Il Patriarca latino di Gerusalemme parla del “grido dei poveri” provocato dalla guerra a Gaza e con ricadute in tutta l’area: condividiamo acqua, cibo, medicine e strutture con famiglie di diverse religioni, ma assieme al sostegno materiale vanno ricostruite fiducia e speranza
Alessandero De Carolis – Città del Vaticano
È il terribile effetto domino di ogni guerra, che distrugge non solo dove cadono le bombe ma ovunque si allarghi la sua onda destabilizzatrice. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa lo afferma con chiarezza dal sito del Patriarcato latino di Gerusalemme, che diventa megafono della sua disamina e del suo appello. “L’attuale crisi non ha causato solo morte, distruzione e fame a Gaza, ma anche un alto tasso di disoccupazione, soprattutto nell’area di Betlemme, e altri problemi sociali in tutta la Terra Santa”, scrive il porporato, che parla della situazione difficile che stanno vivendo “innumerevoli famiglie di diverse religioni”.
Generosi sempre
“Condividiamo praticamente tutto, dal cibo all’acqua, dai medicinali alle forniture”, racconta il cardinale Pizzaballa, “le nostre risorse materiali sono state estese oltre le nostre mura per includere i vicini sofferenti e coloro che si sono rifugiati altrove”. Un quadro fragile, che fa da detonatore ancora una volta a quel “grido dei poveri” che già più volte si è levato dalla Terra Santa e che, riconosce il Patriarca di Gerusalemme, ha ricevuto risposte dal mondo permettendo di salvare molte vite, dalla pandemia a Gaza nel 2021, dall’esplosione del porto di Beirut al terremoto in Siria e Turchia.
Gettare i semi della fiducia
Quegli aiuti servono nuovamente e con urgenza e “centinaia di persone da tutto il mondo – riferisce il cardinale Pizzaballa – ci hanno contattato e ci hanno già aiutato a offrire un sostegno concreto”. Ma adesso serve anche qualcos’altro di altrettanto importante. “In questo momento difficile – osserva il porporato – abbiamo imparato che per ricostruire il mondo fisico dobbiamo costruire e proteggere la fiducia tra le persone”. “Aiutateci – conclude – a generare di nuovo il contesto necessario affinché, in questa società segnata dall’odio, si possano ancora gettare i semi della fiducia, della speranza e dell’amore”.