La teologa Houshmand: incontro storico tra Francesco e Al-Sistani

Vatican News

Michele Raviart – Città del Vaticano

C’è attesa a Najaf, la terza città sacra per i musulmani sciiti dopo la Mecca e Medina e che ospita la tomba di Alì, genero e cugino di Maometto, per l’incontro privato di domani tra Papa Francesco e l’ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani. Leader degli sciiti iracheni, che sono oltre il 60% della popolazione, è una figura influente per lo sciismo mondiale e per tutto il Paese. Predicando l’astensione delle autorità religiose dall’attività politica diretta, è considerato un interlocutore prezioso per le varie correnti politiche e religiose del Paese.

Un uomo di pace

Tra i suoi interventi per l’unità nazionale irachena ricordiamo il sostegno alle libere elezioni nel 2004, che portarono al primo governo democratico del Paese, l’invito nel 2014 a unirsi per lottare contro il sedicente Stato Islamico e, lo scorso anno, l’appello a mantenere la calma e non ricorrere alla violenza nelle manifestazioni contro il carovita e l’instabilità politica nazionale. Per Papa Francesco, dopo l’incontro nel 2019 col grande imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, tra i più prestigiosi leader dell’islam sunnita, quello con Al-Sistani è un nuovo grande passo nel dialogo con l’islam, come spiega a Vatican News la teologa iraniana Shahrazad Houshmand, prima donna musulmana a conseguire una licenza in Teologia Fondamentale Cristiana e componente della Consulta femminile del Pontificio Consiglio della Cultura:

Ascolta l’intervista a Shahrazad Houshmand

R. – Questo incontro è sicuramente un incontro storico. Al-Sistani è il maggiore punto di riferimento religioso, teologico e giuridico dei musulmani in Iraq e non solo. Lui copre questo ruolo anche per gli sciiti di Pakistan, India, Golfo Persico e anche per gli sciiti in Europa e in America. L’incontro tra questi due grandi leader religiosi, oltre ad essere una novità assoluta nel mondo, è anche importante perché queste due guide religiose e spirituali hanno anche punti comuni di visione, poiché l’ayatollah Al-Sistani nutre un grandissimo rispetto verso i credenti delle altre religioni, così come abbiamo visto per il Vescovo di Roma in questi anni. In questa comune convergenza spirituale e religiosa hanno a cuore l’intera umanità e soprattutto vorranno sicuramente riflettere sulla situazione della regione. Come sappiamo Papa Francesco ricorderà i cristiani uccisi, ma lui incontrando Al-Sistani vuole lanciare un grido ancora più alto e far riflettere tutti gli uomini di buona volontà, musulmani e cristiani compresi, sul dolore dell’umanità intera. Loro due, in questo incontro fraterno, amichevole e di grande intesa spirituale, vorranno chiedere a tutti gli uomini di buona volontà di pensare al dolore dell’uomo e in quanto uomo degno di essere rispettato e amato. Abbiamo già visto nella firma del documento eccezionale del 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi che tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Al-Tayyeb è nato un grandissimo accordo sul senso profondo religioso e sull’atto concreto religioso. La prima frase che apre quel documento è infatti proprio il riassunto dell’atto religioso: il credente e la sua fede devono portare ad amare e sostenere il prossimo, ma è un amore che diventa anche un sostegno, soprattutto verso i più bisognosi. Io penso che quest’altro incontro con l’ayatollah Al-Sistani è esattamente sulla stessa lunghezza d’onda.

Al-Sistani è noto per le sue posizioni concilianti e per i suoi appelli alla ricostruzione dell’Iraq…

R. – Al-Sistani si può definire “rabbani”, che significa “saggio uomo religioso”, nel senso che oltre ad aver fatto un percorso di studio profondissimo e ampio della teologia, della storia del Corano, della tradizione e della giurisprudenza islamica e del diritto, è soprattutto una figura spirituale che raduna e unifica il popolo iracheno. È proprio un’asse per la sicurezza nazionale. Nel suo sito Internet e nei suoi libri invita tutti a essere fratelli. Raccomanda agli sciiti di non pensare solo al bene degli sciiti, ma anche al bene dei sunniti. Raccomanda agli sciiti e ai sunniti di non pensare solo al bene dei musulmani, ma al bene dei cristiani e così via. Lui stesso si dichiara servo degli sciiti, dei sunniti, dei curdi e dei cristiani. Un uomo di tale spessore religioso, teologico e spirituale, che si dichiara servo di tutto il popolo, con tutte le sue differenze, è sicuramente un’icona di pace e di unificazione.

In questo ulteriore passo di dialogo con i musulmani il pensiero corre all’Enciclica Fratelli tutti e alla Dichiarazione di Abu Dhabi. Dopo il dialogo fraterno con il Grande Imam di Al-Azhar e il mondo sunnita, ora si prepara un analogo avvicinamento con quello sciita. Come legge quanto sta avvenendo?

R. – È molto importante, oltre al fatto che il 20% dei musulmani nel mondo sono sciiti. Questo atto “francescano” diventa anche un invito ed un appello al dialogo interreligioso. Abbiamo visto che il Papa stesso ha avuto anche con i fratelli cristiani protestanti incontri molto importanti e che è un uomo che ama la pace, che porta la pace tra le religioni e all’interno delle stesse letture religiose. E già questo è veramente molto interessante, ma direi che l’incontro con gli sciiti avrà anche dei frutti molto profumati e particolari. Ci sono tante attività spirituali molto profonde tra la lettura sciita e quella cattolica e penso che questo incontro tra questi due leader religiosi, e soprattutto spirituali, illuminerà anche il nostro cammino.

Veniamo agli sciiti iracheni che sono la maggioranza della popolazione. Qual è il loro ruolo sia all’interno del Paese sia con gli altri credenti sciiti?

R. – Gli sciiti iracheni e quelli iraniani seguono la stessa scuola teologica e credono in dodici imam. Gli sciiti iracheni attendono il ritorno dell’ultimo imam, il dodicesimo, e le città irachene di Najaf e Karbala sono molto significative per il mondo sciita in generale, soprattutto per quello in Iraq. Le differenze tra musulmani sunniti e sciiti non sono comunque così profonde, perché la vera differenza è nella successione al profeta Mohammed. Praticamente per i sunniti la successione avveniva attraverso una libera scelta democratica, invece per gli sciiti la successione di un profeta non può avvenire attraverso una votazione, ma la nomina arriva diretta dal cielo oppure attraverso la stessa figura del Profeta Mohammed. Questa è la centralità della differenza tra lettura sciita e sunnita.

Qual è la differenza con le comunità sciita iraniane, in cui lo sciismo è strettamente connesso con la vita politica e sociale? Quali sono le differenze con quello iracheno?

R. – Dopo la rivoluzione del 1979 gli ulema e ayatollah sciiti, soprattutto con la figura di Khomeini, hanno elaborato una tesi nuova nel suo genere di unità tra politica e religione. La guida anche politica e sociale deve essere sotto lo sguardo diretto del mondo religioso. Invece in Iraq non è arrivata questa teoria e non è stata praticata. C’è una distinzione tra il potere religioso e quello politico. Nonostante questo come si sa, l’ayatollah Al-Sistani ha un ruolo chiave anche nella gestione politica delle cose. Anche se non ha un potere politico, il suo potere spirituale influenza fortemente anche l’idea politica e soprattutto l’unità nazionale.