Ricorre oggi, 13 febbraio, la giornata che l’Onu dedica all’emittenza radiofonica, quest’anno sul tema “Radio: un secolo che informa, diverte ed educa”. Il professor Giorgio Simonelli a Vatican News: resta il primo medium della modernità, fare radio vuol dire essere autentici
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Le Nazioni Unite la celebrano con una giornata mondiale dedicata perché riconoscono la radio uno dei media più affidabili e ampiamente utilizzati al mondo. Il World Radio Day, proclamato nel 2011 dagli Stati membri dell’Unesco e adottato dall’Assemblea generale dell’Onu Unite nel 2012 come Giornata internazionale, ricorre il 13 febbraio, giorno in cui, nel 1946, è stata fondata la radio delle Nazioni Unite, e il suo tema quest’anno è “Radio: un secolo che informa, diverte ed educa”. “In questa Giornata Mondiale celebriamo la storia della radio, ma anche il suo ruolo centrale nelle nostre società, oggi e negli anni a venire” scrive in un messaggio il direttore generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che ricorda i 100 anni della prima trasmissione, in diretta radiofonica, dei Giochi Olimpici, mentre in Italia ricorrono quelli del primo annuncio dell’Unione radiofonica italiana. “La radio ci ha sempre accompagnato, unendoci attorno a momenti forti ed emozioni condivise” sottolinea Azoulay, evidenziando che “nonostante il peso crescente di Internet e dei social network, la radio continua ad essere un’ottima fonte di informazione e intrattenimento”, considerando che si stimano oltre 4 miliardi di ascoltatori.
Dove gli altri non arrivano
Il direttore generale dell’Unesco aggiunge che “la radio è anche il mezzo che arriva dove gli altri non vanno” e che se lo scorso anno è stato calcolato che quasi un terzo della popolazione non ha accesso a una buona rete Internet, la radio, invece si sta affermando come “mezzo più inclusivo e accessibile, soprattutto in situazioni di crisi”. Come in Afghanistan, dove l’Unesco, in seguito della decisione di privare le donne del loro diritto fondamentale all’apprendimento e all’insegnamento, sostiene Radio Begum, emittente, gestita da donne per le donne, che offre anche lezioni di alfabetizzazione. “La radio è più di un mezzo di trasmissione tecnica – conclude Azoulay – porta in sé una certa idea di informazione, di diversità culturale, di educazione per tutti”.
Un capostipite di attualità
La radio è tra i media quello che più si è adattato, riuscendo ad amalgamarsi con le grandi rivoluzioni comunicative, spiega a Vatican News – Radio Vaticana Giorgio Simonelli, già docente di Storia della radio e della tv all’Università Cattolica del Sacro Cuore, rimarcando la sua duttilità e il rapporto empatico che i suoi fruitori sviluppano ascoltandola.
La radio, uno strumento di cui ogni giorno milioni di persone si avvalgono, che cosa la rende evergreen?
Due o tre elementi Il primo, sicuramente, il fatto che la radio resta il primo medium della modernità, per aver inaugurato quel tipo di consumo mediale che poi è passato ad altri mezzi. Fino all’avvento della radio il consumo di cultura, ma anche di intrattenimento, avveniva fuori di casa: cinema, teatro, sale da concerto. La radio ha portato in casa il consumo di informazione, di intrattenimento, di acculturazione, e in questo, poi, è stata seguita da altri media, dalla televisione, soprattutto dalla rete. Tutti i media successivi sono figli della radio. Ecco, questo primato credo che la renda ancora un capostipite, ma di attualità. Poi c’è il fatto che la radio è uno strumento che più di altri si è adattato ed è riuscito ad amalgamarsi con le grandi rivoluzioni comunicative. La radio, oggi, è molto legata alla rete e mentre altri media, come i giornali, la stampa, la televisione, faticano a coniugarsi con la rete, invece la radio c’è riuscita benissimo. L’ultimo dato, che è un po’ triste, è che, purtroppo, la radio, come abbiamo visto nella storia, ha momenti di grande utilità e di grande ascolto in tempi di instabilità e di guerra. E questo, purtroppo, è nuovamente un momento di quelli. Non ci fa piacere, ma la radio, in questi momenti, si rivela il medium che, proprio per la sua semplicità, per la sua duttilità, entra di più nelle situazioni di crisi.
“Radio: un secolo che informa, diverte ed educa” è il tema di quest’anno della giornata che le è dedicata, lei come ne vede il futuro?
Penso che la radio troverà comunque il modo di essere sempre molto presente. La sua morte è già stata annunciata tante volte, era stata annunciata con la televisione, in un momento di crisi successivo, con la neo televisione, ma ritengo che la radio troverà il modo di essere sempre presente. Credo che il rapporto con la rete sia un rapporto importante, ormai delineato, ormai definitivo e mi colpisce sempre il fatto che nei momenti difficili, nei momenti complicati, la radio si propone per la sua autorevolezza. Siccome, purtroppo, andiamo incontro a tempi non facili, credo che l’utilizzo della radio, nelle emergenze, in queste situazioni, sarà sempre forte. La radio ha dimostrato in questi tempi che continuerà, che ha un rapporto con i suoi fruitori di tipo affettivo. Ogni ascoltatore dice “la mia radio”, nessuno dice “la mia televisione”. “La mia radio” vuol dire “la radio che io ascolto”, allora questo rapporto empatico si andrà rafforzando.
Un mezzo che arriva dove altri non vanno, la definisce il direttore generale dell’Unesco nel messaggio per la giornata di quest’anno, nonostante lo sviluppo della tecnologia, la radio sembra non avere rivali.
No, sicuramente non ha rivali. Perché è un mezzo molto più leggero, molto più facile, ma anche molto più autentico e, paradossalmente, più credibile, pur non avendo le immagini. Anzi, forse proprio perché non ha le immagini, si pensa che non ci sia bisogno di immagine per fare la radio. Fare radio vuol dire essere autentici, essere veri, è questo da alla radio un fascino molto particolare, che è quello poi, come dicevano i grandi teorici, dell’integrazione fantastica. Quando uno è di fronte alla radio, ad ascoltare la radio, ha la libertà di costruirsi lui, l’ascoltatore, l’immagine che la radio gli suggerisce. È un mezzo soprattutto suggestivo. La radio, quindi, ha questa capacità di essere ovunque, di essere nei luoghi dove nessun’altro medium può andare e di parlare direttamente, di costruire direttamente delle immagini con la libertà dell’ascoltatore. Speriamo che la radio non debba essere usata soltanto in situazioni critiche, drammatiche, ma che possa fare questo bel lavoro anche in momenti meno tristi di quelli in cui è stata utilizzata anche recentemente.