Festival della Comunicazione, Ruiz: per la Chiesa la sfida di comunicare il Vangelo nel web

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Alla manifestazione organizzata dalle Paoline e dai Paolini il segretario del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede è intervenuto all’evento “Cittadinanza e spiritualità” sottolineando l’impegno sinodale nel portare la Parola nella rete. Il teologo Curtaz: bisogna vivere la rete come farebbe Gesù: con il desiderio di Dio

Michele Raviart – Pinerolo (Torino)

Gli spazi digitali non sono solo strumenti, ma sono anche un luogo teologico dove Dio può incontrare la persona umana. A ricordarlo è monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenuto alla 19.ma edizione del Festival della Comunicazione a Pinerolo, all’evento “Cittadinanza e spiritualità. Come vivere al meglio la rete”. Il Dicastero, ha sottolineato, sta accompagnando il processo della Chiesa che si lancia nel digitale. Un’occasione, in questo percorso, è stato il cammino Sinodale a cui hanno partecipato fino a 2500 tra influencer, missionari ed evangelizzatori digitali. La sfida, ha ribadito, è quella di coniugare il Vangelo sempre, anche in luoghi come la rete in cui tanta gente che non riusciva ad avvicinarsi è riuscita ad aprire il proprio cuore e a lasciarsi accompagnare per guarire. 

Stare nella rete come avrebbe fatto Gesù

Una delle persone coinvolte nello sforzo di far approdare la Chiesa nel mondo digitale è il teologo Paolo Curtaz. Insieme a lui, altri produttori di contenuti legati alla Parola hanno inviato 110mila questionari per chiedere ai loro follower cosa pensassero della Chiesa. Quasi tutti hanno risposto, con il 35% di loro che hanno detto di essersi allontanati ma di voler dire la loro, e perfino l’8% che si è dichiarato ateo ha voluto dare il proprio contributo. In un mondo il cui il 60% degli abitanti del pianeta ha un profilo social, ha detto Curtaz – che la scorsa settimana ha partecipato al tavolo sul digitale dell’evento #BeHuman organizzato dalla Fratelli Tutti – anche il virtuale è un luogo reale. In questo senso, alla domanda se Gesù avrebbe usufruito dei social, il teologo ha risposto in maniera affermativa. Al suo tempo, ha detto, usava lo strumento delle parabole per farsi capire dalla gente, ricorrendo a immagini più comprensibili, come le reti per i pescatori o le pecore per i pastori, ed è verosimile che oggi avrebbe fatto lo stesso, con immagini che capiremmo al volo. Per questo i cristiani devono stare nella rete, ma farlo come avrebbe fatto Gesù, con il desiderio di dire di Dio e raccontare la propria esperienza.

Il Manifesto della comunicazione non ostile

Stare nella rete vuol dire anche saper comunicare e saper interagire con le altre persone. Per questo Rosy Russo, formatrice e consulente, insieme ad altri esperti, ha redatto un “Manifesto della comunicazione non ostile”. Un decalogo di regole scritte in prima persona: “dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona”, “non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi”, “condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi”. “La rete siamo noi e noi decidiamo come abitarla”, ha detto Russo, sottolineando come nessuno nasce conoscendo questi strumenti – il concetto di nativo digitale è fuorviante. Per questo, il ruolo dei genitori deve essere non solo quello di educare, ma anche informarsi per essere percepiti come un punto di riferimento riguardo a questioni sulle quali i ragazzi pensano siano poco competenti. Al termine della conferenza il vescovo di Pinerolo Derio Olivero ha firmato il documento a nome della diocesi. “Attenzione a dire che c’è la realtà e c’è il mondo virtuale, perché il virtuale è un mondo che abitiamo”, ha ribadito, e bisogna quindi aprire gli occhi, e valutare il mondo come è, senza pregiudizi.