Il Papa alla Curia: solo chi ama non smette di camminare verso la verità

Vatican News

Nel tradizionale discorso per gli auguri di Natale Francesco riflette su tre verbi che devono costituire l’essenza della missione di chi lavora a servizio della Chiesa universale: ascoltare come Maria “in ginocchio”, discernere come Giovanni Battista lasciando spazio a Dio oltre i pregiudizi, camminare come i Magi senza perdersi nei labirinti della rigidità e mediocrità

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Un labirinto dentro il quale perdersi per conformismi, paura, inerzie di vario tipo, di quelli che trasformano la missione della Chiesa universale in un ufficio con relativa burocrazia. Oppure un cammino, e un servizio, rinnovati ogni volta con “coraggio”, in cui la differenza la fa non il “tirare a campare” ma l’“amore”. La fa il “ripartire da Dio” e la determinazione a “guardare in alto”, perché “dai labirinti si esce solo ‘da sopra’. Il Papa riunisce come ogni anno in vista del Natale i suoi più diretti collaboratori della Curia romana impostando i suoi auguri su tre verbi – ascoltare, discernere, camminare – e su un neologismo, “labirintare”, che diventa l’ago della bilancia per verificare in che modo si stia servendo la causa del Vangelo.

Maria, donna dell’“ascolto in ginocchio”

Francesco personifica i verbi con tre personaggi centrali della storia della salvezza, ricordando subito che la culla del mondo in cui Gesù nasce quest’anno è circondata dalle ferite di un tempo di violenze e guerra, di “rischi epocali” tra cambiamenti climatici, povertà, sofferenze, fame. Il primo personaggio che incarna l’ascolto ideale è Maria. Ascoltare, afferma, “è sempre l’inizio di un cammino” purché, come la mamma di Gesù, sia fatto “con il cuore”, che all’annuncio dell’angelo “si coinvolge con disponibilità” davanti a Dio che l’ha scelta. Si mette, dice, in ascolto “in ginocchio”.

Ascoltare “in ginocchio” è il modo migliore per ascoltare davvero, perché significa che non stiamo davanti all’altro nella posizione di chi pensa di sapere già tutto, di chi ha già interpretato le cose prima ancora di ascoltare, di chi guarda dall’alto in basso (…) Una cosa è semplicemente udire, un’altra cosa è mettersi in ascolto, che significa anche “accogliere dentro”.

Questo tipo di ascolto, prosegue il Papa, sa fare spazio interiore alle parole dell’altro evitando che si diventi, stigmatizza, come “lupi rapaci” che cercano “subito di divorare le parole dell’altro, senza ascoltarle davvero”, rovesciandogli immediatamente “addosso le nostre impressioni e i nostri giudizi”. È urgente allora “recuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza”.

Giovanni Battista, discernere con umiltà

La figura emblematica del secondo verbo, il discernimento, è per Francesco quella di Giovanni Battista. Ricorda che quando Gesù comincia il suo ministero, il Precursore vive una “drammatica crisi di fede” perché il Messia atteso non appare quel Dio potente e dominatore che aveva immaginato. E dunque il Battista dal carcere fa chiedere a Gesù se sia lui il salvatore, ovvero cerca di capire, di discernere.

Per noi è importante il discernimento, questa arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie.

I Magi, camminare guidati da Dio e fuori dai labirinti

Come terzo esempio per il terzo verbo, camminare, Francesco porta i Magi. “La gioia del Vangelo, quando la accogliamo davvero, innesca in noi – osserva il Papa – il movimento della sequela, provocando un vero e proprio esodo da noi stessi”. Ed è qui che entra in gioco il rischio e la tentazione del “labirintare”, quel “girare a vuoto”, sostiene, “dentro i nostri recinti e nelle nostre paure” che penalizzano “il servizio che siamo chiamati a offrire alla Chiesa e al mondo intero”.

Perciò, quando il servizio che svolgiamo rischia di appiattirsi, di “labirintare” nella rigidità o nella mediocrità, quando ci troviamo ingarbugliati nelle reti della burocrazia e del “tirare a campare”, ricordiamoci di guardare in alto, di ripartire da Dio, di lasciarci rischiarare dalla sua Parola, per trovare sempre il coraggio di ripartire. Dai labirinti si esce solo “da sopra”.

In definitiva, riassume Francesco, “ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore”. E ricorda la riflessione di un sacerdote che disse “che si fa fatica a riaccendere le braci sotto la cenere della Chiesa”. La fatica, oggi, per Francesco “è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo”.

A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, mentre la differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama cammina.

I libri in dono

Al termine dell’udienza, salutando uno a uno i presenti il Papa ha donato una copia di due suoi libri pubblicati dalla Lev, “Natale, omelie e discorsi scelti”, che porta la prefazione del cardinale Comastri, e “Santi, non mondani”, donato anche ai partecipanti al Sinodo di ottobre, che raccoglie due interventi di Francesco, un articolo del ’91 “Corruzione e peccato” ripubblicato nel 2005 quando era arcivescovo a Buenos Aires, e uno di quest’anno, la “Lettera ai sacerdoti della diocesi di Roma”.

.