Sono tantissime le iniziative di solidarietà che da quando sono scoppiati i combattimenti sono state attuate. Gli ordini religiosi, le ong, singoli cittadini hanno portato il loro aiuto nell’Europa occidentale, come nei Paesi confinanti con l’Ucraina. A 24 mesi dall’inizio del conflitto, ancora sei milioni di persone sono fuori casa. Tensione per la Transnistria in Moldavia
Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
I due anni della guerra in Ucraina hanno fatto peggiorare di giorno in giorno la situazione umanitaria. Supportate dall’intera confederazione Caritas Internationalis e grazie a oltre 2.600 dipendenti e volontari, Caritas Ucraina e Caritas Spes Ucraina hanno fornito assistenza umanitaria a più di 3,8 milioni di persone negli ultimi due anni. Una situazione, quella del conflitto, che ha visto agire centinaia di ong e ha fatto scattare la solidarietà internazionale.
Sei milioni di profughi
Attualmente, secondo i dati della Caritas, “il 40% della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria e più di 6 milioni di ucraini sono profughi. Nell’est e nel sud, compresi i territori sotto il controllo temporaneo della Federazione Russa, milioni di persone non dispongono di acqua, cibo, assistenza sanitaria, alloggi, protezione e altri servizi e forniture essenziali in misura adeguata”.
A Roma, Santa Sofia è l’hub dell’accoglienza
A Roma vero motore dell’assistenza è la Basilica di Santa Sofia. Da qui, periodicamente partono camion di aiuti per le zone colpite dalla guerra in Ucraina. Don Marco Sehmen presidente dell’associazione religiosa Santa Sofia per i cattolici ucraini, e rettore della basilica afferma che “questi giorni sono di riflessione, di preghiera per quello che è successo di anni. La chiesa sarà aperta ancora di più rispetto al solito, perché è il momento di stringerci ancora di più tra di noi. Però sentiamo un grande aiuto di sostegno soprattutto del Santo Padre tramite il cardinale Krajewsky che proprio l’altro ieri ha prodotto dei camion degli alimenti che sono stati scaricati stoccati qua, presso la Basilica di Santa Sofia. Ma poi c’è la Conferenza Episcopale Italiana, la Fondazione Migrantes, il Banco farmaceutico e poi tante singole persone”.
A Kyiv Soleterre continua ad aiutare i bambini malati di tumore
Le iniziative umanitarie da due anni sono aumentate, e quelle che erano già attive si sono rafforzate. E’ il caso della ong Soleterre, ad anni impegnata a migliorare la qualità della vita dei bambini malati di cancro, garantendo loro cure mediche, accoglienza e sostegno psico-sociale. Il loro referente in Ucraina, Gioele Scavuzzo, parla da Kyiv e afferma che “c’è grande frustrazione. Questo è dovuto anche al fatto che ci sono state delle perdite importanti sia in termini di soldati, di persone, di uomini, ma anche di perdite a livello geografico, di posizioni strategiche. Molta paura, molto timore ci si aspetta un grosso attacco, che magari non ci sarà, ma questo sicuramente continua a tenere il un livello altissimo di tensione tra tutti gli abitanti della dell’Ucraina e soprattutto quelli della capitale”. L’aiuto al sistema sanitario ucraino rimane fermo, e si è incrementato in questi due anni di guerra, dice Scavuzzo: “A Kyiv stiamo lavorando con gli ospedali, soprattutto nel reparto di oncologia pediatrica, dove però purtroppo ci sono molti blackout. Quindi l’ospedale non sempre riesce a garantire il fabbisogno energetico, sia in termini di riscaldamento sia in termini di energia elettrica per utilizzare i macchinari di cui avrebbe veramente bisogno. Allo stesso tempo, Soleterre opera da qualche tempo vicino al fronte nella regione di Karchiv, che in questo momento, come potete sapere, è molto bersagliata, è molto attaccata e anche molto pericolosa”.
In Moldavia 116 mila rifugiati
Anche la piccola Moldavia, seppur sia lo Stato più povero d’Europa, ha aiutato in modo importante, soprattutto quando in questi due anni ad essere state colpite dai combattimenti sono state le regioni del sud dell’Ucraina. Marco Buono, a capo della missione di Intersos in Moldavia, afferma che ad oggi sono 116 mila i rifugiati nel Paese. In proporzione ai residenti è probabilmente lo Stato che ospita di più. “Noi qui abbiamo da un anno una legislazione speciale che si chiama protection, per cui il rifugiato che chiede di accedere a questa protezione viene riconosciuto e può accedere ai servizi praticamente quasi come un cittadino moldavo – dice Buono – Questo vale soprattutto anche per la salute e per l’educazione, due servizi più importanti, C’è da tenere conto che qui abbiamo la metà dei delle persone provenienti dall’Ucraina sono bambini. Quindi i bisogni non sono spariti, sono sempre lì e noi, come organizzazione umanitaria, stiamo cercando di affrontarli assieme alle altre organizzazioni che lavorano qui con noi”. La tensione tra l’altro rischia di crescere dopo che la notizia che Congresso della Transnistria, regione autoproclamatasi autonona della Moldavia, prossimo 28 febbraio, voterà per l’unificazione con la Russia. prossimo 28 febbraio, voterà per l’unificazione con la Russia. “Qualsiasi cambio dello status quo sarebbe una violazione del diritto internazionale”, ha detto il portavoce del Servizio di Azione Esterna dell’Ue, Peter Stano.
In Romania i Cappuccini fanno la spola con l’Ucraina
Circa 900 mila rifugiati ucraini sono nella vicina Romania. Don Eugene Giurgica ha gestito in centro di accoglienza dei Cappuccini a Sighetu, nel nord della Romania. Il confine con l’Ucraina passa a poche centinaia di metri dal centro e tantissime sono le persone che ogni giorno sono arrivate fin lì in questi due anni. Ormai una sola famiglia è rimasta nel centro, ma le esigenze non sono cambiate. “La situazione che stiamo portando avanti noi in questi ultimi mesi è quella di assistere le comunità di rifugiati che si trovano vicino al confine, e quindi, in base alle donazioni che riceviamo, proviamo a sostenere queste persone nel vivere quotidiano in Ucraina, ma che comunque sono costrette lontano da casa, senza lavoro – dice don Giurgica – Le forme di aiuto poi sono molteplici, portate avanti anche da comuni cittadini. Certo, si comincia a rilevare anche un po’ di stanchezza tra la popolazione romena, a due anni di distanza dallo scoppio della guerra”.