c’è il riferimento da parte di Gallagher alla Bolla di indizione del Giubileo 2025 dove è netto il Papa nel chiedere che siamo mette in pratica azioni concrete per il raggiungimento della pace. Alla vigilia dello storico momento di preghiera di dieci anni fa, che il Papa commemorerà domani 7 giugno nei Giardini Vaticani, il presule invita alla speranza: “Il dialogo e la comprensione sono possibili. C’è un grande bisogno di pace e spero che si possa raggiungere in Israele al più presto, prima che poi!”.