Michele Raviart – Città del Vaticano
I rappresentanti di cinque Paesi del Mediterraneo, in prima linea nell’accoglienza ai migranti, – Grecia, Italia, Spagna, Cipro e Malta – avviano oggi una due giorni di incontri ad Atene per discutere delle linee comuni sul nuovo patto europeo sui migranti e sui meccanismi di rimpatrio per le persone a cui è stato negato l’asilo. Il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo presentato dalla Commissione europea prevede infatti una cooperazione più stretta con i Paesi d’origine dei migranti attraverso aiuti allo sviluppo, investimenti, commercio e un rafforzamento dei canali di immigrazione legale.
Caritas: altre priorità prima dei rimpatri
L’obiettivo, ha ribadito il Commissario europeo per le migrazioni Ylva Johansson, è redigere una lista di Paesi con cui avviare i negoziati entro quest’estate, con delle restrizioni dei visti per i Paesi che non cooperano sufficientemente per riprendere i loro cittadini che sono nell’Ue illegalmente. “Sicuramente ha senso che si incontrino questi cinque Stati, perché la pressione che questi hanno è ancora troppo forte”, spiega a Vatican News Silvia Sinibaldi, direttrice delle emergenze umanitarie di Caritas Europa, “ma la questione dei rimpatri obbligatori è considerata la prima cosa all’ordine del giorno quando invece il Patto racchiude tutta un’altra serie di elementi che non posso essere messi in secondo piano”. Ad esempio, sottolinea Sinibaldi, “il Patto ha dalla sua la positività che in generale la narrativa della migrazione porta e che è una narrativa che dà spazio ad esempio alle riunificazioni famigliari, che è un punto fondamentale secondo Caritas, e c’è un tentativo di rispetto e di monitoraggio dei diritti fondamentali. C’è poi un maggiore allargamento delle vie legali di accesso sicuro per i migranti, che è un altro punto fondamentale per far sì che le politiche migratorie possano essere più efficaci perché, finchè non ci saranno vie di accesso sicure, quelle che l’Europa considera immigrazioni irregolari continueranno”.
In 1500 sono in attesa nei campi di accoglienza
Il tema dei rimpatri è particolarmente sentito dalle autorità greche perché la vicina Turchia, da dove migliaia di migranti e rifugiati arrivano ogni anno, non accetta coloro le cui domande di asilo sono state respinte dalle autorità, non rispettando, secondo Atene, il protocollo bilaterale e gli impegni presi con la dichiarazione Ue-Turchia del 2016.Si tratta al momento di 1450 persone che vivono nei centri di accoglienza delle isole greche, in condizioni estremamente difficili, come ha sottolineato la Caritas Europa in una dichiarazione, parlando di sovraffollamento, condizioni di vita sotto gli standard minimi e un rallentamento nelle procedure d’asilo. Gli effetti deleteri di questa politica di contenimento sono stati direttamente testimoniati dalla Caritas, che rivela anche un inasprimento delle violenze da parte delle frustrate comunità locali, inizialmente accoglienti nei confronti dei migranti, con uno spazio per le organizzazioni umanitarie sempre più ristretto.
Più della metà delle persone soffre di stress post-traumatico
“I campi sono sicuramente sovraffollati”, ribadisce Sinibaldi. “A Lesbo dopo l’incendio di Moria è stato creato un nuovo campo dall’Unhcr, ma in ogni caso le condizioni nei campi non possono essere quelle in cui devono rimanere persone che vivono in forti situazioni di stress. Più della metà delle persone nei campi, infatti, sia a Lesbo che a Chios, accusa disordini di stress post-traumatico e la Caritas greca porta avanti dei servizi di counseling psicologico e di supporto psicosociale”. “La questione del Covid poi, naturalmente ha peggiorato la situazione e quindi la Caritas greca ha espanso le proprie attività, informando sulle misure protettive e igieniche da adottare in caso di Covid, ma in una situazione di pandemia i campi affollati come quelli certo non possono essere considerati ottimali da nessun punto di vista”.
Non ripetere gli stessi errori con il nuovo patto
La stessa Comece, che riunisce i vescovi dei Paesi dell’Unione europea, pur accogliendo con favore l’approccio di cooperazione tra Paesi per il nuovo patto sulle migrazioni, ha ribadito che in nessun caso dobbiamo continuare a permettere condizioni come quelle che si sopportano nei campi alle frontiere esterne dell’Unione, come per esempio in Grecia. “Bisogna riconoscere il fallimento di queste politiche ed andare avanti per assicurarsi che gli stessi errori non siano più ripetuti”, si legge nel comunicato della Caritas, in cui si esprime preoccupazione che le attuali politiche possano essere duplicate nel nuovo Patto europeo sulle migrazioni.