Il report è stato presentato questa mattina a Roma e raccoglie le iniziative di fraternità svolte nel mondo da persone e comunità del Movimento nell’arco dello scorso anno, compresa la gestione delle risorse economiche finalizzate al sostegno dei diversi progetti. Filo rosso, i dialoghi intessuti tra le Chiese, le religioni, le culture, le istituzioni e di fronte alle sfide globali
Adriana Masotti – Città del Vaticano
“‘Che tutti siano uno’. Per queste parole siamo nati, per l’unità, per contribuire a realizzarla nel mondo”. Così in sintesi nelle parole di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, lo scopo di questa realtà ecclesiale nata a Trento nel 1943, in piena seconda guerra mondiale. L’unità, dunque, al centro della spiritualità che come agli inizi, anche oggi ispira e guida i singoli e i gruppi che in tutto il mondo vi hanno aderito e che per questo hanno fatto del dialogo, senza esclusioni, il proprio stile di vita nella quotidianità e attraverso la promozione di iniziative e incontri. Di quanto si è vissuto in questo senso, in tutte le parti del mondo dove il Movimento è presente, rende conto il Bilancio di Comunione 2022, il secondo realizzato dal Movimento, presentato oggi a Roma.
Il dialogo come chiave di lettura della vita del Movimento
Alla conferenza stampa presso la Curia generalizia della Compagnia di Gesù, alla presenza di Margaret Karram e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari, intervengono monsignor Juan Fernando Usma Gómez, capo ufficio della sezione occidentale del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale Azione Cattolica Italiana, Rita Moussallem, direttore del Centro per il Dialogo interreligioso dei Focolari, e Giancarlo Crisanti, amministratore generale del Movimento. In collegamento monsignor Athenagoras Fasiolo, vescovo di Terme e ausiliare della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, e Stefano Zamagni, economista e docente di Economia Politica all’Università di Bologna. Chiave di lettura della vita vissuta nell’arco dello scorso anno è il dialogo o meglio i diversi dialoghi intrapresi nei vari campi, quello tra le Chiese e le confessioni cristiane, tra le religioni, con le diverse culture, con le Istituzioni e nell’impegno di fronte alle attuali sfide globali. Per ogni area è dedicato un capitolo con i progetti realizzati in tutto il mondo e le “radici” di quel particolare aspetto del dialogo. Nell’ultima parte, il Bilancio economico, la rete degli attori interessati e i partner, che sono fondamentali compagni nel cammino verso la fraternità e la pace.
Gesti profetici
E’ una riflessione di Margaret Karram a introdurre la lettura dell’opuscolo: sottolinea come la sua pubblicazione avvenga “in un tempo difficile e molto doloroso per l’umanità”, ma che “allo stesso tempo sono tanti – anche se spesso sconosciuti e nascosti – gli avvenimenti e le azioni di solidarietà che avvicinano persone di fedi, culture e tradizioni diverse”. Tutto questo incoraggia a proseguire su questa via. Mentre Jesús Morán, intervistato da Renato Martinez di Vatican News, parla di gesti che hanno una valenza profetica “perché dicono che oggi è possibile il dialogo”. E accenna anche all’impegno di ascolto dell’ambiente in cui l’umanità vive. “Siamo convinti – sostiene – che una cultura del dialogo favorisca il rapporto dell’uomo con la natura. In fondo, il non rispetto della natura è frutto di una logica di potere, è frutto della disuguaglianza, degli interessi personali di qualcuno. E questo è tutto il contrario del dialogo”.
Il dialogo e la pace
Giuseppe Notarstefano, il primo a prendere la parola, sottolinea l’importanza per un’associazione, e anche l’Azione Cattolica di cui è presidente nazionale l’ha fatto, di cominciare a guardare da vicino tutte le cose belle riconoscendone gli aspetti positivi e quelli critici. “Ripensare alla vita che c’è e capire come comunicarla meglio e condividerla con gli altri è necessario – dice – per innescare altri processi comunitari, reti, partenariati ecc… E’ un rendere conto per andare avanti insieme”. Per monsignor Fasiolo il dialogo tra le Chiese “non toglie nulla”, anzi aggiunge ricchezza, perchè offre “la possibilità di conoscersi tra cristiani e di vivere quello che Gesù ci chiede”.
Secondo monsignor Gómez, fare un bilancio “vuol dire guardate al piano di Dio sul mondo e sull’umanità” e ricorda che “Papa Francesco guarda all’unità dal punto di vista della pace e sostiene che è possibile sviluppare l’unità nelle differenze”. E invita a “fare della pace il cuore dell’ecumenismo e dell’ecumenismo il cuore della pace”. Per Rita Moussallem, di origini libanesi, il cammino che il Movimento sta facendo nel campo del dialogo interreligioso percorre due binari: la vita e la profezia. “Dove il movimento è arrivato – afferma – ha spinto le persone a vivere il Vangelo e dovunque abbiamo trovato accoglienza, anche da parte di membri di altre religioni. Con tanti di loro si vive la reciprocità: un cammino sorprendente”.
Zamagni: raccontare il bene e il cambiamento
Sulla centralità della comunicazione interviene l’economista Stefano Zamagni: “Il male – dice – attrae più del bene, mentre il bello attrae più del brutto e il sapere attrae più dell’ignoranza. Spesso nel mondo cattolico si dimentica l’importanza della comunicazione. Bisogna invece mettere in evidenza il bene fatto. Bisogna dirlo, farlo sapere”. E sollecita in futuro anche la redazione di un “bilancio di impatto” che metta in luce “il cambiamento che si è riusciti a realizzare”. Centrale nei diversi interventi la questione della pace che il dialogo tra le religioni può favorire, così come le esperienze di formazione cominciando dai più giovani e la ricerca di un’economia equa. “Chiedere la pace è diverso dal costruire la pace”, afferma ancora Zamagni, che ricorda Paolo VI quando diceva nella Populorum progressio che lo sviluppo “è il nuovo nome della pace”. Anche per questo occorre il dialogo promosso dal Movimento, come la promozione della democrazia.
Numeri e persone realizzano la “comunione dei beni”
Quando si parla di “bilancio” ci si aspetta tanti numeri, afferma infine Giancarlo Crisanti, nel Bilancio di Comunione c’è però molta più narrativa che numeri e nei numeri mancano quelli delle persone che permettono il realizzarsi delle opere. Ai media vaticani spiega l’impegno per la sostenibilità dei progetti messi in campo dai Focolari attraverso la gestione della “comunione dei beni” vissuta da ogni appartenente. Nel Bilancio di comunione, afferma, “abbiamo cercato di enfatizzare come questa comunione dei beni sia in grado di realizzare iniziative, progetti, opere che vanno nel verso del dialogo, quindi una comunione dei beni che, sì, è fatta di numeri, ma è soprattutto fatta di iniziative, di progetti, di opere che aiutano il mondo a dialogare un po di più”. Vivere la comunione dei beni, aggiunge, “è il nostro modo di vivere il Vangelo. Se vogliamo fare un confronto con il francescanesimo, lì c’è il completo distacco dai beni, e noi sappiamo quanto sia stato grande san Francesco, noi piuttosto vediamo la possibilità di far circolare i beni di cui disponiamo tra tutta la famiglia umana, tra tutta le comunità nel mondo”. E riguardo all’importanza di comunicare Crisanti sottolinea: “Oggi abbiamo sentito quanto costruisce la condivisione delle esperienze rispetto alla semplice contrapposizione di ideologie o di idee diverse. Anche la condivisione di esperienze fatte alla luce del Vangelo è un modo di fare “comunione dei beni”. Riguardo alle risorse poi ci vuole il discernimento per capire che cosa mantenere e cosa lasciar andare di ciò che abbiamo, “alla luce – chiarisce – certamente di una risorsa come quella economica, che è in diminuzione rispetto al passato, ma che ancora oggi può essere un grande contributo a che l’ideale dell’unità sia presente e dia una testimonianza in un mondo sempre più lacerato da guerre e da divisioni”.
L’esperienza di “farsi prossimi” da cui nasce la reciprocità
Per costruire la fratellanza universale dobbiamo dialogare con tutti a seconda dei contesti in cui ci troviamo, dice nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News Antonio Salimbeni, codirettore del Centro per il Dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, che ha vissuto per diversi anni in India. Racconta dei rapporti costruiti con gli indù e della scoperta della bellezza della loro cultura e religione e, da parte loro, della fede cristiana. Oppure dell’esperienza fatta da persone del Movimento in Algeria dove è nata una comunità composta tutta da musulmani che però si sentono attratti dal messaggio di fraternità universale portato dai Focolari. “Per noi il dialogo non è soltanto parlare insieme ma è entrare nell’altro. E’ farsi prossimo, come dice Papa Francesco, perdere in qualche modo chi siamo per far entrare l’altro nel nostro cuore e scoprire così la ricchezza che l’altro contiene dentro di sé. In questo esercizio di empatia verso l’altro – prosegue Salimbeni – tu senti le sue sofferenze, senti quello che lui vive e in questo processo anche l’altro poi fa lo stesso e nasce un rapporto di amore reciproco. Nel dialogo ci si scopre, nonostante le differenze, fratelli e sorelle e – conclude – si può camminare insieme”.