Il cappellano del carcere Verona: il Papa viene a restituire la dignità perduta

Vatican News

Domani, 18 maggio, Francesco sarà nella casa circondariale di Montorio, accolto dalla direttrice Francesca Gioieni e dal direttore della polizia penitenziaria, Mario Piramide. Previsto l’incontro con i detenuti con i quali trascorrerà anche il pranzo. Fra Crivelli: “Sono sicuro che il Papa si prenderà tutto il tempo per parlare con loro e che l’incontro lascerà segni emotivi importanti in tutti gli ospiti”

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Un dono straordinario da tenere stretto a sé: il senso della dignità, quella che molti, una volta entrati in detenzione, pensano di non avere più o comunque non poter recuperare, una prospettiva che spesso il mondo esterno nega loro. È questa la “rivoluzione” che porterà il Papa nel carcere di Verona, secondo fra Paolo Crivelli della Fraternità francescana di Betania, cappellano a Montorio da qualche mese: “Un altro dono che Francesco fa a i detenuti con la sua visita è la speranza di guardare oltre il carcere, dove c’è un tempo e uno spazio in cui poter cambiare, un futuro sul quale investire”, spiega a Radio Vaticana-Vatican News, raccontando il clima di fermento e gioia che in questi giorni precedenti la visita del Santo Padre si sta vivendo all’interno: “I detenuti sono per natura diffidenti perché hanno ricevuto tante delusioni – precisa – ma ora che hanno realizzato che il Papa verrà da loro veramente, sono molto felici”.

Ascolta l’intervista con Fra Paolo Crivelli:

“Perché loro e non io?”   

Quella che si pone Papa Francesco ogni volta che varca il cancello di un istituto di pena è una domanda importante, anzi è la domanda per eccellenza, e anche con questa visita a Montorio viene a scardinare il pregiudizio che rimarca la separazione tra dentro e fuori, tra il mondo dei buoni e quello dei cattivi: “Chi ha coscienza di sé e consapevolezza della propria vita sa che questa domanda che si fa il Papa è vera – prosegue fra Paolo – la visione dicotomica tra buono e cattivo serve solo a tranquillizzare la propria coscienza, ma è profondamente errata. Io in carcere incontro di continuo persone con una ricchezza interiore straordinaria. È questo il punto: vedere le persone, non il reato commesso”.

Il lavoro e la speranza

La difficoltà maggiore che incontra un cappellano nella sua missione è portare “dentro” la speranza, secondo Fra Paolo: “Ma è anche il tema su cui ci concentriamo di più – precisa – è difficile perché molto spesso la pena non finisce quando termina la detenzione, ma prosegue, ad esempio negli sguardi non certo benevoli della società”. La ricetta contro il pregiudizio, secondo il cappellano, è costruire un progetto di vita che porti a un vero cambiamento, una volta usciti dal carcere: “Il lavoro è importantissimo anche per un altro motivo: riempie il tempo vuoto; questo fluire del tempo che a volte sembra infinito, per i detenuti è il dolore più grande”. E del lavoro professionalizzante che si fa a Montorio ci sono segni evidenti in tutta la visita del Papa: gli allestimenti dell’Arena di Pace, ad esempio, sono prodotti nella falegnameria interna alla casa circondariale, così come i tessuti delle sedute sono cuciti nella sartoria di Montorio.

Il perdono, ovvero la giustizia riparativa  

Tutta la visita a Verona del Papa sarà scandita dall’espressione tratta dal Salmo 85 “Giustizia e pace si baceranno”, che nasce dall’esperienza umana del perdono, necessaria all’uomo e fondamentale nella storia della salvezza. “In carcere il perdono è un concetto difficile – evidenzia il cappellano – per i ristretti è difficile capire di poter essere perdonati, ma dall’altra parte è anche difficile perdonare”. Quanto al paradigma della giustizia riparativa, non è ancora applicata ovunque negli istituti di pena per maggiorenni perché manca una normativa specifica in merito.

La convivenza tra religioni diverse

Come spesso accade in molti istituti di pena italiani, molti detenuti sono stranieri e appartengono ad altre culture, parlano un’altra lingua e professano un’altra fede religiosa. Montorio non fa eccezione: “Qui il 50% dei detenuti è di fede islamica, poi abbiamo anche cristiani evangelici, ortodossi e testimoni di Geova – racconta fra Paolo – la viviamo come una dimensione naturale, non sono le differenze religiose ad allontanare. Io sono a disposizione di tutti, incontro chiunque voglia incontrarmi, indipendentemente dalla fede”. Tutti quanti, infatti, sabato siederanno a tavola con il Papa per il pranzo allestito nella sala della Cappella: “Sicuramente si creerà un ambiente familiare, tranquillo e sereno in cui Francesco potrà incontrare i detenuti a tu per tu e ascoltare le loro storie – conclude fra Paolo – sono sicuro che il Papa si prenderà tutto il tempo per parlare con loro e sono altrettanto sicuro che l’incontro con lui lascerà segni emotivi importanti in tutti gli ospiti”.