120 anni fa nasceva l’attore e il divo che ha affascinato, divertito e fatto sognare quattro generazioni di spettatori.
Rosario Tronnolone – Città del Vaticano
Nessuno come Cary Grant ha incarnato sullo schermo l’eleganza, lo spirito, la seduzione. Nato a Bristol il 18 gennaio 1904, Archibald Alec Leach perse la madre all’età di nove anni. Gli dissero che era partita per curarsi, e poi che era morta. In realtà era stata internata in una clinica per malattie mentali, ma lui lo scoprì solo molti anni dopo, più che trentenne, quando viveva già in America ed era l’incarnazione del divo per eccellenza. La fece uscire dalla clinica e da allora si occupò di lei con tenerezza e attenzione, ma la ferita rimase aperta.
Ascesa di un divo
Dalla sua esperienza giovanile con i Pender Boys, un gruppo di acrobati inglesi che si recarono in tournée negli Stati Uniti, dove Archie decise di rimanere, derivava il suo straordinario senso dell’equilibrio e del ritmo, e la capacità di compiere acrobazie con disinvoltura. In America, agli inizi, lavorò come rappresentante di cravatte, e nel vaudeville. Un provino per la Paramount andò bene e nel 1931 cominciò a lavorare in piccoli ruoli di tenebroso seduttore. Nel giro di un anno era a fianco di Marlene Dietrich in Venere bionda di Von Sternberg, e dopo altri quattro era accanto a Katharine Hepburn in Il diavolo è femmina di Cukor. Con tre attrici formerà sullo schermo una coppia magica: con la Hepburn, che è la più diversa da lui, e dal contrasto nasce il divertimento di capolavori come Susanna di Hawks, Incantesimo e Scandalo a Filadelfia, entrambi di Cukor; con Irene Dunne, che è la più simile, ma la meno appassionata, e insieme interpretano coppie che hanno bisogno di ritrovare l’armonia perduta (L’orribile verità di McCarey e Ho sognato un angelo di Stevens), e infine con Ingrid Bergman, la più soavemente complementare, con la quale forma la coppia più romantica in Notorious di Hitchcock e Indiscreto di Donen.
Inutilmente imitato
Se nella prima fase della sua carriera Grant fu l’interprete ideale di commedie dai ritmi serratissimi come La signora del venerdì di Hawks e Arsenico e vecchi merletti di Capra, dopo l’incontro con Alfred Hitchcock, che ne intuì pericolose ambiguità, Grant scoprì accenti più scuri e sfumati in Il sospetto e nel già citato Notorious, o sublimazioni angeliche in La moglie del vescovo di Koster. Dopo un breve ritiro dallo schermo, Grant tornò a metà degli anni Cinquanta ad incarnare per un ultimo decennio il perfetto gentiluomo, ancora con Hitchcock (Caccia al ladro e Intrigo internazionale) e con Donen (L’erba del vicino è sempre più verde, Sciarada).
Ha recitato sullo schermo e nella vita l’uomo che avrebbe desiderato essere, fino a diventarlo davvero, e ha rappresentato un prototipo d’attore lungamente e inutilmente imitato. A un giornalista che gli faceva osservare che tutti vorrebbero essere Cary Grant, rispose: “Anch’io”.