Le stragi che il 21 aprile 2019 provocarono 270 morti hanno indotto il governo del Paese a rafforzare le misure di sicurezza per le chiese delle diverse confessioni cristiane in questi giorni di festa. Su L’Osservatore Romano la testimonianza di padre Fernando, portavoce dell’arcidiocesi di Colombo: la partecipazione ai riti del Triduo pasquale è massiccia, Cristo è la speranza di chi porta i segni di quel massacro
di Paolo Affatato
La polizia presidia l’ingresso delle chiese. Agenti in borghese sorvegliano in incognito le liturgie della Settimana Santa, mentre volontari cattolici in tutte le parrocchie hanno costituito un servizio d’ordine ausiliario. Il governo dello Sri Lanka ha annunciato, in vista della Pasqua, il rafforzamento delle misure di sicurezza per le chiese delle diverse confessioni cristiane. Le celebrazioni pasquali risentono ancora delle conseguenze degli attentati dinamitardi che la domenica di Risurrezione del 2019 sconvolsero la nazione, uccidendo fedeli inermi in tre chiese e in tre hotel. È una ferita ancora aperta. La tensione è palpabile, la memoria di quegli orribili atti, che tanta sofferenza hanno generato togliendo la vita a 270 persone e ferendone oltre 500, torna inevitabilmente a galla, la commozione nei cuori riemerge, i parenti delle vittime portano con sé le loro foto e la gente le cosparge di fiori. «È il momento della commemorazione, è il nostro Venerdì Santo in cui ricordiamo la strage di innocenti, persone che erano in chiesa per celebrare la risurrezione di Cristo», racconta a L’Osservatore Romano padre Jude Chrysantha Fernando, direttore dell’Ufficio per le comunicazioni nell’arcidiocesi della capitale, Colombo. Nonostante tutto, però, «il popolo di Dio vive le celebrazioni pasquali con profonda fede, la partecipazione ai riti del Triduo pasquale è massiccia, quella violenza non ha scoraggiato i fedeli, anzi: vediamo una fiducia piena nel Cristo che, dopo aver patito, risorge e dona a ciascuno salvezza e redenzione. Cristo è la nostra speranza, è la speranza di tutti coloro che oggi portano i segni di quel terribile massacro», rileva.
«I fedeli innocenti uccisi nel momento del culto sono nostri eroi della fede. La nostra Chiesa desidera che vengano proclamati martiri», riferisce padre Chrysantha Fernando annunciando che le comunità cattoliche hanno promosso una speciale petizione con una raccolta di firme che proseguirà fino al 21 aprile, giorno dell’anniversario della loro morte, quando sarà consegnata nelle mani del cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo. «Questa iniziativa popolare, già firmata da migliaia di fedeli, chiede che si possa avviare il processo per la beatificazione. Il cardinale la sottoporrà alla Santa Sede», spiega padre Fernando. La richiesta riguarda specificamente 171 fedeli cattolici uccisi nell’attacco terroristico della domenica di Pasqua del 2019. Il cammino culminerà con una solenne celebrazione il 21 aprile, nel quinto anniversario degli attentati: un quinquennio, infatti, è il tempo minimo richiesto dalla Santa Sede per aprire la causa di canonizzazione. Da quel momento la Chiesa locale potrà presentare al dicastero vaticano per le Cause dei Santi la domanda per avviare la fase diocesana del processo.
Secondo gli inquirenti, il National Thowheeth Jama’at, gruppo radicale locale legato al sedicente stato islamico (Is), ha pianificato e organizzato l’attacco ma, cinque anni dopo, restano ancora da accertare i reali mandanti della strage e le collusioni con gli ambienti della politica, accusata di voler nascondere informazioni e coprire i responsabili. La Chiesa in Sri Lanka chiede tuttora «verità e giustizia», dato che esistono piste investigative che considerano quegli attentati atti deliberatamente organizzati per destabilizzare la nazione.
Se la lotta per la giustizia resta uno di capitoli sensibili, su un altro versante la nazione è alle prese con una crisi politica ed economica da cui si fatica a riemergere. È una crisi che nell’ultimo anno e mezzo ha avuto un grave impatto socio-economico sulla popolazione, aumentando notevolmente il numero dei poveri e degli indigenti. Nel 2022 lo Sri Lanka era andato in default per il debito estero di 46 miliardi di dollari e non si potevano importare cibo, carburante e altri beni di prima necessità. Ora la ristrutturazione del debito estero sarà completata entro l’inizio di aprile, ha annunciato il governo. Lo scorso anno, infatti, il Paese ha ottenuto un prestito di 2,9 miliardi di dollari dal Fondo monetario internazionale, condizionato a un accordo sul debito che potesse soddisfare i creditori stranieri.
I disordini civili scoppiati nel 2022 in seguito alla crisi economica culminarono con la cacciata dell’allora presidente Gotabaya Rajapaksa. Il suo successore, Ranil Wickremesinghe, ha raddoppiato le tasse, ritirato i sussidi per l’energia e aumentato i prezzi dei beni di prima necessità per sostenere le entrate dello Stato. Il carico di questo risanamento, dunque, ricade sulla popolazione, nota padre Fernando. «Ci siamo trovati nella situazione di uno Stato fallito per il malgoverno — conclude —. Ora il costo della vita è raddoppiato in poco tempo e la povertà affligge milioni di famiglie. La Chiesa si spende nella società, spesso attraverso la Caritas, per sostenere i più poveri, cattolici e non».