Il vescovo Di Tolve: gli undici preti ordinati a Roma, linfa nuova per la Chiesa

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Il presule rettore del Pontificio Seminario maggiore di Roma parla dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento lo scorso sabato 20 aprile nella Basilica di San Pietro. Prima della cerimonia l’incontro con il Papa che ha donato a tutti un rosario fatto con il legno della Terra Santa. “Un segno per ricordare chi soffre”, racconta don Nicola, uno dei neo sacerdoi

Marina Tomarro – Città del Vaticano

Hanno storie e provenienze differenti, storie che non hanno niente in comune se non una cosa: l’amore per Cristo e per la Chiesa e la certezza di volerne fare parte per sempre. Sabato scorso, in una Basilica di San Pietro in Vaticano affollata di fedeli, sono stati ordinati sacerdoti undici diaconi della Diocesi di Roma, provenienti da tre differenti seminari della capitale: il Pontificio Seminario Maggiore, l’Almo Collegio Capranica e il Seminario Redemptoris Mater. La celebrazione eucaristica è stata officiata dal cardinale Angelo De Donatis, penitenziere maggiore.

Chiamati ad un’offerta

“Per noi è una grandissima gioia”, spiega monsignor Michele Di Tolve, ausiliare di Roma e rettore del Seminario Maggiore, nonché coordinatore delle attività degli altri seminari. “Il Signore continua a parlare al cuore dei suoi discepoli. Queste ordinazioni – osserva il presule – sono anche il frutto della preghiera della Chiesa di Roma che chiede pastori per il suo popolo. Questi ragazzi, ognuno nella propria personale storia, hanno avuto la grazia di incontrare la parola del Signore e la vita della Chiesa in un cammino che loro già vivevano e di avere quella particolare chiamata, che ebbero a loro volta gli apostoli a Cafarnao mentre gettavano le reti della pesca, e decidere quindi di avere cura degli altri fratelli e sorelle, perché il sacerdozio ministeriale è a servizio del sacerdozio dei battezzati e siamo chiamati tutti a fare della nostra vita un’offerta. Questo è il miracolo e la gioia più grande. È la certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo”.

Ascolta l’intervista al vescovo Michele Di Tolve e a don Nicola Pigna

Un percorso di formazione che termina

Il giorno dopo la cerimonia in asilica, i neo sacerdoti hanno celebrato le loro prime messe nelle varie parrocchie in cui sono stati assegnati, accompagnati dall’affetto di tanti parenti e amici che negli anni hanno seguito il loro percorso. “Ho cercato di essere accanto a tutti loro. In realtà – racconta monsignor Di Tolve – questi giovani già dal diaconato erano presenti in queste comunità parrocchiali, quindi ora proseguono la loro vita sacerdotale. Certo adesso la celebrazione dell’Eucaristia li rende davvero partecipi dell’amore di Gesù e giorno dopo giorno si renderanno conto che mentre celebrano devono imparare a fare della loro vita stessa un’offerta per gli altri. Naturalmente non saranno soli, ma io stesso li accompagnerò in questa fase perché il Papa mi ha affidato tutto il percorso della formazione permanente del clero”.

Il motto scelto dai nuovi sacerdoti è stato “In nessun altro c’è salvezza”. “Abbiamo pensato a quella che è la situazione attuale – sottolinea monsignor Di Tolve – siamo davanti a tempi molto difficili, noi crediamo che solo Gesù può salvarci, perché ci ridà la dignità dei figli e ci insegna la bellezza della verità cristiana, che è amare come ha fatto Lui con noi”.

Guarda l’intervista a don Nicola Pigna

Una vocazione nata passo dopo passo

Tra i nuovi sacerdoti c’è anche chi prima della chiamata aveva pensato di scegliere la carriera legislativa, ma poi il Signore aveva disegni molto più grandi di un’aula di tribunale. Don Nicola Pigna, originario di Benevento, prima di entrare in seminario ha conseguito la laurea in Giurisprudenza alla Luiss, un master in relazioni istituzionali ed era assistente presso il Dipartimento di giurisprudenza. “La mia chiamata vocazionale – racconta emozionato – è stato frutto di un vero e proprio cammino che ho fatto negli anni nella Chiesa. Non ho avuto in particolare un sacerdote di riferimento o un episodio che mi ha fatto capire che dovevo diventare sacerdote, ma più che altro un percorso fatto di tante tessere, di tanti incontri, che piano piano hanno costruito quello che poi avrei avuto chiaro nella mia mente e nel mio cuore. Negli anni universitari, di cui conservo bellissimi ricordi e tanti cari amici, ero nella FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, e ho preparato tanti incontri sul Vangelo soprattutto per le matricole. Già da li è iniziato a smuoversi qualcosa dentro di me, anche se ancora non era chiaro”. Poi gli anni nella pastorale universitaria della diocesi, i pellegrinaggi, le Giornate mondiali della gioventù vissute insieme agli amici. “Tutti momenti per me molto formativi”, dice don Nicola che soggiunge: “Le persone che ho incrociato nel mio percorso – come il vescovo Leuzzi allora direttore della Pastorale Universitaria di Roma, ma anche i parroci che ho incontrato, soprattutto nelle periferie delle città, che con il loro lavoro e la cura enorme verso i parrocchiani – mi hanno fatto comprendere l’importanza della loro presenza in queste comunità non sempre semplici”.

La prima messa celebrata da don Nicola – Foto di Lorenzo Iorfino

L’atteso incontro con Papa Francesco

E qualche ora prima dell’inizio della celebrazione eucaristica in San Pietro, don Nicola assieme agli altri dieci futuri sacerdoti hanno potuto incontrare Papa Francesco. “E’ stato molto emozionante. Il Papa – spiega il nuovo presbitero – ci ha voluti incontrare e conoscere tutti personalmente, ci ha fatto raccontare le nostre storie e alla fine ci ha detto una cosa molto bella da portarci nel cuore davvero sempre durante il nostro ministero: non dimenticate la Madonna,  perché è lei che vi custodisce sempre. E questo suo affidarci a Maria e darcela come riferimento per i momenti più faticosi che sicuramente incontreremo nel nostro cammino sacerdotale, è stato davvero molto commovente”. Il Papa ha regalato agli ordinandi un Rosario fatto con il legno d’ulivo della Terra Santa. “E’ stato un dono molto gradito . conclude don Nicola – per noi vuol dire non dimenticare quei popoli sofferenti e continuare a pregare per la pace”.