Il Segretario di Stato, a margine di un evento a Roma su la Santa Sede e la pace, commenta le ultime notizie dalla Terra Santa: “Riconosciamo il diritto alla legittima difesa di Israele ma secondo il criterio della proporzionalità. I civili non siano target”. In Ucraina “creare condizioni per un negoziato”. Il porporato preoccupato per l’ex Ilva. Su Fiducia Supplicans: nella Chiesa sempre grandi cambiamenti, se i fermenti servono a camminare verso il Vangelo ben vengano
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Gutta cavat lapidem”, la goccia scava la pietra. Cita la nota locuzione latina, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, per esprimere la speranza che i continui appelli del Papa ad un cessate il fuoco a Gaza come in Ucraina, dove stanno avvenendo “carneficine”, e anche al rispetto del diritto umanitario internazionale – come espresso da Francesco nel discorso al Corpo diplomatico – possano finalmente essere ascoltati e realizzati. Il cardinale è all’Accademia dei Lincei a Roma per intervenire ad una conferenza sul tema La Santa Sede e gli scenari di pace. Scenari e attività da parte della diplomazia vaticana che il porporato descrive con i giornalisti a margine dell’evento rispondendo a domande anche sulla sorte dei lavoratori dell’Ilva e delle reazioni al documento dottrinale Fiducia Supplicans.
Gli appelli del Papa per la Terra Santa
Parolin, anzitutto, concentra lo sguardo sul Medio Oriente e ad un conflitto che sembra allargarsi con le ultime notizie sui raid sul Mar Rosso. Sembra che la voce del Papa, tra i pochi leader mondiali a chiedere incessantemente la conclusione del conflitto, resti inascoltata, viene fatto osservare. “Il Papa continua a ripetere i suoi appelli, se è vero che c’è il principio Gutta cava lapidem, speriamo che questi appelli facciano breccia”, replica il segretario di Stato. A questi appelli, si accompagna un’attività “di tipo dichiaratamente diplomatico, in maniera abbastanza discreta per cercare di raggiungere quelli che sono gli obiettivi”. Gli stessi, questi ultimi, che – sottolinea Parolin – ha richiamato anche il segretario di Stato americano Antony Blinken durante il viaggio a Tel Aviv: “La liberazione degli ostaggi, prima di tutto, poi il cessate il fuoco, l’aiuto umanitario e l’avvio di una soluzione permanente e definitiva della problematica dei palestinesi”.
Rispettare il diritto umanitario internazionale
Ad una domanda sulle accuse mosse verso Israele di genocidio dalla Corte internazionale dell’Aia, il cardinale ribadisce quella che – dice – è sempre la posizione della Santa Sede: “Riconoscere il diritto alla legittima difesa di Israele ma secondo il criterio della proporzionalità che vuol dire tenere conto dei civili… Non si può raggiungere determinati fini, passare sopra a questa carneficina di civili, alla distruzione delle infrastrutture, al non rispetto del diritto umanitario”. Il mancato rispetto del diritto umanitario, insiste il porporato, è “il grande problema” che si sta vivendo nella guerra di oggi: “È una guerra che non rispetta più le regole basilari del diritto umanitario, per cui i civili diventano target, obiettivi della guerra. Quindi, in questo senso, bisogna ritrovare la capacità di ritrovare il diritto umanitario internazionale”.
Inutile strage in Ucraina
Non manca nel colloquio con i cronisti un pensiero per l’Ucraina, alla luce dei recenti colloqui telefonici con il capo dell’ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, avuti anche con il cardinale Matteo Zuppi, lo scorso anno inviato speciale del Papa per una missione di dialogo. Parolin ribadisce il ruolo della Santa Sede: “Noi ci siamo sempre dichiarati disponibili, non trovando disponibilità dall’altra parte”. L’impegno, attualmente, è per “la famosa piattaforma di pace del presidente Zelensky soprattutto nella dimensione umanitaria. Non c’è – spiega il cardinale – una attività direttamente intesa a far cessare la guerra, una attività di mediazione, ma si vorrebbe creare condizioni di reciproca comprensione che permettano di arrivare a un negoziato”. Ovvero “l’idea che ha guidato la missione del cardinale Zuppi”, inviato a Kyiv, Mosca, Washington e Pechino. Parolin esprime tuttavia il suo rammarico per i ripetuti attacchi dall’esercito russo sul territorio ucraino: “Continua una carneficina… Il Papa l’ha detto e lo ricordo anche io: una inutile strage, la follia della guerra”.
Reazioni a Fiducia Supplicans
Il cardinale risponde poi alle domande sul documento del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fiducia Supplicans, che apre alla possibilità di benedire coppie in situazioni “irregolari”, tra cui coppie dello stesso sesso. Un documento che ha generato grandi fermenti nella Chiesa: “È un bene o un male?”. “È sempre un bene”, risponde, “l’importante è che si proceda sempre secondo quello che viene chiamato il ‘progresso nella continuità’”. “Nella Chiesa – commenta ancora Parolin – c’è sempre stato il cambiamento: la Chiesa di oggi non è la Chiesa di 2000 anni fa. La Chiesa è aperta ai segni dei tempi, è attenta alle esigenze che si presentano, però deve essere anche fedele al Vangelo, dev’essere fedele alla tradizione, fedele al suo patrimonio. Allora se questi fermenti servono a questo, a camminare seguendo il Vangelo per dare risposte, siano benvenuti”.
Circa la lettera di ieri del cardinale di Kinshasa, Fridolin Ambongo, in cui i vescovi africani raccogliendo ribadiscono la piena comunione al Papa ma si dicono non disponibili a benedire coppie omosessuali, il cardinale afferma: “Questo documento (Fiducia Supplicans ndr) ha suscitato delle reazioni molto forti da parte di alcuni episcopati. Vuol dire che si è toccato un punto molto molto delicato, molto sensibile che avrà bisogno di grandi approfondimenti”.
Preoccupazione per l’ex Ilva
In ultimo, il segretario di Stato esprime la preoccupazione per la vicenda dell’ex Ilva di Taranto dove è nuovamente in bilico la sorte dei lavoratori, dopo l’annuncio del governo di un possibile accordo per un divorzio consensuale con ArcelorMittal. “Mi preoccupa molto”, dice, ricordando la celebrazione da lui stesso presieduta qualche anno fa per il 50.mo anniversario della Messa di Paolo VI a Natale nella fabbrica: “Era un momento di speranza, sembrava che le cose sarebbero migliorate, c’era buona volontà da parte di tutti. Adesso siamo tornati in un momento di grande crisi, speriamo davvero che con la collaborazione di tutti si possa risolvere un problema che dura da troppo tempo”.